liberi filiformi, articolati, flessibili come le dita d’una mano, carnosetti, il primo de’quali
non s’uol eccedere i raggi pm lunghi della parte superiore; gli altri due decrescono di
grado in grado. Una striscia membranosa brevissima, piuttosto crassa connette questi
tre rag"i alla base. Le pinne ventrali hanno origine quasi immediatamente al di sotto
della base delle pettorali: la base loro è obliqua, e la loro lunghezza al solito è poco
minore di quella del primo dei raggi liberi delle pettorali. Hanno un raggio spinoso
semplice, e cinque o sei ramosi; il terzo e il quarto di questi Ultimi più lunghi dei
rimanenti. La pinna dorsale anteriore ha origine al disopra della metà della base delle
-ventrali, i suoi raggi sono in numero di nove circa, tutti spinosi, decrescenti verso la
parte posteriore; 1’ultimo brevissimo. La dorsale posteriore ha origine quasi immediatamente
dietro all’ anteriore ; è circa un terzo più bassa, e circa due volte più lunga, un
poco decrescente verso la parte posteriore, composta di raggi tutti articolati, i due primi
semplici, gli altri ramosi: il lor numero varia da i 5 a 19, e il primo è sempre inferiore
al secondo in altezza. L’ anale incomincia subito dopo l’ ano, alquanto più indietro del-
T origine della dorsale posteriore, e termina al di sotto del termine di quella. Ha la
forma della delta dorsale posteriore,ma è più bassa ed è composta di i 5 o 18 raggi tutti
articolati, il primo semplice, gli altri ramosi. Lo spazio priva di pinne anteriore alla radiée
della caudale corrisponde presso a poco alla décima parte della lunghezza totale
del pescé. La caudale è triangolare col margine terminale tagliato a mezza luna. Undici
raggi tutti ramosi giungono lino al detto margine terminale, ed hawene inoltre quat-
-tro o cinque più hrevi tanto di sopra quanto di sotto. Tutto il tratto del .colmo del
dorso occupato dalle due pinne ha un solco longitudinale prafondo e largo, dentro il
quale chiudendosi vanno a collocarsûiilor raggi. Di qua e di là dal solco ew i una serie
d’ ossicini eretti spinosi, o crestuti, in numero corrispondente presso a poca a quello
dei raggi ehe sostengono le due pinne, dorsali. Le scaglie- ehe cuoprono il tronco sono
quasi sempre picciolissime e poco aderenti, talora intiere nel margine. anteriore, piu
spesso dentellate 0 cigliose. Non ve n’ hapunto sulla gola, sul petto, nè alla base delle
pinne, eccettuata la caudale. La linea laterale corre parallela al contorno superiore del
dorso, ed è formata di- scaglie alcune volte poco dissimili da quelle di tutto il corpo,
ma rilevate nel.mezzo: altre volte si compone di scaglie catenate, crestute, o aculeate.
Al termine del tronco essa si biforca, e i suoi due rami continuano a sçorrere Bella di-
rezione delle estremità della coda. Aile condizioni fin qui enumerate parecchie specie
aggiungono un gran numéro di pieghe parallele, che partendo dalla linea laterale ad
angolo retto, corrono verso il dorso e verso l ’ addome, talchè tutto il tronco rimane
striato verticalmente sui fianchi.
Il color del dorso, del capo, delle pinne dorsali e della caudale in tutte le Triglae è
un rôsso tendente alla tinta del minio, più o meno lurido, o vivace, o dilavato. Quello
.delle parti inferiori quasi sempre è un bianco latteo opaco, ehe verso i fianchi si cangia
in perlato lucente. Le iridi sono d’ un giallo dorato assai pallido; le pupille nere o ner
rastre.
1,1 ventricolo di questi Pesci è un sacco rigonfio co’ due orifizj più o men vicini fra
loro, e con moite appendici cieche. Tutti hanno il notatojo. Il numero delle loro vertèbre,
la forma e la disposizione di molti visceri varia non poeô da specie a specie.
