Lo scambio tra bove ecl elefante è facilissimo e si
presta al concetto assai confuso che ebbero gli antichi di
questi due animali. Presso gli orientali, infatti, valse il
costume di chiamare buoi gli elefanti e tutti gli animali
di corporatura più grossa, adattando, secondo il comune
istinto degli uomini, i nomi d’animali noti a quelli che,
possedendone qualche rassomiglianza, non si trovavano
ad avere un proprio e particolare nome. Per ciò che spetta
ai Romani, essi vi applicarono un aggiunto e chiamarono
gli elefanti boves lucae, per dire lucantes o lucanos,
perchè veduti per la prima volta nella Lucania (i). Plinio
dice : « Elephantes Italia primum vid.it P y rrh i regis
bello et boves lucas appellavit in Lucanos visos anno Vrbis
C C C C L X X II, Roma autem tviumpho septem annis ad
supeiiorem numevum additis » (2). Alcuni sostengono
che ciò dipese dal fatto che i buoi della Lucania erano
di corporatura gigantesca e perciò più vicini alla misura
enorme degli elefanti e dello stesso colore fosco (3). Che
nelle nostre monete sia stato sostituito il bove lucano o,
meglio, il bufalo all’ elefante, potrebbe desumersi da due
circostanze :
i° Che tra i Romani non si ebbe conoscenza di bufali
così fatti prima di quell’ epoca ;
2° Che tra i bufali e gli elefanti correva, presso gli
antichi, una somiglianza manifesta. Anzi la voce bubalus,
usata per dinotare quello che oggi chiamiamo il bufalo,
(1 ) V a r r . Ling. lat., VI, 3, ripor.ta una variante assurda, seconda la quale
Lucas sta per Lybicus, e si decide per l’opinione, più assurda ancora, che
questa parola derivi da lucere (Cfr. S c a l ig . , in not., ad Varr.)
(2) P l in . H. N., V i l i , 6. Cfr. anche L u c il . ap. N o n n . , IV, 349. — L u c r e t . ,
V, i 3o i. — S i l . It . , IX, 573.
(3) Cfr. P l u t . P y r rh ., XVI, XVII, XXI. — J u s t . XVIII, 1. — F r o n t in .
Stratag., II, 3, 21. — V e g e t . M ilit., I l i , 24. — E u t r o p . B re v ., II, 14. —
S e n e c . D e b r e v .v it., i 3. — F l o r . I, 1 8 .— P a u s a n . I, 12, 4 .
presso gli. antichi aveva significato di altro animale che
sta di mezzo, per forma, tra il cervo ed il caprone (t).
E che tra il bufalo e l’elefante vi sia somiglianza di fat*
tezze, è chiaro anche da questo, che gli Arabi chiamano,
con voce promiscua, Alikhaban tanto l’elefante che il
bufalo.
E da pensare, dunque, che presso gli antichi, a coloro
a cui erano ben noti gli elefanti e poco o nulla i bufali
lucani, abbia potuto venire in mente di applicare il nome
degli elefanti ai bufali medesimi. Cosi Filostorgio (2)
chiamava Tauroelephantes certi strani animali apparsi
in Roma dai paesi del Mezzogiorno, quod genus quoad
caetera omnia bos maximus est, corio vero et colore
elephas ipsaque adeo magnitudine. Questi tauroelefanti,
che Filostorgio descrive, io penso sieno stati appunto i
bufali lucani.
È, dunque, sotto ogni aspetto verosimile che la rozza
ed incerta figura animalesca del sestante metapontino sia
quella del bufalo lucano otauroelefante. Qualche analogia
con questoanimalepotrebbe avere iltororespiciente degli
stateri di Sibari, il quale aveva lo stesso colore fosco e
forse era una medesima cosa (3).
V. — Ai sopra descritti esemplari fusi è da aggiungersi
il seguente, non fuso, ma coniato e finora inedito. Esso
proviene appunto dalla Magna Grecia e fa parte della
mia collezione :
Testa di Ercole a sin., e nota dell’oncia.
(1) Ved. B o c h a r t S am . Hiero\oicon, Part. I, lib. II, p. 25o (Lugdun.
Batav. 1712).
(2) Ap. B o c h a r t cit., pag. 251.
(3) P l in . XXXI, 9. « Theophrastus in Thuriis Crathin candorem tacere,
Sybarim n igritiam bobus acpecori ». Cfr. H esych. ( I li, 2) : « Zì/3p«, Uì /3c»v>
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