cino alle spiaggie. Se con gli esposti costumi yolesse alcuno giustificare certe denomi-
nazioni soltanto volgari e generatrici di confusione per l’identità de’ medesimi in al-
tri pesci, non perö affatto erronee, di L u p o cioè dalla voracità, di P o r c o dal pia-
cere d’ imbrattarsi, di A s e llo dalla poltroneria ( Onisco di Aristotile ) etc. applicate allo
Storione, chi s à che non isvanissero tante anomalie, e meglio si ravvisassero Ie idee
degli antichi riguardo a si famoso abitatore delle acque. Vogliono alcuni che sienyi
Storioni ermafroditi; ma noi non sappiamo fomentare, nè bandire il sospetto altrui.
Benchè perö abbiano moltissima somiglianza co’ Selacei, depongono essi Ie uova, e in
tal numero, che talvolta se ne contarono dacuriosi fino a trecentomila, se yogliasi pre-
star fede a chi lo narra: ma certo si è che numerosissime hanno Ie ovaje, e quindi
non è calcolabile la riproduzione loro. Nè a ciö yogliasi opporre la rarità, perché scar-
seggiano dove sono awentizj, ma nelle proprie lor sedi compongono popolazioni senza
numero, e quivi le prede sono straricche di maniera che in un sol punto a Saliana
sopra il Kour tra Ie genti che adorano i fuochi perpetui, si racconta che 1’ appaltatore
della pesca ne prenda fino a ventimila in un giorno e guadagni mezzo milione, onde
1’ acqua più che il fuoco saria men brutto che si adorasse da quelle. La maggior parte
delle specie (non perö Ie Americane) hanno la carne buona, ma tra tutte porta il vanto
X A c ip e n s e r ru th en u s , il famoso Streletto, pretiosus E lo p s di Ovidio, il quale appena
incappa la prima volta della stagione nei pescatori del mar Nero vola al desco del
potentissimo Czar con la celerità dei più rapidi Cosacchi anelanti al generoso regalo
di Pietroburgo. Delle uova loro s’ impasta il Caviale, e quello dello Streletto è riser-
vato alla corte rutena. Dal notatojo, segnatamente dell’ J c ip e n s e r hu so perciö detto
l c t io c o l la , si estrae la colla di Pesce tanto impiegata nelle arti.
Per quel che riguarda la suddivisione del genere lascieremo da banda gli studj
poco felici del Rafinesque, e quelli di altri autori più o meno lontani dalla perfezione,
parendoci miglior consiglio lo attenerci alia monografia del soprallodato Fitzinger nostro
principal duca e maestro in questo articolo. Perciö ne consideriamo sei sottoge-
neri, cioè L e on iscu s , A c ip e n s e r , H e lo p s , An ta ceu Sj Stur iOj H u s o , a quali appartengo-
no diciassette specie; undici dell’ antico continente (sei delle quali vivono nel Danu-
bio) e sei del nuovo. I tre primi, L e o n i s c u s A c ip e n s e r , H e lo p s , hanno gli scudi unci-
nati del dorso pendenti soltanto allo innanzi a guisa di acuta tettoja col punto culminante
al di dietro. 1 tre altri sottogeneri poi A n ta c eu s , S tu r io , H u s o , hanno gli
scudi a doppia tettoja, cioè declivi all*innanzi e all’ indietro col punto culminante sul
mezzo. 11 primo ( Leon iscu s ) il quale non ha che una sola specie, mostra la cute co-
perta solo da piccole scaglie ossee pettiniformi, e Ie barbette sfrangiate: distinguesi poi
da tutti per 1* inferior labro che gli corre uguale dall’ uno all’ altro angolo della boer
ca, e che negli altri unicamente consiste in un bordo di qua e di là interrotto nel
mezzo. II secondo ( A c ip en s e r ) di sei specie, oltre avéré, a differenza del primo, il
labro inferiore interrotto, veste come quello la cute coperta solo da piccole scaglie