Si cibano d’altri Pesci, di Molluschi e di CrostaceL Guizzano con grandissima célérité,
lanciandosi tratto tratto fuori dell’ acqua. È opinione comune ehe nel bujo rilucano;
ma questo effetto si deve probabilmente agi’ innumerevoli animaluzzi che vivono
alla superficie del mare, e che sbattuti da quei salti impetuosi tramandano all’is tan te uno
splendore fosforico. Quindi i nomi di Lucerne Lanterna e F anale attribuiti dai pesca-
tori a varj de nostri Caponi. Estralti appena dall’ acqua fanno sentire un certo grugnito
che fino da’ tempi più antichi è stato paragonato al suono d’ una lira o al canto del
Cuccù : anche oggi in più luoghi piace al volgo riconoscere in esso la voce d’un Organo,
Con le paranze se ne fa la pesca in distanza dal lido, e più vicino a terra con le scia-
biche. I più grossi si prendono pure con gli ami La lor carne è bianca, saporita, ma
dura e filamentosa, e perciô gode d’ un pregio mediocre.
I nostri mari alimentano otto specie di Triglae., tutte o quasi tutte comuni agli altri
mari dell’ Europa, e generalmente parlando fra loro distintissime. In moite parti d’ Italia
il volgo le chiama Caponi o Pesci caponi, senza dubbio per ragione della mole e della
durezza del capo: nè il nome Triglia derivato dal Greco T/JtyXvj vien mai distratto dal-
l ’antico significato, ma s’applica unicamente ai Mulli dei Romani antichi e degl’Ittiologi.
Due sole Triglae, o Pesci Caponi che dir si vogliano, riferi il Belon ; ma le descrisse
imperfettamente e ne effigio una sola. Salviani pure ne diede due, accompagnate da
buone tavole. Rondelet fu quello che le conobbe meglio e in maggior numéro : infatti
ne riferi sei, e le illustré con figure se non eccellenti, tali almeno da potersi riconoscere.
Fu gran danno per la scienza che Artedi non avesse chiara notizia delle varie
specie che enumero, perché conoscendole meglio non le avrebbe aggregate, come fece,
ad altri Pesci di struttura diversa affatto, e non avrebbe riferi to sul conlo loro tante cita-
zioni discordi. Linneo, il quale per lo meno deve aver veduto quella che inseri nella
Fauna Suecica e le altre che registré nei cataloghi dei Musei, pur ne diede descrizioni
difettose; e quanto aile rimanenti si contenté di confermare secondo il solito quello
che trovava scritto da Artedi o poco vi aggiunse. Gmelin interpretando a suo modo
le cose di Linneo applicé descrizioni nuove ed altri sinonimi, spesso erronei, ai nomi da
lui stabiliti. Accrebbero il viluppo altri Ittiologi posteriori col dar fuori sotto i nomi
Linneani specie non riferite da Linneo, e sopracaricando intanto di nomi nuovi quelle
da lui divulgate. Giacerebbe tuttora nell’ oscurità più profonda la storia delle Triglae
Europee, se non avesse preso a trattarne il Cuvier con quella sua magistrale chiarezza,
d ie tanto poco lascia da deciferare a chi intraprende a scrivere dopo di lui della stessa
materia. Forse quel sommo scienziato non fu al tutto felice nell’ allegare alcuni sinonimi
e nello scegliere le appellazioni specifiche delle Triglae d’Europa: anzi sembra che
la difficoltà di far concordare tanti nomi adoperati prima di lui con significati diversi
lo facesse risolvere ad appoggiarsi principalmente alla nomenclatura Francese. Applicé
poi ad ogni specie un’ appellazione latina quai che si fosse, anche quando era tanto
lontano dall’ approvarla, che s’ induceva a fame da se stesso la critica, e giunse per-
fino a ripetere in più d’ un luogo un medesimo nome Linneano originalmente. Ma a
noi sembra che quelle leggi, che governano il capital punto della nomenclatura siste-
matica non debbano giammai porsi da canto come cosa superflua o importuna; e quindi
nel parlare delle Triglae nostrali ci avverrà di dilungarci qualche poco dalle tracce del
Cuvier su questo particolare. Riterremo solo i nomi Linneani più certi, rigetteremo i so-
verchiamente dubbiosi; ma sopratutto ci asterremo dall’impiegar questi ultimi in un
senso opposto a quello che esprinjono aperlamente le parole del naturalista Svedese.
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