imota a poca p rofonde dal quale costume si ripete ancora la sua paura de’tuom, e
la maggiore mortalité a cui va soggetlo nell’inverno. Si passino le altre meraviglie che
Ninfiodoro, Oppiano, ed Eliano stesso fra’ Greci narrano di questo prezioso abitatore
delle acque; e rammentiamo soltanto che tutti i caratteri del Labrax de Greci si rin-
coutrano H Lupus dei Latini, sul quale molto ebbe a discorrere l’antica ghiottoneria.
Ove dunque i primi nominarono g pesce dalla célérité del suo moto, i secondi lo chia-
marono dalla sua nota voracité. Il quai nome di Lupus si fe Lupo in Ispagna; corne
nella Francia méridionale in grazia della stessa lingua romanza si volse in Loup, quango
nelle prôvincie del Nord dicesi Bar: e mentre per uso volgare nato dal peggiora-
tivo LupàcciOj o dal diminutive Lupacâolo, si conôsce per Lubas, Lovasso e simili nella
Li»uria e in alcune altre parti d'Italia. I Venetl perô lo dicono Brancin, Faroià, e
quando è giovine e macchiato Baicolo; Farolo esclusivamente i Marcheggiani. A Napoli
chiamasi Spinola; in Sicilia Spinula o Spinola; in Malta Spimito; in Toscana il Bagno.
Mentre perô altrove si conserva un qualche suëno del greco o del latino; ;nel de-
nominar questo pesce, dalla moderna Roma gli viene assai tramutato il nome in quello
di Spigolaj carissimo a quanti si piacciono di soddisfere al palato ; nome di cui 1 uso è
tanto esclusivo di ogni altro, cbe se ad un forastiere dimandar piaceSse del Labrace,
del Lupo o del Bagno, niuno il comprenderebbe de’pescivendoli, e molti lo accompa-
gnerebbero con le risa. Se perô di codesto Vùcabolô Spigola volesse alcuno indagare
l ’origine; vegga se puô esser prodotto dal romanesco sncoldre p ibicolare, cioè sfuggi-
re, e delùdere con una fuga inaspettata le insidie; e ponderi quella propriété di esso pe-
scè ricordata dagli antichi e da’moderni, l ’esser cioè molto scaltrito ed astuto per cam-
pare dalle reti, oltre l’essere veloce e fuggiasco siccome abbiam veduto di sopra. Al
quai proposito gradiremmo che meglio s’intendesse un luogo de’frammenti dell’Alieu-
tico di Ovidio, che dice
Clausus rete Lupus, quamvis immanis et acer,
Dimotis cauda submissus sidit arenis;
Atque ubi jam transire plagas persentit, in auras
Emicat, at que dolos saltu deludit inultus.
Ove, non già corne vuole il Cuvier al seguito di altri Naturalisé, e dello stesso Paolo
Giovio che scriveva in Roma e alla mensa del Papa, non si dovrà, dico, interp're-
tare che il pesce incappato nella rete fori la sabbia con la coda, e vi penetri uscendo
dalle maglie col fare un cono di se stesso con la parte più sottile del corpo; ma piutto-
sto che facendo esso quasi una mestola della sua coda si tiri addosso 1’arena e la mel-
ma, sôtto la quale appiattato per celare il bel colore d’argento, allora soltanto che si
tragge all’aperto spicca repentinamente un salto fuori della rete, e brillando si rituffa
nelle acque. Della quale interpretazione cbi dubitasse legga di grazia il capo secondo
del trentaduesimo libro di Plinio, e vedrà chiaramente detto, ma non bene osservato
fin ora, Lupum rete circumdatum arenas arare cauda3 atcjue ita condituni transire rete /
quando quell’altra astuzia di scampare per la coda sforzando non le maglie della rete
ma i vimini delle nasse o bertovelle, si adopera dallo Searo : Scarum inclusüm nassis
non f rente erumperej nec infestis viminibüs caput insérer e, sed caudcie ictibus crebris
laxare foresj atque ita retrorsum erumpere. Quando pero il nostro Lupo si rimane
p ic c a to a g li am i, allo ra co n vio len to moto d ila ta si fa ttam e n te la p iag a , che n e fa Uscire
l ’u n c in o , e d e v a d e :
............... . . . quassatque caput, dum vulnere saevus
Laxato cadat bamus, et ora patentia linquat.
