gliel dà per antonomasia, come Fringuello marino, Pica marina, etc. appel la quegli es-
seri ehe vede raramente, e reputa stranieri più d’ogni altro, venuti perciö da oltremare.
Ma la rarità dei parti della natura è le più volte relativa : e questo uccello si raro fra
noi, ed anco per tutta 1’ Europa occidentale ehe se ne registra 1’apparizione benchè individuale,
come vedremo in appresso, meno infrequente mostrasi e in piccoli branchi
nell’oriente della stessa Europa, mentre poi nei deserti dell’Affrica e nelle grandi elevate
pianure dell’Asia, ove nasce, vola in numerose falangi come gli Storni comuni tra
noi. Gli Ornitologi Inglesi notarono il mese di Luglio 1818, in cüi si videro parecchj
di questi volatili meschiati con gli Storni presso Bamburg-Castle in riva al mare. Ram-
mentano pure altre insolite catture di singoli individui, tra le quali quella di un bel-
lissimo maschio nel mese di Luglio i 832. Gli Svedesi ancora conobbero fin dal tempo
di Linneo ehe questo animale visita va di rado quella fredda e lontanissima penisola: ma
ehe ne provenisse di Lapponia, come alcuni di essi crederono, non ei pare induzione
appoggiata a verun solido fondamento, perché anzi è nativo di calde regioni verso
l ’oriente ed il mezzogiorno. Se poi è vero ehe visiti in determinati tempi la Grecia,
la Russia meridionale, e qualche parte dell’ Ungheria, non cosi avverasi ehe periodica-
mente trapassi la Spagna, più che la Francia e la Germania. Riguardo all’Italia, non
sussiste affatto quel ehe alcuni con tanta certezza asSeriscono, venirvi di passo regolare
nelle provincie meridionali: perche soltanto vi apparisce avventizio, e più raro nel
mezzo-giorno ehe nel nord. Il professore cavalier Naccari nel la sua Ornitologia Veneta
cita varj esempi di Storni-marini apparsi nel Yeneziano, e la gran ventura del conte Con-
tarini ehe n’uccise ben quattro alle Gamberare nel 1818. Ma nell’opposta Dalmazia nu-
merosi ne occorsero al professor Cantraine, nel i 83a. In Genova dagli anni i 8i4>i5, i6,
ehe molti ne furono osservati ne’ primi del Giugno, altri non se ne videro fuori di due
giovani in prime piume, corne riferisce il professor Calvi nella sua operetta stampata
nell’anno 1828. Nella finitima Provenza ne passarono alcuni branchi l’anno 1817, ed
altri non se ne videro più mai, secondo ehe ne scrive il professor Roux. L’ Ornitologia
fiorentina racconta ehe nel 1739, freddissimo d’inverno, parecchj ne apparvero nel Ma*
gello, vi stanziaroiio, e vi fecero i nidi. Quel ehe più certo si è, ehe nel Settembre 1824
ne furon veduti due giovani nelle vicinanze di Pisa, su’ prati di San Giusto, un dei
quali fu preso e portato al professor Savi. Nel Bolognese viene talvolta; iyi anzi fu
conosciuto dall’ Aldrovandi ehe ne parlö per il primo : e noi ed alcun nostro amico ve
10 abbiamo incontrato. Presso Roma poi in molti anni di ricerche non ci consta ehe oltre
11 presente ne sia stato preso verun altro, fuori di un giovine parecchi anni innanzi.
E l ’esemplare adulto del quale parliamo, desto maraviglia ne’ più vecchj e sperimentati
uccellatori, ehe lo han creduto un bastardo diordinario Storno cón qualche altra razza di
uccelli. Tanto è infrequente la sua comparsa tra noi! Fu colto in questo Settembre i 836
tramezzo una punta numerosà di Storni comuni, corne accadde di tutti quasi quelli veduti
in Europa ; e vive in dolce prigionia presso un Eminentissimo Cardinale che per
l’innocenza de’costumi congiunta a tante altre rispettabili virtù, che riunite in un solo
difficilmente si trovano, si è reso nella sua profonda modestia osservabile più del raro
Storno-marino. Finalmente non ci è noto ehe nel Regno di Napoli e nella Sicilia questo
uccello siasi manifestato finora: anzi il signor cavalière Benoist esploratore minuto del-
1’ Ornitologia Sicula cel richiede con grande premura, non avendolo ottenuto giammai.
