tano vicino alle acque pigre o correnti, fra i giunchi, fra le canne, fra i cespugli, non
di frequente sugli alberi. Hanno un volo basso, breve : quasi di continuo saltellano fra i
rami nel folto dei cespi, e dal basso delle canne quantunque verticali si rampicano ce-
leremente lino alla cima. Non guizzano con la coda, ma nel volare l’aprono a foggia di
ventaglio. II maschio canta con voce assai clamorosa, poco modulata. Si cibano d’insetti,
e solo per fame mangiano le bacche. Costruiscono un nido assai artifizioso, profondo,
solidamente connesso alle cannucce e alle piante palustri. Cova si l’uno che l’altro sesso.
Si scinde questo sottogenere in parecchi gruppetti di terz’ ordine, d’uno dei quali è
tipo la Sylvia turdoides argomento del presente articolo. A questo applichiamo il nome
Calamoherpe già adoperato dal Boie per un suo gruppo cui egli diede rango di genere,
e del quale non possiamo accennare con precisione i limiti, ma che avrebbe a compren-
dere buona porzione delle specie del nostro sottogenere Calamodyta,, seppure non le
comprende tutte.
II nostro gruppo Calamoherpe è composto d’uccelli migratori, che giungono a stagio-
ne avanzata in queste regioni, e ci lasciano di buon’ ora per andare a svernare al di là
dei mari. Esso si fa riconoscere principalmente per la lunghezza e grossezza del becco,
proporzionalmente inaggiore di quello di qualsivoglia altra Sylvia. La base di questo
becco è larga ed alta; la sua lunghezza è quasi uguale a quella del capo, di forma
conico-subtetragona, essendo tondeggiante di sotto, e di sopra angoloso, ossia fornito
d’uno spigolo longitudinale acuto. La mascella superiore è un poco più lunga dell’inferiore,
declive verso l’apice, appena intaccata, ottusa. Sopra gli angoli della bocca sorgo-
no quattro setole nere, brevi, volte all’ indietro. Le narici sono larghe, ovali. Le un-
ghie molto compresse, piuttosto valide, sopratutto quella del dito posteriore. La coda
è luuga, appena cunéiforme, colle direttrici ettuse, ma non ben rotondate. Le ali sono
mediocri, e piegate cuoprono oltre ad un terzo della lunghezza della coda: la prima
remigante è appena cospicua: la seconda poco più breve della terza, la quale è la
più lunga di tutte. Final mente la fascia sopracigliare è ben visibile, quantunque
stretta, pallida; le parti superiori dell’ animale non sono macchiate, le inferiori sono
di color chiaro. Tuttochè queste ultime condizioni possano sembrare di poco rilie-
vo, le notiamo insieme con le altre perché servono a distinguere più facilmente la
Calamoherpe dagli altri gruppi Italiani del sottogenere Calamodyta,, cioè quelli ehe noi
intendiamo chiamare Calamodyta genuina, Cettia e Pseudo-luscinia. Nella Calamodyta
propriamente detta, il cui tipo è la Sylvia schoenobaenusj il becco è breve, sottile ; la
coda graduata, la fascia sopracigliare larga, le piurae delle parti superiori sono mac-
chiate longitudinalmente di colore più intenso. Nella Cettia ^ che ha per tipo la S. Cettij
il becco è breve, sottile, la coda grande, larga, graduata, colle direttrici assai larghe, ben
rotondate nell’apice: le piume del dorso non son macchiate; la fascia sopracigliare è
poco visibile : le ali sono tanto brevi ehe non oltrepassano il groppone, con la prima re-
migante grandetta, la quarta e la quinta più lunghe delle altre. NelJa Pseudo-luscinia,,
che ha per tipo la S. luscinioides, la forma .del becco e della coda, i colori delle piume
del dorso e la fàscia sopracigliare sono come nella Celtia; ma le ali sono mediocri, con
la prima remigantë appena cospicua, la seconda più lunga di tutte le altre.
I gruppi in cui da nor si distribuiscono le Calamodite Italiane trovansi delineati in
parte nelT Ornitologia Toscana del Savi. Alle Sylviae macroramphae del Professore Pisano
corrisponde la nostra Calamoherpe; quelle ehe noi chiamiamo più propriamente
Calamodytae sono le di lui Sylviae paludicolae: la Cettia finalmente e la Pseudo-luscinia
riunite costituiscono per lui la sezione laticaudae del sottogenere Sylvia.
