nella del Fitzinger, nei quali il muso è più o meno allungato, il margine delle orbite
più o meno sporgente. Ed esso nostro genere Bufo cosi considerato e ristretto, è l’unico
de’jBufonini di Europa, sparso perö eziandio nelle altre parti del mondo. Posto a con-
fronto cogli altri Bufonini distingues! tra loro per la semplicità di ciascuna parte; poichè
non ha pallottole alle estremilà delle dita corne Eubaphus; non corna, nè altre sopraci-
liari proluberanze come Ceratophrj'sJ Phrjnophrjs ec. non allungato più o meno il
muso come Rhinelldj OxjrhjnchuSj ec.
Caratteri suoi peculiar! sono poscia i seguenti« breveté il corpo, toroso, convesso nel
dorso, e tumido molto nella parte inferiore ; sparso in tutta la sua superficie d’innumere-
voli verruche, e papille, dalle quali trasuda Tumor vischiose, la cui emanazione puo
l’animale accreseere a suo lalento; ed al di dietro^delTuno occhio e l’altro un rilievo
glandulare assai più grosso, foracchiato da pori grondanti umor fetido e latticinoso, costi-
tuenle tumidissime parotidi. Il capo è grossolano, ovale, obbliquamente troncato, con
vertice piano e muso rotondo depresso : ha le narici aperte sotto il margine del muso 2
cospicuo n’è il timpano ; inerme affatto la bocca ; aperte più o meno le trombe eüstachia-
ne: lingua crassa, ovale, integerrima, libera posteriormente, quasi di eguale^ larghezza
da per tulto: .occhi mezzanamente grandi, con pupilla oblunga ellittica: arti tutti brevif
gambe polpute: dita un poco rigonfie sotto le articolazioni, con apice assottigliato, libéré
nelle palme, più o meno palmate nelle piante, ehe hanno il quarto dito più lungo del
terzo, ed un ossicello ottuso solto il metatarso.
Le brevissime ed inforrni zampe de’Rospi, quasi inotili al camminare, valgono solo a
strascinarli lentamente; e quando alcuno d’improvviso li assale, non ehe darsi alla fuga,
si arrestano colle apparenze dell’ intrepidezza, enfiano tutto il corpo ehe divien duro ed
elastico, fanno stillar dalle yerruche della pelle un umor bianchiccio e fetente, schiz-
zano fuori dell’ano un certo fluido, e alla per fine si argomentano di vendicarsi col mor»
so; ma la piecola ferita, ehe mordendo recano altrui, non fa ehe delerminare una ben
lieve infiammazione. I due sospetti umori, stillanti dalT ano e da’tubercoli della cute,
non contengono qualità e forza di veleno, come anticamente credeasi al pari della ca-
lunniata saliva e della favoleggiala malignità degli occhi. Solamente se legumi, frulta, e
principal men te funghi ne vengano ad esser tocchi, colui ehe se. ne cibi è lormentalo da
un molesto senso di nausea e da doglie violente di stomaco. E non è senza pro di questi
animali il viscido inuco onde colano sempre da ogni parte, poichè giova a difenderli con-
tro Taria soverchiamente asciutta e gli ardori troppo vivi del Sole. Noi sappiamo per le
relazioni del eelehre Adanson, ehe i Negri nell’attra versa re le cocenti arene del Senegal,
godono talora applicarsene alcuno tutto vivo in sulla fronte, per averne refrigerio di fre*
scura, tanta- e cosi fitta e continua è Turaidità di lor pelle.
L’ ordinaria abitazione loro è qualche fosso o grolta o fetido stagno; e pare ehe
amino >1 nascondersi e rifuggire dalla luee del giorno, quasi ehe la debolissima lor vista
rimanga offesa dal più incerto barlume. Sogliono percio venir fuori delle buche sol quando
imbruna la notte ; e principalmente al cader delle pioggie estive si affrettano da’cupi
nascondigli a ricoprir delle odiose lor frotte il terreno ; dal che ebbe forsé principio tra
la plebe di contado l’immaginare ehe piovessero nembi di rospi, quantunque noi pos-
siam dire per certa prova di aver veduto alcuna voila cader veramente dalle nubi una
pioggia di eosi immondi animali: prodigio ehe facilmenté puo spiegarsi con l’attrazione
ehe esercitano le trombe aeree, ed altri simili sconvolgimenti delT atmosfera. Come spie-
ghereste di poi quel fenomeno da molti veduto, cioè il sallar fuori tanti rospetti quasi di
BUFO VULGARIS.
rimbalzo per quanti goccioloni d’acqua toccano il suolo nelle ore vespertine sul princi-
piare di autunno, corne avviene ne’ viali alberati di Albano?
