soltanto, per via di uno spazio guarnito di piccole squame graniformi, del qual collare
sogliono per lo più. mancare gli Ameivini, e mancano sempre i Tachydromini; in amhe
le quali sottofamiglie la celata del pileo non giunge al livello dei fora mi auricolari, es-
sendo separata dalle squame del dorso per mezzo di una o più sérié di squame cervicali
più piccole. Non è peré vero cio che disse il Cuvier, avere tutt’ i Lacertini due ran-
ghi di denti in fondo al palato : basta per convincersi del contrario il porre nella bocca
della nostra più comune Lucertola un sol dito. I Tachydromini poi variano dalle al-
tre sottofamiglie per le squame quadrate e carenate sul dorso, sotto il ventre e nella
coda, e si distinguono più specialmente dai Lacertini, cui si approssimano grandemente,
p e rla mancanza de’pori femorali suppliti da due vescichette aperte Tuna di quà l’al-
tra di là dall’ano. Il corpo, e sopratutto la coda sono lunghissimi in essi.
Magri e svelti essendo i Lacertinij quel che ne apparisce di lor mole nei meglio nu-
driti si è di muscoli non mai di pinguedine, onde nasce la notabilissima loro contrattilità.
Abbisognano peré di un grado elevato di calore per esercitare liberamente i lor moti
e percio ne’grandi caldi dell’estate e sul mezzodi si veggono più vivaci e più snelli.
La quale attitudine a muoversi apparisce eziandio quando son fermi, perché palpi-
tano in tutta la persona, e vedonsi oscillare in ogni membro. Ma tanta agilità, che
li addestra a velocità indicibile, li stanca: e percio chi li perseguita in luogo da non
poter rimpiattare, li raggiunge awiliti. E sollevano un poco il capo e la coda quandp
camminano, i quai membri appoggiano in terra quando riposano. Della coda usano
pero con molto vantaggio fra l’erba folta, e nel saltare d’uno in altro luogo, quasi per
forza di leva che li ajuti a lanciarsi : - anco nel nuoto se ne servono grandemente ri-
traendo al tronco le gambe. La vista loro è attivissima, perché hanno 1’ occhio assai svi-
luppato sebben poco scoperto, e molto simile a quel degli uccelli all’esterno, mentre
nell’interno avvicinasi a quello dei pesci. L’udito hanno acutissimo eziandio; e se ne
vede la ragione nella larga apertura che serve di comunicazione tra la cassa e il fa-
ringe, onde è che il suono facilmente trapassa da un orecchio all’ altro, e si comu-
nica al cranio; la serie poi degli ossicini inservienti a quest’organo non'par che de-
sideri veruna perfezione. Dell’ acurne di loro odorato, quantunque nulla si possa de-
cidere che sia certo, tuttavia dal vedere che sogliono protendere il muso esplorando
verso le sostanze pria di addentarie, e dal forare che con esso fanno la terra per car-
pirne i lumbrici, seinbra che l’olfatto ad essi non manchi, e di certi tali odori sian
forse più sensitivi che d’ altri. Respirano con l’ajuto delle costole e del faringi che ban
largo, con le narici munite a bella posta di valvole cutanee, con le quali, portandole
dal dentro in fuori, le chiudono perfettamente, e con opposta operazione le dischiu-
dono. Cosi non si dubita del gusto ; e si è sperimentato che ponendo loro in gola una
cosa amara, veggonsi affaticare per vomitarla; e non v’ha garzoncello che non sap-
pia che posta in bocca di una Lacerta la polvere del tabacco, la muova a stranissi-
mi sconvolgimenli. Deboli veleni li uccidono, quale è 1’umore latticinoso delle paro-
tidi dei Rospi. Tagliati per mezzo il tronco sembrano vivere alcun tempo si nell’una
che nell’altra porzione, anzi più assai nella coda, non già per forza vitale, che è de-
bolissima in loro ma per contrattilità ed organizzazione di fibra. Prive son di fero-
cia ; tuttavia le grosse specie sembra che non ne manchino qualora tolgasi loro la più
innocente difesa, la fuga. Sanno mordere allora dolorosamente, non già per veleno, ma
per lacerazione e strappamento della pelle, soliti a non distaccarne i denti come cani
da presa, onde proverbialmente dicgsi bocca di Ramarro: né feriscono solo co’ denti