(Ovid, V. e.)
Che se l ’astuto fuggire del Labrax gli merito da’ pescatori romani il nome di Spigofaj
0 Svigolc\j niente altro forse gli avrà acquistato in Toscana quello di Ragno che abbiamo
detto di sopra, se pure non vogliam dire, che siccome conobbesi, al dire di Plinio, una
specie di Ragni col nome di Lupi, fosse cosi avvenuto lo scàmbio tra l’insetto ed il
pçsce, cosa da non recar meraviglia in quelli paesi che la lingua ricevono dal volgo.
Ora, non essendo più dubbio alcuno sull’identità del Lupo_, Lovasso, Ragno, o Spigola
col Labrax dei Greci ( Perça Labrax,\L. ) ben giustamente il Cuvier alzo la voce
contro il nordico Pallas ehe onorö di tal nome un pesce totalmente diverso del mare
del Kamschatka: é siccome esso Cuvier fe’ divenir suggenerico il nome specifico Labrax,
cosi ottimamente scelse a denotär la specie quello di Lupus riunendo le due lingue
più dotte .deU’antichità: Labrax perô per noi, come abbiamo notato nell’articolo
della Perça fiuviaülis, è un genere di Percini affinissimo alla Perça, ma distintone
per non dubbii caratteri.
Il corpo è più allungato, meno alto gibboso e compresso di quello cbe non suol
essere nelle vere Perche, vestito di scaglie mediocremente grandi e aderenti con tutta
tenacità. La bocca è grandissima, giungendo la sua fessura al terzo del capo: le ma-
scelle sono un poco disuguali, giaccbè 1’inferiore sporge alcun che di là della superio-
re, cbe perô è alquanto esertile: le labbra sono semplici ma carnosette. Il mascellare
angusto nella parte superiore si slarga all’apice ove è conformato a cuneo tronco, I denti
sono a scardasso ma validi e acuti, disposti in una zona che va ristringendosi all’in-
dietro sopra l’intermascellare, in altra fascia a cavalletto sull’apice del vomere, e lungo
ciascun dei palatini ehe sono corti : il palato è fornito di membrana trasversa ma pic-
cola e stretta: la lingua in tutto simile a quella delle Perche, distinta pero eminen-
temente per avéré denti finissimi disposti in una ovale allungata sopra la sua base, con-
un’ altra aggregazioncella sopra ciascuno dei suoi lati, e per essere aspra eziandio sulla
punta. Grandemente fessa è l ’apertura branchiale coi sette raggi della sua membrana
arcuati, il più elevato dei quali è più largo degli altri. Numerosi pori destinati alla se-
çrezione del muco foracchiano il contorno delle narici: ambo i fori di ciascuna sono
rotondi e presso cbe uguali, posti in molta vicinanza fra loro sopra il margine frontale
del primo sottorbitale, il quale è grande, piuttosto liscio, triangolare e integro sui
margini: esteso e dentellato è il preopercolo: la gota tutta squamosa, come è pure tutto
l ’opercolo, non meno cbe il subopercolo e l’interopercolo, che non hanno nè dentelli
nè spine. La linea laterale un poco superiore è quasi retta. L’ano puô dirsi situato alla
metà circa del corpo. Le Otto pinne non sono del tutto sfornite di scaglie, essendone
coperte alla base non solo la caudale ma anche le pettorali; mancano perô di scaglie
ascellari. Le due dorsali sono contiguë e non molto disuguali; 1’anteriore ha origine
molto indietro alla perpendicolare che cade sul termine dell’opercolo: spinosi sono tutti
1 suoi raggi: la seconda è di questa più breve ma perô più alta, ed ha i raggi ramosi,
eccettuato il primo: le ventrali nascenti sotto le pettorali e assai più innanzi della pinna
dorsale anteriore, del resto come le altre pinne, somigliano a quelle del genere Perça.