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 Erudito molto e molto  vagamente scritto si è  l’articolo  del  Sardo  scrittore,  col  quale  
 ad evidenza  -rien  dimostrato  ehe  propriamente  Y Ictis  del  Greco  sapiente  è quella  sua  
 Mustela delta Boccamele  seconde il  dialetto  Campidanese,  la  quale m  altre  part!  dm -  
 mano Anamele^  Canemele,  ovvero  Ana de  murOj  Donna di muroJ  perché  s interna  nei  
 luoghi  murati.  Alle  quali  dottrine  non  potendo noi  ehe  applaudire,  aggiungiamo  non  
 farci meraviglia  ehe VIctis  non  sia  stato  fin  qui  riconosciuto a  dovere in  alcuna Mustel 
 a ,   sendochè  da'Graminatici,  soli gran tempo  a far  da  naturalisti, VIctis Tenne tradotta  
 in  Viverra;  e  poscia,  niuno  risalendo  a’greci  fonti,  fu  da  tutti  creduta  tale.  Laonde  
 quanto  più s’ innoltrarono  le  distinzioni  degli  esseri,  tanto più alieno si credette VIctis  
 dalla Mustela,  come  aceade  a coloro  ehe  cominciando  a  murar  fuori  di  perpendicolo,  
 tanto  più  se  ne  allontanano  quanto  pip  tirano  in  alto.  Il  Gesnero e  l'Aldrovandi  ehe  
 mille erudizioni  accozzarono  quando mille ne  incontrarono,  lo posero in  sinommo  della  
 Mustela  loro  sylvestris  (Mustela Martes, L.)  sul  fondamento  forse  non  bene  scanda-  
 gliato  dell’ Aristotelico  genus  Mostbiae  iwsticae  troppo  liberamente  stimato  simile  a  
 snrESTnis;  e  Tidero in  essa  il Furo,  il Furone, U Furetto  e  la  Viverra, secondo le diverse  
 denominazioni.  Rammassando  eglino  péri) i  caratteri  descritti  da più  antichi non  
 sepper tacere  della bramosia  del mele tanto a quella  altra Mustela ignoto quanto all Feus  
 naturale.  Ecco  in  fedeli parole,  tolte  di peso  dall’ articolo Mustela sylvestris  dell’ Aldro-  
 vandi, corne  andô propalandosi l ’errore. Furo  igitur seu Mustela sylvestris prope dicta, ilia  
 est quae a  Graecis  I ctis,  et a Latinis  ViremA nuncupatur.  Nam  si  petamus  Theodorum  
 Gazant,  ipse ex Jristotüe pro  Ictide  Viverram  vertit.  Bhasis  quoque  Ictidem  Viverra  in-  
 terpretatur: unde Gesnerus Furonem et Viverram ab  Ictide Graecorum minime discrepare 
 optima jure existimavit____demum,-cum  haec  bestia, juxta nonmdlorum mentent,  mellis 
 sit  avidissima,  alvearibus  maximum  offert  incomodum.  Ci gode intanto l'animo nel  poter  
 contracambiare  con qualche  onesta usura il prof. Genè  del bell’avyertimento  dato«;  ed  
 ammettendo nella Fauna  Italica  l'Armellino  delle  Alpi,  poter  descriyere e fissare. final-  
 mente  la  Boccamele  di  Sardegna.  Al  quai  animale  se  fosse  lecito  il migliorare  i  noroi  
 delle  specie  almeno  incerte  ed  irregol arm ente  xegislrate,  cancellato  quello  di Mustela  
 Boccamela  priyatissimo  di  poche  genii  in  delta  isola,  yorremmo  ripristinar  quello  di  
 Mustela Ictis,  in  riverenZa al maestro  di  color che sanno.  .  r .,. 
