delle relazioni intime che li collegano, e sonosi faite quasi popolari le leggi che pre-
siedono aile distribuzioni metodiche. I naturalist! che più profondamente meditarono su
questa materia non solo tengono per fermo che le divisioni di vario grado necessarie nel
sistema debbano essere suggerite dalle condizioni di quegli organi che aderapiono le
principali funzioni della vita, ma son pure fatti accorti, che i caratteri desunti dalle
condizioni stesse di una data funzione, e dagli organi che ne sono incaricati, hanno un
valore assai diverso in varii gruppi naturali del medesimo grado. Ma per quanto la ve-
rità di siffatti principii siasi propagata più estesamente di giorno in giorno, convien tut-
tayia confessare, che la maggior parte stentano quai più quai meno a deporre certi pre-
giudizi radicati nella mente loro dall’ epoca dei primi studii.
Tanto antica quanto assurda si fù la impresa di dedurre dai piedi la classificazione
degli animali. Gli organi della locomozione attrassero l’occhio del yolgo, e siccome quasi
tutti i Mammiferi mostrayano quattro piedi, cosi questi esseri più perfetti si disser Qua-
d ru p e d i dai nostri maggiori, che ordinarono una sola classe di tutti i tetrapodi, nulla os-
seryando gli organi più essenziali che realmente distinguono i Mammiferi dagli Anfibj a
quattro piedi. Cosi mostruosamente si yidero formar parte di una stessa categoria la Lu-
certola ed il Cayallo.
Ma se non è buona a ripartire gli animali in grandi Class! la distinzione tratta dal
numéro delle estremità locomotrici, cattiya ancora la ritroviamo nelle suddiyisioni delle
medesime, massime nell’Erpetologia, scienza che tratta di quegli esseri appunto ne’quali
i piedi riescono di piccolissima o quasi niuna entità. Tuttayia gli stessi moderni autori
non possono totalmente abbandonare la erronea strada consecrata dal padre della Zoo-
logia, Aristotile, che divide gli Anfibj in Quadrupedi ovipari ed in Serpenti; ond’è che
nelle opéré più recenti e nelle più scientifiche classificazioni ritroviam per ogni dove le
tracce dell’ inveterato pregiudizio di prender da’ piedi il capo de’ metodi. Alcuni Er-
petologi difatli che non servonsi di tali considerazioni per contrassegnare una Classe, ne
fanno carattere di Ord in e ; altri non più di ordine ma di F am ig lia : si discende cosi dalla
scala del pregiudizio a mano a mano che si aprono gli occhi: e quantunque a nostri
giorni alcun naturalista non siavi che continui a separare la Ranocchia dalla Serpe a
solo fine di porla col Bue e coll’ Elefante, o conduca i Vermi intestinali e gli Annelidi
tra le Serpi dissociate dalle Lucertole, v’ha nondimeno chi non ammette 1 'A n g u is tra i
S a u r iij e si ostina a collocarlo tra’Serpenti. Siccome difatti esso A n g u is ha la mandibbla
di un sol pezzo, cioè connate all’apice le branche di essa, cosi non puo essere escluso
da’Saurii; quantunque, come vedemmo all’articolo del G o n g jlu s ocellatuSj, sia l’ultimo
anello dell’aberrante e serpentiforme serie degli A n g u in ij mancando non solo di piedi,
ma pure di timpano, e collegantesi con quelle vere Serpi che hanno piccola la bocca,
Ecco i caratteri propri dell’odierno genere A n g u is . Capo ricoperto di scudetti : narici
immediate al cerchio rostrale, collocate nella parte posteriore di uno scudetto: oree-
chie latenti: tre palpebre agli occhj quantunque piccolissimi : denti disposti in una
sola serie in ambedue le mascelle ; gli anteriori impiantati sull’ osso intermaacellare 'in.
numéro di nove, piuttosto fitti, conici, acuminati, quasi eretti; i mascellari, nove an-
ch’essi per parte, compressi, lunghi, gracili, tereti, uncinati, acutissimi, uguali fra loro,
fuor del primo e dell’ultimo che scorgonsi alquanto minori: i mandibolari qualtordici
per banda simili a’mascellari per forma e grandezza; il terzo perô ed il quarto di essi
più corti, ed anco più yicini tra loro : palato priyo affatto di denti. Tronco terete, liscio,
vestito tutto di lucide embricate eguali squame, non esclusa la coda lunga assottigliata
ed ottusa all’apice. Mancano i piedi. Un de’polmoni è minore la metà del volume del-
l ’altro. Eyyi il hacino, sebbene imperfetlo, un piccolo stexrio, l’omoplate e le clavicole
sotto la cute.