ma con le unghie altresi pe’loro uncini che sottilmente ti pungono, e non puoi me-
dicarne le invisibili trafitture. E co’ denti, e con le unghie ricavano le tane nel suolo,
e ne’tronchi. degli alberi, dilatano le fessure delle muraglie ed anco delle pietre vive
per abitarci sicure. Si offendono pure tra di loro, ma di rado vengono a batlaglia, av-
voltiechiandosi allora in più guise. Cibano insetti, lombrici, e molluschi terrestri lan-
ciandosi rapidamente con la bocca spalancata contro di loro, e pria d’ingojarli masti-
candoli assai: e delle uova, comprese le proprie lorô, quantunque stantie, quantunque
fradice, son ghiotte, trangugiandole intiere ma con molta difficoltà, perché sono
strette di bocca e di non cedevoli mascelle; superate le quali, tutto è vinto per in-
.ghiottire, avendo lârghissimo il faringe, e dilatabilissimo l’esofago. II tatto non lo han
solo nella lingua e nella punta del muso, ma in tutto il corpo, quantunque squamoso,
principalmente nel dorso: che se una mosca vi si posi, ben essi mostrano che si accor-
gono del parasité. E l’estremo del caldo, ed il freddo li percuotono, percio si nascondo-
no al pari nel. più rigido del verno come nel più cocente della state. Serve al maschio
per la generazione un doppio pene, l ’uno e l’altro bifido; alia femmina un ovidulto
sostenuto da una duplicatura peritoneale trasparente, che sépara in qualche modo la ca-
vità del petto da quella dell’addome. II sesso pero non si distingue esternamente che
nella base della coda, la quale nelle feminine è rotonda e stretta inferiormente,- nei
maschi è larga, piatta, e segnata da un canaletto longitudinale. Sono del resto i Lacertini
assai soggetti a perder tutta, o porzione della coda, la quale si ristabilisce con
eguàl facilità, non pero nelle stesse proporzioni e graduato assottigliamento, onde dalla
misura di quel membro non possono inferirsi bastantemente i loro caratteri specifici.
E qui è da notarsi che allé code cosi rinnovate mancano totalmente le vertebra le
quali non sanno rifabricarsi : e che individui se ne veggono talvolta con due, tre, quat-
tro e fino sette code, tutte cartilaginose all’interno. Non é vivezza di tinte, né finezza
di pennello che agguagliar possano il dipinlo dei Lacertini. I colori cangiansi specialmente
col mutar della pelle ed anco delle passioni, onde Vallisnieri chiamb i Ramarri
Camaleonti d'Italia. Nelle femmine i colori della prima età persistono più lungo tempo.
Alcuni sistematici o troppo scrupolosi o troppo superficiali ne moltiplicarono soverchia-
mente le specie, ed anco mentre scriviamo ce ne giungono talune a notizia che si pre-
tendono nuove, ma che altro non sono che semplici varietà o di cherzi nei colori, o
di proporzionale lunghezza della coda, o di qualche minuzia relativa aile squame.
Dei sei generi Wagleriani qui appresso designati cornponiamo la sottofamiglia dei
Lacertini : i .. Lacerta.. 2. Zootoca. 3. Podarcis. 4. Notopholis (già Aspistis_ Wagl. ma
non Hoffmann, forse Algyroides dei Francesi.) 5. Zonurus (0 piultosto Co rdylusGro-
nov.) 6. Psammuros cui devesi conservare il nome Aigyra datogli anteriormente dai
Cuvier e che, per mezzo del gen ere A blepharus degli Scincinij connette la propria fa-
miglia con gli Anguidi, come per mezzo del Gerrhonotus i Tachydromini la connettono
bon gli Ophiosauridi. Vi sarebbero due altri generi Tropidosauraj Boie, e Psammodromus
Fitz. ma noi li crediamo più o meno artifiziali o compresi nei precedenli.
Del resto il genera Lacertaj Wagl. ci mostra il dorso vestito di tubercoli graniformi,
cioé di piccole squame omogenee, poMgone-orbicolari, ottusamente carenate. Le lamelle
del ventre sono romboidali, quelle del triangolo pettorale poligone. Le anella poi che ri-
cingono la coda si compongon di squame obluughe esagonali,e carenate. 11 collare è continue
: le tempie coperte di scudetti ossia grandi squame piastriformi: evvi una lamina