Spetta alla Calamoherpe come s’è detto la Sylvia turdoides. Quest’uccello è lungo
sette polliçi e mezzo, ed ha circa undici pollici di stesa d’ali. Il becco è lungo più
di dieci linee; alla base ha quasi tre linee d’altezza, ed è un poco più largo che alto;
il suo colore è nereggiante con la mascella di sotto giallastra ail’origine. Le setole
che sorgono ai lati del becco sono lunghe e nere. L’interno della bocca e la lingua
hanno una tinta rosso-ranciata. L’iride è grigio-bruna. Tutte le parti superiori del capo,
del collo, del tronco, e le cuopritrici superiori delle ali e della coda sono d’una
tinta bruna di terra volgente al color di mattone e quà le he poco ail’olivastro. La gola
è bianca. La fascia sopracigliare, il gozzo, il petto e l’addome sono d’un bianco sudi-
cio : i franchi, le tibie, le cuopritrici inferiori delle ali e della coda sono bianco-cannelli-
ne. Le ali chiuse sono lunghe tre pollici e quattro linee. 11 colore di tutte le remiganti è
terreo-fosco, coll’orlo paliido e la pagina inferiore cinereo-ferrigna. La coda è lunga due
pollici e tre linee, rotondata, con tutte le direttrici di color bruno-ferrigno un poco più
intenso di quello del dorso. I piedi sono robusti, d’un color cinereo-olivastro, con la pian-
ta gialla: le unghie hanno una tinta corneo-scura. Il tarso è lungo un pollice euna linea.
Il maschio si distingue perché ha la gola leggermente sfumata di cinereo.
La femmina è appena sensibilmente più picciola, poco più chiara e più ferrigna del
maschio.
I giovani volgono al ferrigno più degli adulti.
Nell’autunno i colori sono più scuri e più vivaci, più decisamente volgenti ail’olivastro
sul dorso e al ferrigno sui fianchi. All’ epoca della quale parliamo è quasi impos-
sibile il distinguere i sessi.
Vive nelle regioni meridionali e medie dell’ Europa fino ail’ Olanda ove è comune,
e alla Danimarca in cui è rara : non è stata trovata mai nelle Isole Britanniche. Dalla
primavera fin verso l’Ottobre abbonda in moite località dell’ Italia : poi émigra al di là
dei mari cercando regioni più calde. Sceglie giornate piovose per far i suoi passi. Si
trattiene in siti palustri, lungo gli stagni, sulle rive de’ fiumi. Ha in particolar affezio-
ne le cannucce, e i salci fruticosi, laddove schiva i fusti di Typhaj i Ciperi ed i
Carici. Ha una voce poco grata, fortissima, che si potrebbe paragonare ad uno squillo
di stromenti da fiato, ed il maschio al tempo degli amori canta quasi senza posa di
giorno e di notte. Vola a slanci assai brevi: non si posa mai in alto, ma sempre alla
distanza di soli due o tre piedi dalla superficie del suolo o dell’acqua. Una sola volta
all’anno costruisce il suo nido fra le cannucce adoperandovi paglie, scorze, e fibre
d’erbe palustri: lo fabbrica molto cupo, e per renderlo solido lo connette con tre a
quattro fusti che passano nell’ interno delle sue pareti e gli servono di sostegni. La
femmina vi depone quattro o cinque uova d’un bel colore celeste biancastro, cosperse
di numerose macchie fosche irregolari.
D’Agosto e di Settembre alcuni individui di questa specie restano eolti nelle reli
dette ragnuole che si tendono per la caccia de’Beccafichi. In detta epoca la Sylvia
turdoides ha la carne assai pingue e di buon sapore. Gli abitanti delle Terre prossime a
Roma la chiamano Beccaficone: nei contorni di Viterbo l’ abbiamo sentita chiamare
Rosignolo marino. I Genovesi le danno il nome di Rosignolo Lombardo. Nella Val di
Chiana dicesi Cannajola; nel Bientino, ove abbonda assaissimo, Cannareccione.
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