 Anche  per la  statura,  come per  gli altri  caratteri  tiene lo mezzo  fra  la  Mustela  vulgaris  
 e YErminea.  11  suo  capo  grandetto  è superiormente  depresso,  largo,:  acuto alquan-  
 to nel muso  allineato  col yertice,  con sola una leggera prominenza  sulla fronte:  il  naso  
 anch’ esso  dilatato:  gli  occhi  grandi, oyato-allungati,  con la  pupilla  oyale.  Le  orecchiette  
 larghe, rotondate,  patenti,  ripiegate nel margine esterno,  non oltrepassano  il  capo,  e. sono  
 °vesùte  totalmente di pelo.  11  color  del  capo,  superioxmente  bruno  marrone  .con  ri-  
 flessi  quasi metallici,  è bianco  al  di sotto  senza  sfùmatura  o passaggio  di tinta;  i lunghi  
 baffi  son bianco  giallognoli:  il  tronco  di un bei  color  rosso  castagnino  al  di sopra  ha  la  
 base  di ciascun  pelo  cenerognola tinta leggermente  di fulyo.  11 mento, la  gola, il petto,  il  
 ventre e  tutto  il  di sotto  del  corpo  lino a’genilali sono bianchi di sale con qualche sptuz-  
 zatura  rossastra  nella  gola  e nel  petto: il. castagnino  della schiena scendendo  da’due Jati  
 sulle spälle vien  quasi  a riunirsi sull’estremità dell’osso sternale,  e  invade le  gambe  cin-  
 gendole  interamente  dalla metà fino  a tutto il  piede,  I  piedi anteriori  son  bianchi  al di  
 sotto,  pezzati pure  di  castagnino, li posteriori  interamente  di questo colore. La  ebda  che  
 è  due volte e mezzo più breve  del  corpo, è fornita di lunghetti e rigidi peli colorati  come  
 quelli del dorso ;  alquanto perô più carichi nell’estremità,  e  simili a  quelli  della  faccia. 
 Abbiamo  éffigiato  il  teschio  dell’esemplare  da  noi  posseduto  nel quale  con meravi-  
 glia  scorgemmo  da  ciascun  lato  della  mandibola  inferiore  un  fa Iso molare  di meno  che  
 nella Mustela  vulgaris.  II  detto  esemplare misuraya  in  lunghezza,  esclusa la  coda,  polli-  
 ci  8  e  linee  5,  col  capo  i ,  11,  colle  orecchiette  7  linee,  colla  coda  fino all’ estremità dei  
 peli 3,  i i ,   coll’ antibraccio  dal  gomito  al  pugno  1,  col  podio  anleriore  1,  colla  gamba  
 i,  6i ,   col  piede  9  linee. 
 O animal grazioso e  benigno  potriasi meglio  dir  della Boccamele  che  non Dante  di  
 sè:  il  Cetti ne da una  bellissima  descrizione  delle sue  abitudini. Dopo ayerne fatto  i pa-  
 ragoiii  con  la Donnola,  ossia Belette  di Buffon,  ed esposto che la Boccamele non  è  fetida,  
 come  quella;  dichiara  benissimo  il  luogo  di Aristotile  distinguendo  cio  che  voglia  dire  
 indole  rustica dell’/ciis ( Boccamele)  ben  diversamente  izlYindole silvestre. E rustica difatti  
 la  Boccamele,  perche  nasce e vive  in  campagna ;  silvestre si  è  tal altro Mustelino  che,  
 quantunque assalga il  granajo  ed il  pollajo,  non  lascia  giammai di  esser feroce  ed  inso-  
 cievole bestia.  Conoscendo  noi  che  quel  libro  del  Cetti, a  cagion  forse  della  sua  estre-  
 ma  rarilà,  non  vien  molto  fra  le  mani  de’naturalisti,  ne  tolghiamo un pezzo  di peso,  
 nel  quale  compiesi  la  descrizione  de’costumi  con  ben  acconcie  parole.  “ Siaddome-  
 ,,  stica  poco  meno  che  dal  momento  ch è  presa:  impara  a  distinguere  il  padrone,  a  
 ,,  conoscerne la  voce :  balza  ad accoglierlo,  1 accompagna,  lo  accarezza  con morsetti : gli  
 ,,  lecca  mani  e  faccia:  lo  diverte  con  giuochi.  Le  ore  di yeglia  sono  tutte  ore  di viva-  
 „  cita,  e  di moto:  salti,  tomboli,  attacchi, fughe, ritorni,  ne fa  divertire  un mondo.  .  . . 
