còl peso rispettivo di 2,^3 , di 1.36, di 0,60 di argento,
ma s’ignora qual nome abbiano desse avuto presso i
popoli italioti, che le usarono, se si fossero, cioè, chiamate
dramma, obolo, o altrimenti. Il nome obolo, lo
Iroviam dato alle monete metapontine, in rame, che
son posteriori al quarto secolo. — Quanto ai tipi, poi,
va ricordato che le monete metapontine, che siano un
sesto della moneta tipo, han la testa di bue in concavo;
quelle di Sibari, che stiano nei medesimi rapporti, presentano
un’ anfora; quelle di Lao, una ghianda; e su
monete, che siano il dodicesimo della moneta tipo, ve-
donsi tre mezzelune; sian desse monete metapontine,
o monete crotoniati. La moneta d’oro apparve, siccome
ho detto, verso la metà del quarto secolo, e fu coniazione
di poca importanza. A noi è pervenuta soltanto qualche
moneta di zecca metaponlina, che é il terzq della moneta
tipo.La moneta d’oro con la leggenda Bruttìi fa supporre
una confederazione monetaria, o politica, fra le città dei
Bruzi. avvenuta a tempo di Pirro —Verso la metà delio
stesso secolo quarto, cioè quando il nomo era ancora la
principal moneta di argento, il peso della moneta tipo
discende; ed in quelle di Taranto declina fino a grammi
6.06, mentre p erle zecche di Turio e di Metaponto, che
mostrano ancora una forza di produzione superiore, il
peso normale si mantiene a grammi 7.05. Nello stesso
torno di tempo compaiono il mezzo-nomo e il doppio-
nomo. Questo é raro abbastanza, fuorché nelle monete di
Metaponto e di Turio. Quello manca addirittura nel
periodo più antico, mentre si trova tra le monete di
Metaponto, di Taranto e di Velia, dove, forse, ebbe
origine negli ultimi tempi della monetazione di argento
in Italia: nel tempo, cioè, in eui solo frazioni di nomo si
coniavano in Metaponto. — Sulle monete di argento
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delle città achee-italiote non si trovano segnati nomi di
magistrali monetari, a differenza delle monete campane
e tarantine dell’ ultima epoca. Opina il Mommsen che
l’invasione lucana, nel quarto secolo, avesse annientata la
confederazione achea, e molte di quelle città avesse sottomesse
e private di ogni dritto ; e da quel tempo le città
achee non avessero emésso che monete di argento e di
rame di piccolo conio; mentre Taranto e Napoli continuarono
a battere grossi pezzi di argento. Da questa sua
congettura si avrebbe, per logica deduzione, che la
moneta di argento di grosso taglio, fosse stata coniata
pure, e quasi per dritto di sovranità, dalla confederazione
lucana. Ma di questa moneta di argento, per quanto
io mi sappia, non si é avuta notizia fin’ ora. — Nel secolo
terzo, e propriamente nell’ anno 268, Roma proibi la
monetazione di argento a tutte le regioni italiche a lei
sottomesse, e fu cosi suggellata la dipendenza da lei delle
città autonome italiote. Da tal divieto, però, fu eccettuata
Pesto, che già trovavasi di esser colonia romana. Quindi,
Pesto batte ancora monete di argento, attenendosi, però
al sistema campano, e avendo, come unità, la litra, e non
la dramma; mentre alle altre città italiote si consente
solo la coniazione del bronzo, pei piccoli commerci giornalieri
della vita; concessione, poi, che Roma ritirò ai
tempi dell impero, cioè quando la coniazione restò un
dritto del Senato. — Le monete coniate nelle zecche
delle città italiote, esteticamente considerate, sono dei
capolavori. « Nella parte tecnica, dice il Mommsen (1),
erano superiori a quelle della madre patria, poiché,
invece delle grosse monete di argento, coniate da un solo
lato (come era uso nella Grecia propria e tra i Dori
( i j M omms en, Storia romana, v o i . 1 , p. 120