
 
        
         
		col muso  e  il centro  della  fronte imbrattati  di fosco.  II  di sotto  della  raandibola,  la  gola  
 e la parte anteriore e superiore  del  collo  e  cinereo  dilavata  con qualche mistura  di ful-  
 yo.  Questa  tinta  diviene  piü  sordida  verso la metä  inferiore  del  dinanzi  del  collo,  piü  
 chiara  e  piü  yolgente  al  cannellino  nel  dinanzi  del  petto.  II  ventre  e  il  lato  interno  
 delle  cosce  son  bianchi.  Le  natiche  posteriormente  sono  bianchissime,  con  una  fascia  
 nera  ehe  segna  il  confine  fra  il  bianco  e  il  bruno  dilavato ehe  tinge la  parte  piü  este-  
 riore  delle  natiche  stesse.  La  coda  &  nera  di  sopra,  bianca  di  sotto.  Le  zampe  sono  
 tinte d’un  cinereo chiaro  tendente  al  cannellino.  Le  unghie  nere.  Il  colore  delle  corna  
 differisce di poco da  quello  del  pelame  del  capo. 
 Dali’ autunno alia  primavera  le  parti  colorate sono piü  cenerine,  piü luride: le mac-  
 chie biancastre del  dorso restano cancellate  del  tutto,  o  si  distinguono  a mala  pena. 
 Le  femmine  hanno  i  colori  medesimi  dei  maschi,  ed oltre il  difetto  delle  corna,  si  
 discostano  da essi per una statura men grande. 
 I  giovani  han le macchie  dei lati  del  dorsö piü  distinte  di  quelle  degl.i  adulti. 
 Fra  i  Daini  tenuti  in  cattivitä  le  tinte  yariano  assaissimo,  ed e  frequente  il  vedere  
 di  quelli  tutti  bianchi  con  la  pelle  tendente  al  roseo  e  la  sclerotica  rosea:  degenera-  
 zione  ehe  va  riguardata  come  un vero  albinismo,  e- ehe  si  trasmette  nella  prole.  Altri  
 ve  n’ ha  pezzati  di  color  cervino  e  di  bianco,  altri  finalmente  tutti  oscuri  o  nerastri.  
 Una  razza  di  quest’ ultimo  colore,  e  di  proporzioni  minori delle  ordinarie fu  creduta  
 un  tempo specie  da  se, ed ebbe  corso  sotto  il  norae  di Cervus mauricus. 
 Ecco le dimensioni dell’ esemplare  effigiato: 
 piedi  poll.  lin. 
 Lunghezza misurata  dalla punta  del muso all’origine  della  coda.  . j.  4  6  » 
 »  del  cap o ..............................................: .................................   »  10  » 
 »  delle orecchiette........................  . . . . . .   .  . . . . . .   .  »  5  » 
 »  '  della  coda  ............ ...................................        »  7  6 
 Altezza  del tronco nella parte  anteriore............................................  2  4   » 
 »  »  nella  parte  posteriore  ..... .......................................   2  6  » 
 Lunghezza  dell’ antibraccio  dal gomito al pugno...........................   »  8  6 
 »  del podio anteriore  dal pugno  al suolo degli zoccoli.  .  .  »  10  » 
 »  della gamba  dal ginocehio  al  calcagno........................  1  »  » 
 »  del piede  dal  calcagno al  suolo degli zoccoli . . . . . . .   »  11  » 
 11  peso  d’un Daino  selvatico ben  pasciuto  è  di libbre  140  da dodici oncia.  Le  corna  
 giungono  ad  esser  lunghe  due  piedi e  a  pesare  cinque  libbre. 
 I Daini  vivono  a  torme,  e  in  ciascuno  dei  parehi in  cui son  mantenuti formano al  
 solito  due  schiere  guidate  da  due  dei  maschi  piü  vecchi  e  piü  forti.  Tali  schiere, poi  
 combatlono a quando a  quando fra loro  contrastandosi  i terreni  ehe  offrono  maggior  ab-  
 bondanza  di  vitto  e  commodi maggiori  secondo i varj  tempi  dell’ anno.  Non  mostrano  
 tanta  predilezione  quanta  il  Cervus Elaphus  pei  terreni  umidi  e  bassi,  e  nella  scella  
 del  cibo  sono  assai meno  schivi.  Si  pascono  delTerba  dei  prati,  dei  cereali,  degli  or-  
 taggi, e  in prima  stagione danneggiano grandemente  gli alberi  e  gli arboscelli,  di  cui  ro-  
 dono senza  discrezione i  germogli teneri  e  le scorze. Dal marzo al maggio  i  maschi perdono  
 successiyamente  l’uno  e  1’altro  corno,  restandone privi prima  i  piu vecchi,  poi  di  
 grado  in  grado  i  piü  gioyani.  Assoggettati  essendo  alia  castrazione  avanti il  tempo  in  
 cui  le  corna dovrebbero  cadere,  queste  persistono  loro  sul  capo,  ma  se  patiscono  1 ope-  
 razione  quando  giä sono cadute  piü non le  acquistano,  il  che ha  luogo  del pari negli  altri  
 Cervi. A stagione inoltrata,  quando le corna novelle sono bene svolte  e  consolidate  da  
 piü settimane,provano  gli stimoli  dellamore,e anche in  questo  i vecchi precedona i  gioyani. 