Nolturni si aggirano a caccia di insetti e di verminetti, de’ quali si pascono. Vivon
pero molto lungamente senza prender cibo di sorta: alcuno ne resté chiuso per interi
anni in muraglie o alberi scavati, e non perdè la vita : ed è inoltre raccontato da varj
celebri naturalisé, che talvolta nel cavare o spezzar pietre vive e marmi si rinvennero
rospi in fondo di angustissime fessure, ed anche in alcune cavità, delle quali non appa-
riva la minima comunicazione coll’aria aperta: maraviglie cui non sembrerebbe doversi
prestar fede, se vere non si fossero riconosciute.
S’adunano alla stagion fredda entro i loro nascondigli, nè si risvegliano dal profondo
letargo, che quando è ben tepida la primavera. Ne] quai tempo vagano solleciti nelle
acque pantanosë, e curano con fervido trasporto la riproduzione délia specie. Lunghe
sono le ore dell’ accoppiamento, continuaudo il maschio i suoi tenaci amplessi. alla com-
pagna fra i tre e i venti giorni, gracidaodo ambedue senza posa. Allorchè le ova escon
fuori, le aggloméra il maschio colle zampe deretane, e le cosparge del suo umor genera-
tivo : quindi esse abbandonate aile acque, in foggia di tenue cordone, misurano talvolta
sui 40 piedi in lunghezza. Nel ventesimo giorno da che furono deposte le ova, sbuccia e
si forma il picciol rospo, ma solo diviene abile a riprodursi allorchè tocchi il quarto anno.
Tre sole sono Je aulentiche specie del genere Bufo appartenenti a questa parte d’Eu-
ropa, cioè Bufo vulgaris, calamita e viridis, non dovendosi rîguardare che corne varietà
di esse tre specie le al Ire moite che egregi autori descrivono. Si purghino dunque libe-.
ramente i Cataloghi scientifici dai pretesi Bufo Roeseli, spinosus, gibbosus, laevis, carbun-
culus, cinereuSj ferrugineus, e da quegli altri parecchi, de’quali riempionsi tutto giorno
le carte : nè si riceva per cieco rispetto lo stesso Bufo palrnarum, specie stabilita dal
sommo Cuvier, filuso anch’egli dalle apparenze: non essendo quello se non che un grosso
e vecchio Rospo, trovato sotto le palme di Sicilia, egualissimo in tutto a quelli che veg-
giamo pe’campi e pe’giardini di Roma, quai è rappresentato appunto nella figura più
bassa di quella nostra tavola in cui primeggia il Bufo calamita.
Il subbietto del présente articolo è il più comune, il più schifoso, il più cangiabile
de’Rospi, ed è nelle nostre tavole figuralo in quadruplice aspetto, benchè cento figure
sariano poche a mostrarne le forme differenti che assume, e i variabili colori che lo di-
pingono. Nell’uno è rappresentato il giovane maschio, rosseggiantej corne suol trovarsi
sotto le pietre in luoghi aridi e montani; al quale intempestivamente fu applicalo il nome
di Bufo ferrugineus : è nell’altro una verdissima femmina non guari adulta, in quelle forme
che appare sul fine di primavera presso lagune e luoghi acquitrinosi. Nel più grosso
Rospo delT altra tavola intendemmo significare in colori e dimensioni ordinarii la varietà
più comune, in quello stato che suoï rinvenirsi sotterra, anche nelle ville cittadinesche,
tutta aspra ed irta di verruche, Rospo delle palme secondo il Cuvier. Con una quarta
effigie volemmo porgere un esemplare segnalatissimo per la liscia cute e per la disposi-
zione de’colori verde e rosseggiante, ond’è screziato.
L’orrido e schifoso corpaccio di questo Rospo, al quale esclusivamente deggionsi ri-
ferire le imraani, mostruose, e talvolta iperboliche dimensioni attribuite ad animali di
tal fatta, raisurato sull’esemplare più grande de’posseduti da noi, giunge a sei pollici e
mezzo dalT apice del muso ail’ano. Le gambe anteriori son lunghe tre pollici, le posteriori
si protraggono ad oltre cinque. Piultoslo piccolo è l’ottuso di lui capo, schiacciato
sulla fronte, ed incavato longitudinalmente nel inezzo: il grande squarcio délia bocca
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