 Tal’ora perô il  prende il mal  umore,  per  cui malamente  accoglie  co’denti  chi  il  cei-  
 „  ca  fuor  di  proposito.  A  prevenire  simili  accidenti  soglionb  mozzargli i canini.  Con  
 Si  questa  correzione  le medesime  gentildonne  lo  si  portano  addosso  con nastro e sona-  
 „   gliuzzo  al  collo,  come  fosse  un  cagnolin  di  Malta.  L’ opposizione  di  appetiti  non  
 è  minore  dell’opposizione  d ’indole:  cio  che  la  Donnola  appetisce,  la Boccamele lo  
 ,  abhorre, e  ciô  che  aborre  k  Donnola lo  appetisce  la  Boccamele.  La  Donnola  preferi-  
 ,  see la carne  non  fresca,  già  cominciata  a  corrompersi,  la  Boccamele vuol  carne  fre-  
 „   soa,  e  piuttosto  che  viziata,  soffre  la  fame.  Risguardo  al  mele,  l’opposizione  de’loro  
 „   appetiti  è  di  maggior  conseguenza ;  per  niun  conto  la  Donnola  non  s’induce  ad as-  
 „  saggiar mele,  tanto  è  lungi  dall’offendere  gli  alveari:  la Boccamele  tutto  all’opposto,  
 „   per se medesima  si procaqcia il mele,  il mangia ancor satolla,  se  ne fa  avidissima,  di-  
 viene la rovina  degli  alveari,  e  infine  ne  ha  acquistato  il  nome.  .  .  .  Non  solo  cerca  
 „  il mele salvatico  per  entro  a'tronchi ne’boschi, ma  si  fa  parimente per gli  alveari  do-  
 „  mestici:  a  poco a poco  trapana  il  suvero,  e  penetrata  a’favi  non  cessa  di  succiarlo  
 „   andando  e  tornando,  in  fin  che non  gli  strugge,  e spesso Tape ne. muore  di fame . . . .   
 Nelle  medesime  celle  domestiche  s’è  trovata  la  Boccamele  affogata  nella  olla  del 
 ,,  mele....... Cacciatrice  di  uccelli,  come  il  gatto  si  appiatta,  leggiermente si  awanza, 
 ,,  e  coltili*  di  un  salto,  se  ne  divora  infin  le  ossa  che  si  fa  scrosciare sotto  a  denti.  .  .  .  
 „   Oltre  la  carne  è  avidissima  delle uoya,  e  oltre al mele,  d’ogni altra  cosa dolce:  zuc-  
 „   chero,  sciloppi, marzapane,  zibibo:  ama  grandemente il latte, e mangia pane.  Co topi  
 „   e  cogli  uccelli, la  prima  funzione  è  dare  loro  un  gran  colpo  di  denti  nella  testa,  e  
 „   lasciarli morti;  poi torna,  e  fa  mille  tomboli  insieme,  conchiude mangiandosene  infin  
 le  ossa.................Ha  diverse  voei  secondo  le  affezioni  o  sensazioni  diverse;  cio 
 „   che  fa una  nuova  discrepanza dalla  Donnola.  Fa  un   lamento  gemehondo  chiedendo  
 „   Tuscita, dov’ è rinchiusa, II buon  umore e  la  voglia di giuocare annunzia  con un certo  
 „   trillo,  di  cui ancora intreccia sue corse, imboscate, uscite e  salti:  dorme assai,  e  dove  
 „   più sta caldamente: interrompe perô  spesso  il dormire per muoversi, e per mangiare.”