La parte superiore del corpo si vede tinta di un carnicino trasparente punteggiato
di nero, disponendosi le punteggiature a fascetti sopra ciascuna scaglia: l’ opercolo e
il di sopra del capo similmente son punteggiati. Due o tre sérié longitudinali di scaglie
su i fianchi brillano di lucentissimo argento. Tra il color carneo del dorso e l’argenteo
dei fianchi si yede a breve intervallo qualche cangianza di turchinastro. Al di sotto
della fascia argentea e sul ventre campeggia il bianco rossastro con pochi riflessi ar-
gentei. Le pinne sono tutte diafane. La pupilla dell’ occhio turchinastra tende al nero :
l ’ iride è bianchissima.
Tutti i rnari del globo (aggiungansi alcuni laghi italiani, come si vedrà nell’ arti-
colo dell’ Atherina lacustris) pullulano di quesli pescetti, ed in alcuni ve n’ ha di sover-
chio. A Venezia per esempio ove li dicono Anguele e li gridano per ogni contrada ser-
vono in cibo de’ gatti: tanto è il dispregio cbe nasce dalla gran copia, quantunque siano
buonissimi a mangiare. Altrove, saziatine gli uomini e gli animali, gittansi perfino ad
ingrassare la terra. Graziosi sono i nomi cbe godono in alcune spiagge Francesi, di Pretij
e Abbatozzi per quel simulacro di stola argentea che scende loro sui fianchi. In Sicilia
godono indistintamente i nomi di Coronedcij Curunedda o Corinella aggiuntevi all’ uopo
le parole marzoja_, di sciume^ lattarinaj secondo le diverse specie. Ldvoni li dicono i Na-
poletani: Segreti i Sardi: Cheunerij Pascaltej Occioni i Genovesi: i Marchegiani Acqua-
delli: i Triestini Garai ; quei dell’ Istria Agonà. Non sapendo con sicurezza corne li
chiamino i Toscani crediamo che ad essi si riferischino i nomi di Lattaja e Pesee latte
che meglio non sapremmo ad altri applicare. Da per tutto si pescano con le reti durante
l’ inverno. Si riuniscono a grandi caterve, partoriscono uova più grosse che le
comporti la diminutiva loro statura, malgrado la quale per la bontà della carne sono
assai ricercati per cibo, e più grati giungono sul desco in primavera quando i maschj
son pieni di Jatte e le femmine d’ uova. La figliuolanza resta per lungo tempo radu-
nata in masse strette e compatte d’ innumerevoli individui, che pescati usan friggere,
ovvero lessare nel latte. I quali delieatissimi pescetti che in molti luoghi diconsi non-
iiati furono origine di molti equivoci di naturalisti, che specie e generi ne han fabbri-
cato, e cio ch’ è peggio, v i aggiunsero anche la figliuolanza di altri diversissimi pesci.
Si conoscono ne’ libri antichi di Storia naturale le diverse generazioni di Aphioe o
Apuoej come altri dicono, confuse ancora con Y Hepsetus. Nè si puo dubitare nella con-
cordia degli scrittori greci ch’ eglino intendessero indistintamente per Aipvj o que-
sti e qualunque minutissimi pescetti appena usciti daU’ uovo, ammucchiati ancora tra
congeneri ed altri, nè pur anco divisi dal vischio della generazione: cibo vile e di sem-
plice cottura che non ainmette sorta di condimento, ed opportuno appena a mescolarsi
nel garum. Di mano in mano che progredi la scienza zoologica venne ad analizzare
per cosi dire la filologia degli antichi, e bandita la favola, nella quale con meraviglia
veggiamo assonnato anco il Gesnero, che YAphia vera nascesse dalla spuma del mare
come Fenere Afroditef furono distinte le Aphioe o Apuoe in Phalericaj in Membrade_,
in Cobitej in Encrasichola secondo che si crederono partorite da diversi pesci, le quali
enumera e descrive l ’Aldrovandi, che un breve capitolo soggiunge de caeteris A puis
nominandovi quelle de’ Mugginij delle Trigliej delle Mendole ed altre.
