vc n’ ha alcune opposte, altre alterne : cosi la fascia nera in parte costituisce una serie
di grandi macchie concatenate romboidali, in parte è flessuosa, o come suol dirsi
fatla a zigzag. Presso la fascia longitudinale del mezzo hawi di qua e di là una serie di
grandi macchie nere presso a poco romboidali o rotonde, collocate a rincontro dei seni
della intermedia. Nel tratto più prossimo al capo queste macchie dei lati del dorso con-
fluiscono in una fascia tutta nera, ehe va a congiungersi eon quella dei lati del capo
incipiente dietro gli occhi; le altre sono disgiunte, ma gl’intervalli ehe le separano
son più o meno sfumati di fosco. Lungo i fianchi, e appunto sul confine ehe divide le
squame dalle piastre, scorgesi un’altra serie di macchie più piçciole, presso a poco
triangolari, nerastre, alternanti con le or ora descritte, e percio opposte agli angoli
sporgenti della gran fascia del mezzo del dorso. Le macchiette di quest’ultima serie
spesso sono poco distinte, perché moite allargandosi irregolarmente si confondono con
quelle della serie vicina, ed allora domina sui fianchi una tinta nera uniforme, o in-
terrotta solo da poclii punti o lineole di color chiaro. La mascella inferiore e la gola
sono tinte in modo analogo al ventre; solo talvolta han colOri alquanto meno intensi.
Le piastre addominali sono d’un color d’acciajo più o meno tendente al nero o al nero
azzurro, con un sottil’orlo biancastro posteriormente. Alcune hanno l’estremità ehe tocca
i fianchi bianco-sudicia in tutto o in parte; dal ehe risulta sul confine dei fianchi una serie
di macchiette dell’ indicato colore chiaro, che per lo più stanno disposte a due a due.
In molti esemplari sonovi altri punti distinti bianco-sudici più o men numerosi sparsi
qua e là sul disco delle piastre, ma più frequenti verso i fianchi ehe verso il mezzo ;
e di tali punti ve n’ha parecchi anche sotto la gola. La coda superiormente, ha il fondo,
le strisce e le macchie del dorso, ma più confuse ; inferiormente è tinta in modo
conforme al ventre verso l’origine, ed è giallo-cedrina, o ranciata presso l ’apice: talvolta
è giallo l’intiero sotto-coda.
Vive questo rettile nelF Europa più boreale e in Siberia: trovasi nell’ Inghilterra,
nelle parti settentrionali della Francia, nella Germania, nella Svizzera, nella Lombardia
orientale, nello ex-stato Veneto, segnatamente nel Polesine di Rovigo e nel terri-
torio di Verona, e in quello di Mantova. Gl’Italiani lo chiamano Marasso. Non è a
nostra notizia ehe sia stato rinvenuto mai nelle provincie medie e meridionali d’Ita-
lia, nè in alcuna delle sue Isole. Nelle altre contrade in cui nasce sembra abitatore
dei boschi e perfino dei monti; nella nostra penisola s’incontra in terre basse e inon-
date, nelle valli, nelle risaje, sulle sponde dei canali, fra i giunchi, fra l’erbe palustri,
ed anche nell’acqua. Nuota con agilità grande. Terne il caldo, e solo di buon mattino
sespone ai raggi del sole estivo, ricoverando più tardi fra i cespugli o sotto l’ombra di
qualche. zolla. Al venir dell’autunno si trasporta in terreni asciutti, s’introduce finalmente
in qualche buca sotterranea, e quivi assiderato passa la stagion fredda. L’epoca
de suoi amori è il mese d’Aprile. Si nutre di ranocchi, di vermi, d’insetti, di piccioli
quadrupedu Non provocato s’awenta e morde chiunque gli passa dapresso. Quanto sia
pericoloso ben lo sanno per trista esperienza i poveri villici ehe frequentano a piè
nudi i prati e le risaje in cui fa soggiorno. Checchè si dica in contrario il Laurenti,
sembra certo ehe le conseguenze del morso non sieno men luttuose e men pronte di
quelle prodotte dal dente della Vipera comune delle officine: sulla quai cosa porte-
rebbe il pregio di tentare sperimenti comparativi.
