Compongono la Pipina due sole specie americane del genere Pipa delLaurenti, che
Wagler si piacque di mutare nel nome di Asterodactylus. Nel quai genere Pipa oltre
la mancanza della lingua notasi il corpo largo e molto depresso, il capo piatto e trian-
golare, il palato privo di denti egualmente che le mascelle, il timpano nascosto, gli
ocelli piecolissimi, marginali, niuna apparenza di parotidi, le anteriori dila elongate,
libéré, quadricuspidi, le posteriori largamente palmate fino all’ultimo apice, semplici
all’eslremità.
I generi poi della sotto famiglia Hyladina finora determinati ascendono al numero
di dieciotto, de’quali non ci accade parlare fuorchè dell’unico europeo Hyla3 di cui
poniamo in carta la descrizione. Svelto è di corporatùra; ha il capo trigono, ovato,
larghetto; il dorso convesso; gli occhi laterali ben proporzionati, e di rotonda pupilla;
il timpano cospicuo; la lingua pressochè circolare, aderente da ogni lato fuorchè al
margine posteriore, che suole essere leggermente inflesso all’indentro; due gruppi di
denti situati fralle narici; le trombe eustachiane mediocri; una piega glandulare piii
o men marcata al di sopra del timpano, e qualche piccola glandula aR’angolo della
bocca; gli arti lunghi, le tibie non più brevi de’femori, le dita delle palme intiera-
mente libere, quelle delle piante semipalinate, tutte perö terminate ugualmente da
un disco piano, convesso superiormente, larghissimo e molto depresso, il quarto dito di
esse piante più lungo del medio. La pelle è superiormente liscia, di sotto granellosa.
Notabile è questo genere per la gola del maschio capace a gonfiarsi come vescica.
Solile cotai Raganelle a sa lire e soggiornare negli alberi non lungi dalle acque,
e sulle piante palustri, hanno percio sotto le polpe lenticolari delle dita un certo or-
gano aspirante, onde formano il vuoto nel punto che toccano, ed abbondano di un
umor vischioso, per mezzo del quale si attaccano viemmeglio non solo ai ramoscelli
ma perfino alle foglie, giovandosi altresi di lor leggerezza, minore di quanta sen con-
cepirebbe dalla quantunque piccola mole, che alla bellezza de’ colori riunisce elegan-
tissime forme e piùelastiche di ogni altro Ranide. In quell’apricare sulle piante che
appunto godonsi nella bella stagione, saltellano di fronda in fronda per nutrirsi d’in-
setti, che facilmente ottengono col vibrar della lingua ; e nelle ore che il sole è più
caldo si nascondono sotto le ombre aderendo alla superficie inferiore delle foglie. L’in-
verno si tuffano sino al fondo delle acque, ove intorpidiscono fin che dura il freddo,
risvegliandosi al principio di primavera. Spendono allora i lunghi tiposi e i primi ca-
lori nella generazione, cui non danno opera se non il terzo anno di loro età, spie-
gando contemporaneamente la voce.
II nostro gruppo Hyla è ben diverso daft Hyla del Laurenti e del Daudin f Ca-
lamodyta dello Schneider e del Merrem), il quale abbracciava tutti que’ Ranidi che
son forniti del carnoso disco all'apice delle dita ; oltre percio gli Iladini comprendeva
ancora alcuni Bitfonini ossia Ranidi privi di denti. Corrisponde invece al genere che
il Wagler chiamo da principio HyaSj per fuggire probabilmente un nome proprio
mitologico, celebre pel compagno di Ercole, facile a produrre amfibologia, nome cuL'
poscia muto in DendrohyaSj quando s’accorse che la smania di migliorare avealo fatto
cadere in difetto assai più intolerabile, coH’avergli applicato quello di un insetto.
Distinto dal più ricco genere Auletris del medesimo Wagler per la sola ragione che
la gola del maschio è suscettibile di gonfiamento, questo genere considerate in tai
confini, forse troppo ristretti, è proprio dell’antico continente, e vanta quattro specie
appena.
HYLA VIRIDIS.
