MUS SYLVATICUS
TOPO SALVATICO
m/S griseo-fulvescenSj. subtus lateribusque abrupte albus; auriculis latiSj rolundis: oculis
grandibuSj prominentibu&i cauda vix corporis-longitudinis.
MOS sylvaticus, Linn. Syst. Nat. I. p. 8 4 - sp. l 7. Id. Faun. Suec. p. 12. sp. 36. P a ll Glir. p. 94. jp.42.
Sclu-eb, Saüghth. IV. p. töi.sp. 7 tab. 180. Erxleb. Syst. p, 5.8.8. sp. 4. Z immer m. Spec. Zool.
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MUS agrorum, Briss. Rcgn. Anim, I. p. ia 3. sp .io ,
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IRAK, NCLLMAUS, GROSSE FELDMÄUSE,WEISSRANCHIGE MAUS, FilzFr.FaunMuStr.p.Zoj.
SCOO-MUUS, Pontopp, D(in I.p. 612,
I^Linore per la grandezza del Mus tectorum3 maggiore del Mus musculusj e di-
verso da questo pel colore del pel a me più biancastro sotto il ventre, e più rossigno
sul dorso, noncliè per gli, occhi notevolmente grandi e prominenti, è il Mus sylvati-
cuSj che propria e latinamente dal popolo romanesco si appella Sorcio burrinOj perché
passando la vita ne’campi suol cavare la terra con l’opéra del muso e delle zampe
come fanno i campagnuoli con quell’ istromento che or v a n g a e p ria . dicevasi buriSj
d ’onde il nome cotanto indegnamente spregiato di burrini a que’ che bagnano di sudore
la madré terra. Per la stessa ragione diconlo più genericamente Sorcio campagnuolo: e
perché progredisce a salti lo dimandano eziandio ZomparellOj ZompicarellOj owero Zam-
parellOj perché non è alieno dal camminar con due sole zampe rannicchiandosi sulle gi-
nocchia di dietro a guisa di ranocchia, siccome Plinio aveva osservato. Nidifica sotterra
poco profondo, e più ordinariamente vicino a’putridi ceppi degli alberi resinosi: per-
cio abita volontieri nelle pinete, ove suol empir di pinocchi le sue bûche e i tortuosi
canali approvigionandoli abbondantemente per l’inverno, nella quale stagionë, seppur
gli manca alimento, pénétra altresi nei granai. La femmina più volte all’anno dà in
luce da sei a dodici figliuolini per parto: si riproduce cosi continuamente in mezzo
allé stragi, che con lacciuoli, con ordigni di mille architetture, e con veleni gli pre-
parano i padroni delle campagne, che tuttavia piangono sovente le maggesi divorate,
i pomarj distrutti, e gli orti si fattamente percossi dalla bestia maligna che più vesti-
gio non appar di coltura. Né rado avviene che le combinazioni naturali ne fomen