I Plectognathi che formano la terza sezione di tal nostro sistema non vantano ne’
mari d’ Italia pesci che abitualmente ci vivano, eccettuati alcuni spettanti alia famiglia
delle Mole ossia degli Orthragoriscidi, ed a quella dei Balistidi. Tuttavolta ne appajono
accidental mente stranissime specie, e forse ne potranno apparire altre col tempo, sia che
sorgano dall’ imo fondo del pelago, sia che seguano da lontanissime acque le navi. Certo
si è che essendo comparso questo singolar Tetraodontino nel mare di Genova, mentre ci
porge l ’occasione di arricchirne la nostra Fauna, giustifica al tempo stesso la possibiltà
che si mostrassero ugualmente nel Mediterraneo il Tetraodon hispidusj L. ed il Diodon
echinusj Rafinesque, compresi da quest’ultimo nell’Indice d’Ittiologia siciliana sotto i no-
mi volgari di Meringianu e Pesce rizzu, non meno che i registrati dal Risso e tanto disputât!
Ostracion nasus, Risso, ( cubicus della prima sua edizione) e Ostracion trigonuSj L.
Carattere principale della singolarissima sezione dei Plectognathi sono le ossa ma-
scellari saldate con le intermascellari, e queste e quelle riunite all’ arco palatino. Lo
scheletro loro è fibroso-cartilagineo : gli opercoli latenti sotto la cute non lasciano che
una piccola fissura branchiale di qua e di là. Comprende questa sezione due Ordini
cioè il quarto e il quinto de’ Pesci, ossia gli Sclerodermi e i Gymnodonti. I priir ’ costi-
tuiscono una famiglia sola chiamata Balistidi, che hanno denti separati e distinti, e ri-
partisconsi nella sottofamiglia dei compressi e squamosi Balistini, e nell’altra dei poliedri
e loricati Oslraciontini. I Gymnodonti poi, che invece di denti hanno un hecco laminoso
corneo, si ripartono in due famiglie, cioè nei Tetraodontidi dal corpo enfiabile, piii o
meno spinoso, e negli Orthragoriscidi di corpo nè enfiabile nè spinoso. Si quella come
questa famiglia in due sottofamiglie si scindono. Gli Orthragoriscini di scheletro total-
men te cartilaginoso, colle pinne coperte da una cute simile a quella del corpo, e i Mo-
lini di scheletro quasi osseo colle pinne coperte da una cute diversa, compongono la seconda.
I Diodonlini armati di lunghi aculei, con ambedue le mascelle continue ed in-
tiere, ed i Tetraodontini muniti di brevi aculei, con la mascella almeno bipartita e den-
tellata, formano la prima.
La sottofamiglia dei Tetraodontini composta finora dei soli generi Tetraodon e Trio-
don, pué contarne oggidi fino a sei, se a tal grado si elevino i cinque sottogeneri, nei
quali recentissimamente sulle tracce del Cuvier viene il primo ripartito dallo Swainsori,
che pone il Triodon fra i Diodontini. Duolci che l’opéra Ittiologica dell’ esimio natura-
lista Inglese, degna della celebrità da lui già acquistata nel trattare di altre Classi di
Ànimali, ci giungesse troppo tardi per profittarne pria d’ora; e duolci altresi ch’ egli non
vedesse punto di questa Fauna, che non direm luce, ma notizie si certo gli avria som-
ministrato ai lavori suoi ; nè ci spiace meno che nell’ abituale sua campestre solitudine
ignorasse i nostri ultimi opuscoli sistematici, imperfetti natural mente assai meno di quel
primo che pubblicammo son già dieci anni, e ch’ egli onora della ristampa. I sei generi
prenunciati sono: i. Tetraodon, L. breve di capo, coperto di spine, qual’ è il lineatus di
Rloch. — 2. Leiosomus, Sw. breve di capo, privo di spine, qual’ c il laevissimus di Schneider.
— 3, Lagocephalus, Sw. liscio il dorso, spinoso il ventre, quai è il T. lagocephalus
di Linneo. — 4* Cirrisomus, Sw. coi lati del corpo ricciuti, quai è lo Sprengleri di
Rloch :p— 5. Psilonotus, Sw. prolungato e stretto di muso, col dorso carenato e il ventre
spinoso, quai’ è il rostratus dello stesso Bloch : — 6. Triodon, Cu.v. unico della sottofamiglia
che abbia la mandibola integra, e più di tutti dilatabile il ventre; genere che
riguardo ai denti puô dirsi intermedio allé due famiglie, mentre la brevità delle spine
lo assegna alla prima. Suo tipo e sola specie è il Triodon bursariusj^&irm&xd, del Mare
indico, di cui veder puossi l ’intéressante figura sotto il nome di T. macropterus, Lesson,
nella tavola quarta dei Pesci del Viaggio di Duperrey.
