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 rotonde  allungate  macchie,  inferiormente  son  cinericce:  la  prima  è  di  mezzana  l.un-  
 ghezza  fra la  seconda  e  la  terza,  della  quale è mol to  più  breve  la  quarta,  cui  segutmo  
 le  altre  gradatamente  in  lunghezza:  e per  la  forma  loro è  da  notarsi  che  la  prima  in-  
 taccasi  nel  pogonio  interno  a  tre  quarti  circa  di  sua  lunghezza,  d’onde  più  arigusta  va  
 in  punta;  la seconda riceve un  dolce  seno  nel  pogonio  esterno  a  due  terzi  della  sua mi-  
 sura  fino  ail’estremità :  le  cuopritrici  inferiori sono  largamente  orlate  di  rossaslro  sulla  
 cima. La  coda, rotondata,  è  lunga sei pollici,  e  dalle  timoniere  mette  fuori  i  rigidi apici  
 degli  steli  in  figura  quasi  di pungiglioni;  ha  il  colore  universale  dell’ uccello,  e  tutte  
 le penne  fasciate  di  macchie  rossigne  più  visibili  sul  pogonio  interno,  eccettuatene  le  
 due  di mezzo,  che pur non  ne vanno affatlo  prive.  I piedi son  gialli  con  le  unghie nere:  
 i  tarsi  vestiti  anteriormente  di scudelti,  reticolati  all'indietro,  e  pennuti all’innanzi per  
 brevissimo  tratto,  son  ltinghi  un  pollice;  il  dito medio  misura  un  pollice  e  tre  quarti,  
 l’esterno  un  pollice  e  un  quarto,  l’interno  un  pollice  appena,  il  posteriore  due  buone  
 linee  di meno.  La femmina maggiore  di  statura  è  di  colore  più  uniforme. 
 In Luglio  ed  Agosto  dà questo  Falcone  opera  alla  riproduzione  cercandosi  il  nido  tra  
 le  petrose  bûche  pei  dirupi più vicini  al mare,  deponendovi  a  nudo  tre  uova  di  color  
 rossigno pallido  con macchiuzze rugginose ;  a  differenza  di  quelle  del F.  subbuteo e del  
 peregrinuSj  che  sono  bianco-azzurre macchiate  di  olivognolo. 
 Apparve  questo  rapace  pennuto  nel  i836  aU’occhio  intelligente  del  ch.  sig.  cavalier  
 Alberto  della Marmora sulle coste  di  Sardegna.  Egli  veggendolo  a  volo sospetto,  princi-  
 palmente  dalla  qualità  del  suo grido,  che  non  fosse  stato  osservato più mai,  e ne  racco-  
 raando la ricerca  al  ch.  professor Gêné,  del  cui  nome  abbiarn  più  volte  onorato le no-_  
 stre  carte. Ma  l’indefesso naturalista  non  lo potè rinvenire affatto,  e  la  fortuna voile  che 
 10  stesso  cav.  della  Marmora  potesse  ucciderlo  coll’ archibugio  qualche  anno  dopo  in  
 altra  spiaggia  dell’isola,  ,e ne recasse  doppie  spoglie di femmina  al Gêné:  il  quale  figü-  
 randolo  ed  illustrandolo  col  noto  suo  magistero  stimollo  appartenere  a’nobili  e  gentili  
 Falconi,  per  la  conservazione de’quali  la benemerita  Regina Eleonora emanô legge  ne’  
 tempi  che la  Falconeria  pregiarono  tanto  tralle  squisitissime  arti  cavalleresche ;  e  per-  
 cio  coll’appellazione  di Falco Eleonorae  lo  ha  pubblicato.  Paragonatolo  con  altro  Falcone  
 pur  da  lui  figurato,  ucciso  nel  i 83i  a  Bairouth  in  Siria,  ed  esistente  nel  real  
 museo  zoologico  di Torino,  similissimo  ad  altro  preso aile reti  nelle  vicinanze  di  Genova, 
  e posseduto in  quella  città  dal  marchese  Carlo Durazzo,  riconosce  in  essi  il maschio  
 della sua Eleonora;  opinione  assai  più  plausibile  di  quella  da  noi verbalmente emessa,  
 che il Falcone  del Durazzo fosse  una  varietà  melanina, non  già  del  tanto maggior Falco  
 peregrinus ma  del  subbuteo, dall’uno  e  l’altro  de’quali poco  diversifica  questa  nuova  specie  
 come  ingenuamente  confessa lo  stesso  chiarissimo  professore.  11  Temminck  nel  suo  
 lungamente  desiderato  ultimo  volume  del  Manuale  di Ornitologia riceve  soltanto la  specie  
 sotto  la responsabilità  del  della  Marmora  e  del  Gêné.  Troppo  facile  al  contrario si  
 mostra  ove  da  li  poco lunge  suppone  che  il  suo Falco  pallidus,  il  Circus  pallidus  cioè  
 degl’Inglesi, sia  il Circus cinereus di questa  Iconografia,  nella  quale  per  avventura  non  
 si  è  parlato  giammai  di verun Falconide.  Ma  invece  di redarguire  quella  sua  sentenza  
 corne  un pretto sogno,  essendochè in  nessuna  opera  nostra  leggesi  cotai  denominazione  
 ci  contentiamo  piuttosto  di annotare  che  da  un si  chiaro Ornitologo  aspettavamo  veder  
 riferito  il  suo  volatile al Circus dalmatinus  di Ruppel,  e  al  Circus  Swainsoni  di  Smith* 
 11  quai  ultimo  nome gli  conviene  a  preferenza  di ogni  altro per legge  di  anleriorità.