Oltre la comunissima specie qui effigiata, che spargesi per tutta 1’Europa, e per
l’Asia più settentrionale, non ci consta che altre n’esistano. Le mutazioni cui essa ya
soggetta per la età, i colori che variano ne’suoi individui furon cagione che anco og-
gidi ne sorgessero parecchie specie soltanto nominali registrate nella sinonimia, e percio
inutili a replicarsi.
Giunge a circa dieciotto pollici, della quai lunghezza ne conta la coda una metà ed
anche più: il diametro della circonferenza del tronco è di sette linee. Il capo vedesi.
conformato a piramide quadrangolare, smussato ail’ apice molto rotondato, e convesso
alquanto nelle due facce superiore ed inferiore, congiungendosi al tronco senza inter-
inedio più sottile di collo, e rilevato pochissimo verso le tempia. L’occhio s’âpre in una
specie di avvallamento che d’ambe le parti si protende sino a’ fori delle narici distante
da essi quanto è un loro diametro; questi sono rotondi, esilissimi e yicinissimi alla punta
del muso. Eguali quasi in lunghezza son l’una e l ’altra mascella, se non che la inferiore
è più scarna: la bocca innoltra pochissimo il suo squarcio al di là delle orbite. Otto
per parte sono gli scudetti marginali di ambedue le labbra: Ja piastra del yertice, mag-
gîore di tutte quelle che rivestono il capo, è di forma poligona approssimante ail’el-
lissi : simmetriche e hen definite son tutte quelle che la circondano : romboidale mo-
strasi la frontale ; bene syiluppata e triangolare l’occipitale, che termina in punta, e vien
fiancheggiata dalle parietali ristrette e molto oblique. Dielro di queste s’incastra una
squama sola grandetta, al di là della quale compariscono gli ordini di quelle omoge-
nee che rivestono il tronco. Questo è perfettamente cilindrico ed uniforme in tutta la
sua lunghezza fino all'ano. Cilindrica è pur la coda assottigliandosi dolcemente verso la
punta grossetta che termina in modo da sembrar troncata. E la coda ed il tronco rive-
stonsi attorno e da per tutto di squame lisce, embricate, esagone, paraboliche, disposte
a romboide in ventitre serie longitudinali, contandosene circa trecento in quella di mezzo,
cioè i 5o addominali ed altrettante sottocaudali,
Risplende il Sauro nostro con lucentezza métal 1 ica. Ne’vecchi individu! il disopra
del dorso assume un colore uniforme di bronzo patinato, ed il di sotto è color piom-
bino assai chiaro, Sulla fronte vedesi una macchia grigiastra mal definita, e due linee
fosche a traverso degli occhi. L’iride è nera: la lingua carnicina alla base, nera all’apice.
Le mascelle si punteggian di fosco, Negli esemplari adulti ma pur giovani il color rosso
castagnino domina sul dorso, sulla coda, su i fianchi, nè manca sul capo ch’è scre-
ziato di nero, Una linea nera tremulante corre dai yertice lungo il mezzo del dorso e
della coda tra’ margini di due serie di squame, Nerastro tendente al turchino è il di
sotto del tronco e della coda, il quai colore nettainente si stacca dal rosso castagnino
de’fianchi, di maniera che il rettile sembra fiancheggiato da due bande di quel colore, e
percio trilineato. All’indiyiduo in questo stato demmo nella nostra tavola il nome di
nigriventris pel cupo color turchino del ventre, che lo distingue dai più vecchio albi-
ventris tinto di un verde cinereo metallico sul dorso e sulla coda, ma di grigio chiaro
in tutto il di sotto. 11 neonato ha il dorso color cannellino pallido, sul quale spiccano
assai la linea dorsale, e le due laterali prodotte dal nero de’fianchi. Crescendo in età,