P E L I A S CHERSEA
MARASSO ALPINO
PELiAS tamia dorsali fusca flexuoso-repanda : oantho rostrali obtusiuscülo : scuto verticali
hexagono longiore quant lato, occipitalibusque magnis regülaribus: cauda sextantali.
Scuta abdom. 124—i 5o. Scutell. subc. par. 28—4°*
coluber CHEnsBA? Linn. Act. Holm. Ann. 1749- XI.p.o55. tab. y'i.fig. 1. 2. Id. Syst. Nat. 1. p. 877. It.
Sean. p. 4 »3. Id. Faun. Suec.p. io 3. sp. a85. Laur. Spec. Med. p. 97. sp. a i4- Gmel. Syst.
Nat. I.p. 1091. Lacép. Quadr. Ov. II.p.^Q. Bonnat.inTabl.Enc. Ophiol.p.35.sp&2.tab.i0.fig.iO.
ANG.013 parvus rufescens aspino dictas ? IAnn. Faun. Suce. 1. ed. sp. 261.
^ ^ rv e nei prati sassosi dei monti dell’Abruzzo prossimi alla provincia d’Ascoli,
donde ci è stata inviata dal più volte lodato Signor Orsini. Tutto che presenti un’ aspet-
to, una statura e caratteri di forma e di coloramento diversi da quelli dei Pelias berusj
forse ci saremmo indotti a tenerla per varietà dei medesimo, ripensando alla somma va-
riabilità delle Vipere. Ci toglie ogni dubbio la circostanza dei trovarsi in regioni d’Italià
disgiunte affatto da quelle in cui abita il berus vero, e in condizioni di gran lunga dissimili.
Che corrisponda al Coluber chersea di Linneo ce lo fa credere sopra ogni altrâ cosa
la proporzione dei corpo corrispondente appunto a quella da Linneo indicata, poichè gli
altri caratteri notati dall’autore non sono talmente chiari da escludere qualunque dub-
biezza. Non ignoriamo che la specie Linneana è tuttora controversa fra gli erpetologi:
anzi per non parlare di coloro, che chiamando berus la Vipera aspis tennero per chersea
il berus* nè di quegli altri che tennero per chersea una varietà AelYaspis, scorgiamo chia-
ramente, che vi sono stati molti i quali conoscendo il berus sotto il suo vero nome e
volendo avéré ad ogni costo nelle loro opéré e nelle loro collezioni una chersea, hanno
applicato tal nome a qualche varietà accidentale dei berus medesimo. Anche gli autori
délia Svensk Zoologij allorchè descrivono sotto questo stesso nome una delle lor Vipere,
si mostrano inclinati a riguardare il loro animale corne varietà dei berus piuttosto che
corne specie distinta. Forse non sonosi imbattuti nella vera chersea di Linneo, che pure
avrebbe ad essere indigena délia Svezia, ed hanno applicato quel nome a qualche esem-
plare scolorato dei berus giovane : infatti la statura che assegnano è maggiore dei doppio
di quella che noto Linneo, e che noi troviamo appunto nel nostro rettile. Le due figure
che danno non sono tali da sciorre il nodo. Comunque siasi, e quand’ anche si riconosca
un giorno che sotto il nome chersea Linneo abbia descritto uno scherzo dei berusj spe-
riamo che non ci sarà ascritto a colpa l’aver adoperato per un rettile nuovo un nome
specifico, che più non avrebbe uso alcuno. Assai men probabile ci sembra il caso, che
venga a chiarirsi la chersea di Linneo corne specie diversa e dal berus e dal serpe nostro.
Se cosi fosse, è indubitato che converrebbe imporre altro nome a quest’ultimo, e
se a noi appartenesse ci gioverebbe chiamarlo Pelias Ursinii.