   Ciö  cade  generalmente  verso il mese  di settembre.  Allora  i maschi  imhizzarriti  e  
 fieri hanno lotte sanguinose fra  loro  pel  possesso  delle femmine, ehe scelgono  guidati dal  
 solo  Capriccio,  e  ehe  a  vicenda ahbandonano;  diversi  in  ciö  dal  comune  Capriuolo,  in  
 cui  e  singolare  la  fede ehe serba  alia  sua compagna.  Poco  oltre a  otto mesi  dopo il  con-  
 cepimento le femmine partoriscono uno  oppur due piccini,  rarissimamente tre. I giovani  
 sono  atti  a  generare  un’anno ©mezzo  dopo la  nascita,  e  questa  facoltä  si  conserva  in  
 loro  fino  all’ etä di quindici  o sedici anni. La vita intiera oltrepassa  di rado  il periodo [di  
 venti. Poco si  discosta  da  quella del Cervus elaphus la  caccia  ehe si fa  dei Daini  con vel-  
 tri  ossiano  cani da  giugnere:  solo  essendo  men  vigorosi di quelli  non  durano  a  correre  
 tratti  ugualmente  lunghi.  Suppliscono al difetto  della  lena  usando  arti piü  sottili,  cer-  
 cando  d’incrocicchiare  le lor corse con quelle  d’ altri  animali ehe  frastornino  i cani,  ri-  
 conducendosi piü  e piü volte  sulle  tracce  giä segnate,  le quali ahbandonano poi  lancian-  
 dosi  da lato  di  salto,  per trarre in  inganno i loro persecutori.  Le impressioni poi lasciate  
 dalle loro unghie sul  terreno  non  sono gran fatto  profonde ed apparenti,  il  ehe  accresce  
 la difficoltä  della  caccia,  e  il vanto dei cacciatori  ehe  ottengono trionfo.  Non  entreremo  
 in  particolaritä  piü minute  su  questa  argomento,  ma ci contenteremo  d’ invitare i let-  
 tori  a  scorrere  quanta  ne  ha  scritto  il Buffon  con  quell’aureo  impareggiabile suo stile,  
 trattando e  del  Cervo  e  dei Daino.  Del  resto siffatte cacce sona lontane  dal  gader in  generale  
 d’altrettanto favore nella nostra penisala,  quanto ne hanno  oltremonti,  e  laddove  
 gli  altri  idiomi  dell’Europa  sono  ricchissimi  di  vocaboli  e  di  locuzioni  alte  ad  espri-  
 mere  i varj  accidenti  di questi  esercizj, la lingua  d  Italia n   e poverissima. 
 La  carne  del Daino,  del  cui  pregio  abbiamo  giä  dato  un  cenno  e  tenuta  migliore  
 nella  stagione  ehe  precede  gli  accoppiamenti,  e  quella in fatti  e  il tempo in  cui 1 animale  
 si  trova  pasciuto  meglio.  La pelle  debitamente  preparata,  la  quale  corre  sotta il  
 nome  di pelle  di  dante,  e  d’un uso insigne  e natissimo.  S’adopera pure vantaggiosamente  
 in  yarie  arti la materia  delle  corna.  I  Sardi  dopo  averne ammollita  nell’ acqua la por-  
 zione palmare,  l’applicano  sotta i piedi e  se ne servono per accrescer lo  strepita in  certi  
 lor balli popolari. 
 Il nome volgare h Daino in tutta la penisola italica. Nella Sardegna, in cni vive bensi  
 il  Cervo  comune  ma  non  il  Capriuolo, attriluiscono  al Daino  il nome  di questo  secondo, 
   ehe  corrompono  pronunciando  Crabolu.  Ecco  la,  cagione  che  ha  indotto  a  cadere  
 in  errore  coloro  ehe  sul  fondamento  del  vocabolo  han  voluto  giudicare  della  cosa:  il  
 ehe  b stato  rilevato  ottimamente  dal  Cetti. 
 Dei Cervi  viventi  questo 6  il solo  ehe  spetti al sottogenere Damn.  Non  occorre dire  
 che ad  esso si dovra  aggiungere il Daino  di  Spagna,  posto  ehe  si  chiarisca  formar  esso  
 una  specie  distinta.  Dei  fossili  sembra  esservene  due,  ehe,  a  giudicarne dalle corna,  do-  
 vrebhero scostarsi di poco  dal Daino  nostro,  e  apparterranno  senza meno  al  sottogenere  
 stesso.  Sono st'ati  denoininati Cervus Palceodama  e  Cervus Somonensis. Il Signor Hamilton  
 Smith  vi  aggrega  ancora  il  celebre  Cervo  fossile  dell’ Irlanda  C.  giganleuSj  GoldXuss.  
 [C.  hybernuSj Desm.)  generalmente  tenuto  per un Aloes.