11 volgo di Roma, il quale per suo naturale idiotismo suol congiungere l ’articolo
col nome che in altri casi disgiunge con pari facilita, compose dell’ antica Atherina
( ignota ai glossarii latini) il vocabolo Latterino col quale chiama indistintamente i nostri
pescetti, come dice eziandio Latterini tutte le altre minutissime specie ehe trovansi
frammiste ed anco talor separate, non altrimenti che chiama Latterini le persone deboli,
imbecilli, e quasi da niente. Anche i Toscani, facondi autori de’vocaboïi, non sapendo
corne, distinguere le tanto diverse ma pur somiglianli generazioni di queste congreghe
di pescetti da nulla, indistintamente li chiamano Amolli dall’Arno in cui nascono o
imboccano.
11 Latterino vero pero de’ Romani, cui per la tenerezza lattea si conviene benissimo
tal nome, essendo la Atherina de’ Greci antichi, Alherno dei inoderni, poco a noi rileva
se gli venisse da AOzp, col quale questi dissero tanto le ariste o spine della spica quanto
la stessa spica derelitta sul campo da’mietitori, in che si rinverrebbero e la nota dislin-
tiva del disprezzo in cui tiensi, e delle spine ehe gli compenelrano la piccola poJpa,
ovvero da «crap ehe significa piccole.zza, e quasi nullità di cosa. Quanto all’ aggiunlo di
hepsetus dato da Linneo d’ appresso Rondelezio, ehe forse ebbe principalmente in vista
V.tyw de’ Greci, cuoeerej gli si conviene per eccellenza, essendochè per la sua picco-
lezza e tenerezza il Latterino cuoce più presto di ogni altro pesce, onde l ’antico pro-
verbio che vidisse oleum satis est.
Quantunque due delle tre specie marine, senza parlare della nostra nuova lacustris
fossero state effigiate e denominate dal Rondelezio, pure gli autori successivi o non
vedendole o non sapendo distinguer! e, le passarono sotto silenzio. Assorbille cosi YAthe-
rina hepsetus di Linneo, il quale sotto quel titolo racchiuse i due nomi e le due specie
del Rondelezio non che tutte le altre di Europa. Il Delaroche colla scoria dei Pes-
catori d’ Iviça ritrovo le due specie Rondeleziane e ve ne aggiunse una terza: egli pero
come fece per i Muggini non le valuto ehe per semplici varietà. 11 Risso cui devesi il
vanto di aver saputo apprezzar Rondelezio e studiare profondamente il suo libro, fece
risorgere le due specie del medesirno alla moderna nomenclatura, quantunque non lo
citasse in questa occasione. Al Cuvier per altro si rimaneva la gloria di far distinguere
solidamente le tre Atherinae mediterranee accennate già dal Delaroche, e di aggiun-
gerne un’altra propria dell’ Oceano, ove non si rinvengono le nostre.
La sola figura meritevole di esser citata del maggiore e primo nostro Latterino
( Atherina hepsetusj Cuv. ) innanzi che apparisse la recentissima del Signor Valenciennes,
pubblicata dopo la nostra e giuntaci ora soltanto, erasi quella del Duhamel. I pro-
fili tanto del dorso che del ventre sono leggermente convessi. La maggior altezza cade
al terzo anteriore del pesce, nella cui lunghezza è compresa sei volte e mezzo: la
grossezza poi misura due terzi dell’ altezza. La parte assottigliata del tronco, alla un
terzo del corpo, giunge appena alla settima parte dell’ animale. Il capo è lungo poco
meno di un sesto del pesce. Il diametro dell’ occhio è compreso più di tre volte nella
lunghezza del capo; ed uguaglia tanto la distanza dell’ orbita dalla punta del muso,
quanto lo spazio tra un occhio e l ’ altro. La prima dorsale comincia quasi alla meta
del pesce, esclusa la caudale: nove sono i raggi che la compongono; dal primo di essi
che è il più alto van gli altri gradatamente diminuendo di altezza in modo che 1’ultimo
giunge appena a misurare un terzo del primo, che uguaglia l’altezza del capo: la
base di questa pinna è due terzi dell’altezza del primo suo raggio. La seconda dorsale
costituita da undici raggi molli, scende alcun poco in addietro, essendo gli anteriori i
più alti, ma non quanto nella prima dorsale ; dista dalla prima due terzi della lunghezza
del capo, e si estende quanta è l ’altezza dei primi raggi dell'altra. Le pettorali
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