Resta dunque affatto priva di ogni argomento la erronea assertiva ehe sia di passo
periodico in alcuna contrada italiana, ove anzi è di que’pochi che accidentai mente vi si
mostrana dopo lunghi irregolarissimi intervalli,. spinto in ca'ccia di qualche insetto, o
trasportato da qualche circostanza atmosferica, cessando la quale, sparisce.
Circa il posto che nel Sistema naturale compete a questa specie, noi, quantunque
ad altri piacesse di por lei o i suoi cangeneri sia tra gli Storni, sia tra le Gracule, sia
tra gli Orioli, e perfino tra i Tordi; e quantunque il Vieillot, che il primo la separo dagli
ultimi, co’ quali infine la ricongiunse, lo avesse isalato in un genere da lui detto
Psaroides (figura di Storno); la consideriamo come parte, di quella che col Ranzani
appelliamo Acridotheres> nome composto dalla stesso Vieillot pe’ suoi cangeneri co’ vo-
caboli ocxpiç Locusla e 0ïjpà&> dar caccia3 preferibile per ogni ragione a quello di Pastor
datogli da Temminck. Rendendosi cosi un vano studio il voler migliorare tal nome nel
Pecuarius proposto dallo stesso Temminck, o nel Boscis che piace al Brehm. Quellî
poi di Gracüla e di Merulaj che alcuni moderni hanno adottato, non approviamo che
sian distolti da’ loro legittimi significati. Questo genere Acridotheres prende nella nostra
classificazione un luogo della famiglia Corvidae la quale abbraccia i Coraces e i Gregarii
di Illiger corrispondendo quasi agli Qmnivori di Temminck; ove con i generi Buphagaj
SturnuSj LamprotorniSj proprj come egli stesso è del vecchio continente, e co’generi
americani Stuvnella^ CassicuSj Icterusj e Xànthornus, compone la sottofamiglia Sturninae_,
che alla moderna scuola Inglese giova considerare famiglia, cui dà il nome di Stur-
nidaej e suddivide con più simmetria che ragione in cinque sottofamiglie.
Ecco i çaratteri del genere: Becco subeguale al capo, e tanto largo quanto alto alla
base, conico, compresso, acuto; le cui mascelle curvansi ambedue leggermente verso
il basso, e la superiore rotondata sul colmo è leggermente intaccata non lungi dall’apice.
Narici poste alla base del becco, laterali, ellittiche, chiuse in parte da una membrana
ricoperta di rigide pennuzze. Piedi robusti ; tarso scudettato, poco più lungo del dito
medio, il quale è notabilmente più lungo degli altri e saldato alla base con quello ester-
no^ il dito interno libero, un poco più corto di questo; il pollice più corto, ma più
grosso degli altri: unghie forti, mediocremente compresse, curve ed aguzze; quella del
pollice assai più lunga e più grossa. Ali mediocri con la prima remîgante assai piccola,
la seconda più lunga di tutte. Coda quasi troncata di dodici larghe timoniere roton-
date all’apice. Piuma soffîce e molle.
Tutte le circa venti specie che compongono questo genere son proprie dell’Asia
o dell’Affrica, dalle quali non si dipartono, fuori di questa sola che migra in Europ
a; e vivono come gli Storni co’quali si accompagnano in branchi assai numerosi;
seguono le greggie, posando sul dorso al bestiame, che volontieri li soffre perche ne
beccano gl’insetti quantunque aderentissimi alla pelle; cibano animaluzzi di più sort?,
perciö frequentano i letamai, e sono avidi delle Locuste: in mancanza de quali nutri-
menti amano le bacche e le semenze, le porna, e più di tutto le cerase: grati ed in-
grati, benedetti e maledetti fino a meritar culto di numi, ed esecrazione di demonii
secondo che piaccia loro estirpare i flagelli delle campagne o fame essi stessi le veci,
Fu prescelta da’Francesi una specie indiana, forse benefica soltanto, [Paradisea tristis/L.)
per naturalizzarla nell* isola di Barbone, ove alligno felicemente, e servi allo scopo
di scemarvi le Cavallette. Organi hanno al canto ed alla loquela assai convenienti:
suscettibili sono di educazione : e si addomesticano perfettamente, quante volte si pon-
gano sebben adulti sotto una regolar disciplina.