Unica Europea tra le ben conosciute è la specie di cui diarno la figura, Pana arborea
di Linneo, Hyla viridis del Laurenti, la quale pel suo mutar di colori puo da
superficiali osservatori esser considerata di più specie. Sappiam che il Bonelli volle sta-
bilirne una diversa, cui disse Hyla 'sardas sopra piccoli esemplari di Sardegna ; ma tra
quanti ne ottenemmo noi di colà niuna differenza vi abbiam rinvenuta colla nostra ;
onde sempre più ci persuadiamo della esattezza e della schietta dottrina del Cetti, il
quale in parlando del Ranocohio verde che guernisce bastevolmente in quell’isola le
fronde degli alberi, lo considéra identico alla Rana arborea, della quale parliarao. Sap-
piamo altresi che alcuni viaggiatori dicono vivere in Dalmazia una Hyla piu grande,
ma non ancora ci fù dato di possederla. Conobbesi la nostra da Varrone nei libri
della latina lingua: sunt Ranae scandentes arbores, et ex kis coaxantes: e da Plinio nel
trigesimo secondo al cap. vm, ove dice est Rana parva arborem scandens, et ex ea vo-
ciferans, alla quale concedea virtù diverse dalle altre Rane: distinta necessariamente da
quella ch’egli medesimo dice vivere negli arundineti e tra l’erbe, muta e capace di
enfiare il ventre agli animali che se ne cibino; ma non distinta, come noi crediamo,
da quella ehe Cicerone, traducendo Arato, adombro con altro nome nel verso: Et
matutinis A credüla vocibus instat. Sotto l ’appellazione di Rana dryophytes, ehe in greco
suona lo stesso di arborea significô questo Ranide nel libro de Palustribus quel Ron-
delezio stesso che già nel capitolo precedente avealo confuso con la Calamites, al-
tra specie di Ranide, di cui non ci accade qui di parlare: del quale errore l ’Aldro-
vandi non conoscendo la correzione si fè seguace, quantunque cercasse di enumerare
più spezie di Rane. Ma per non intrattenere soverchiamente il lettore in altrettali no-
tizie, che succinte posson vedersi nella sinonimia in capo dell’articolo, ci ristringiaino
ad esporre i suoi principali caratteri.
La nostra Hyla arborea misura col tronco un pollice e tre quarti appena di lun-
ghezza : le sue gambe anteriori sono di un pollice, le posteriori due e mezzo. Il capo
è breve, largo quanto il tronco, ristretto soltanto nel muso mediocremente attondato:
lo squarcio della bocca giunge fin sotto la metà del timpano ch’è grande quanto la metà
dell’orbita : gli occhi sono proluberanti con iride dorata: il tronco quasi conico, larghissimo
verso il capo, angusto posteriormente, convesso sul dorso, piano sotto il ventre
: brevicelli quanto grossi sono i piedi anteriori, liberissime le quattro lor dita ; i
posteriori all’incontro sono lunghissimi e molto sottili con le cinque dita semi-palmate
alla base. La pelle è perfettamenle liscia al di sopra, ma generalmente granellosa, anzi
regolarmente zigrinata al di sotto.
Il colore di questo leggiadro animaluzzo è di un verde molto allegro contornato
di una trina gialla a merletto nascente dagli occhi, prolungata sui fianchi, formante
un angolo sinuoso prima di giungere ai lombi, e terminante sull’esterno dell’estre-
me tibie posteriori: un’altra striscetta gialla gli orla il labbro superiore, e s’innollra
lungo i Jati esterni delle zampe anteriori: l’una e l’ai tra linea è marginata di scuro,
la quai tinta gli circonda gli occhi, e di là da’fianchi si cangia in un color di lacca
slavato: rosseggiano alquanto i piedi superiormente: la intera superficie inferiore del
corpo e delle zampe è di un bianco giallastro. Tutti quesd colori pero sogliono va-
riare grandemente, al che assai contribuisce raccoppiamento. Spossato che sia dalla
venere apparisce dapprima rossastro, quindi cenerino macchiato di rosso ehe ben
presto trapassa in torchino, e finalmente ritorna in verde tanto più viyo e giallastro
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