Al terzo dei mentovati sei generi appartiene il soggetto di cui trattiamo. Fu certa-
mente compreso nel Tetraodon lagocephdlus di Linneo, il quale, come evidentemente
rilevasi dal System a naturae ove cita l ’Artedi, lo desumeva dalF Orbis lagocephalus degli
antichi autori. 1 più recenti perô applicàrono questo nome di lagocephalus ad un altro
Tetraodontino cui lo aveva effigiandolo sancito il Bloch, ben diverso dal nostro, si pei
colori, essendo fasciato di giallo e nero, come per la forma e disposizione degli aculei
di base non quadrifida ma trifida soltanto. 11 primo fra’moderni che facesse conoscere
la nostra specie fu il Pennant, il quale Yedendola diversa dal falso lagocephalus descris-
sela assai bene, ed assai bene la figuré sotto il nome di laevigatus : poscia il Donovan,
persuaso forse dal Bloch che non potea riferirsi al laevigatus di Linneo, là figuré an-
ch’ esso sotto il nome di stellatus senza avvedersi che già con quell’ epiteto si distingueva
un diverso Telraodonte delle Indie. Quantunque tal nome stellatus3 invece di stellaris
impostogli dal Lacépède, trovisi presso il solo Schneider (che senza ragione alcuna con-
siderava il pesce una varietà del suo lagocephalus) e potria pur credersi un errore di
stampa, tuttavia in vista del nome cosi affine, e dell’ equivoco che facilmente pué rin-
novarsi, deve essere onninamente tolto alia nostra specie, massime dopo che lo Swain-
son adotté quel di lei nome di stellatus per il Lagocephalus figurato dal Bloch. Lasciando
noi tutto il merito della distinzione al lodato Donovan, cui seguirono universalmente
g l’Inglesi fino alio stesso Jenyns, adottiamo con tanto minore esitazione il nome di Tetraodon
Pennanti^ impostogli dall’Yarrell per rimediare all’ enunciata irregolarità, in quanto
che il Linneano nome specifico di lagocephalus è divenuto generico. In tanta confusione
ed oscurità il Marchese Carlo Durazzo non sapendo alluogarlo nella specie suddetta di-
stinguevalo col nome di bicolor j e lo caratterizzava cosi bene, che prescindendo dal so-
verchio nome contribui moltissimo alio sviluppo che abbiam qui fatto delle antecedenti
aberrazioni.
Unico esemplare, che per quanto sappiamo ne apparisse nel Mediterraneo, è appunto
quello che fu mostrato al Durazzo, malconcio peré, consunto, e appena vivo. Tre soli
altri esempj in tutta Europa se n’ ebbero nelle acque di Cornovaglia. Percié in cosi
grande rarità non potendo noi rintracciarne la vera pa tria, che solo arguiamo poter essere
nei mari orientali, ne’quali abbondano i Tetraodontidi, passiamo tosto a descriverlo.
La sua forma generale allorchè trovasi nello stato ordinario è di una ellissi cui man-
chi la curva superiore, essendo quasi retto il profilo del dorso. La sua lunghezza è quasi
quadrupla dell’ altezza ; ma quando gonfiasi, come spesso e volentieri si piace, l ’addo-
me si dilata cosi fattamente, che in un esemplare grande al par del nostro, lungo cioè
un piede e mezzo, la pancia sovrabbondava per più di un piede oltre lo stato naturale,
formando l’intero pesce una circonferenza di due piedi e mezzo. II capo occupa la quarta
parte della lunghezza. L’occbio siede nel suo mezzo distando tre diametri cosi dalla
punta del muso come dalle aperture branchiali, e quasi due dal profilo superiore. I fori
delle narici contigui fra loro s’aprono superiormeute poco più distanti dall’ occhio che
dal muso. La bocca squarciasi per due volte l’occhio, alquanto più dell’ apertura branchiale,
ed ha le mascelle ugualmente sporgenti. I piccoli opercoli e i cinque raggi bran-
chiostegi sono profondamente nascosti sotto la cute. La sostanza eburnea che circonda