ossee pettiniformi, e porta sfrangiate le barbette. Il terzo ( 'Helops) di una specie sola,
ha Ie barbette semplici come le hanno i due seguenti, e la pelle munita di scaglie
ossee, pettiniformi, varie di grandezza, e di scudetti stellati. 11 quarto (A n ta c e u s ) di
due specie, ha sulla pelle scudetti ossei grandetti, ed altri minori stellati. II quinto
(S tu r io ) anch’ esso di due specie, porta una cute zigrinata, aspra cioè e granulosa per
Ie scagliette ossee ottusamente angokte. II sesto (H u s o ) , che si présenta di ben cinque
specie, indossa pelle punteggiata grossola nam ente di scaglie ossee puntute, e porta barbette
compresse a guisa di tenie velate. 11 secondo ed il sesto dei suddetti sottogeneri
vagano nell’ uno e nell’ altro mondo, gli altri quattro priyilegiano l’antico; ma
l ’America, che non ha sottogeneri propri, è largamente compensa ta dai due altri generi
dell’ ordine degli Storioni, S ca p h io rh jn ch u s e P o ly odon , che non si trovano nel nostro
emisfero.
Le varie specie dunque del genere A c ip en s e r spaziano per grandissimo tratto del
vecchio e del nuovo mondo ma nel solo emisfero boreale dal trentacinquesimo al cin-
quantesimo grado di latitudine, mentre pero fino al settantesimo inoltrano alcuni indi-
vidui erranti di esse. Il Mar nero, quello di Azov, il Gaspio, i fiumi che in essi versano,
e i laghi di Tartaria che, come quello di Aral, una volta facevano parte del Caspio,
sono la patria e la cuna principale degli Acipenseri che di cola, per via de’ congiunti
mari e de’ fiumi che vi mettono foce, si dilatano periodicamente nelle accennate con-
trade, Cosi dal Mar nero s’introducono nel Nieper e nel Danubio, rimontando eziandio
gli affluenti loro; cosi dalla Meotide li riceve il Don, come al Caspio li deve il Wolga
e qualche altro fiume: e neppur li desiderano merçè di simili veicoli nè la Cina, nè
gli ultimi mari d’Oriente, nè la inaccessibile Siberia; anzi è osservazione certa che i
pesci di questo genere più volentieri e più largamente spargonsi verso levante. Anche
gli Acipenseri che sono del continente di America s’ insinuano da quei mari per le
bocche de’ grandi fiumi, e soggiornano ne’vasti laghi di quelle contrade, uno minore
de' quali ebbesi il nome di L o g o Sto r ione. La proporzione poi della relativa quantità si
delle specie e si degi’ individui valutasi più grande nel vecchio che nel nuovo emisfero,
e di questo eziandio più nella plaga orientale, che nell’ occidentale, nel cui estremo tut-
tavolta si veggono le specie ad esso proprie peregrinare fin presso le isole Aleuti, ove
tendono a riunirsi colle più orientali d’Europa, Il Mediterraneo, il Baltico, l ’Atlantico e
i fiumi che ad essi tributano non vantano che sole due specie ambedue Italiane ; riman-
dando percio all’opera del Signor Fitzinger chi volesse distintamente conoscere tutti
gli Acipenseri giunti finora a onotizia dei naturalisé, ci limitiamo a parlare di quelle.
Compongono esse il sottogenere S tu r io quale vedesi ristretto dal detto Fitzinger ed
hanno comuni i seguenti caratteri, la maggior parte de’quali pero non potrebbero forse
verificarsi in altre specie che si scoprissero di questo gruppo; conciossiachè variabili si
riconoscono negli altri sottogeneri. Il diametro del capo uguale a quello del tronco: la
di lui sommità ricoperta da sette grandi piastre molto ben distinte tra loro, dure, zi-
grinate, con raggiature appena segnate; e da piccole piastruccole intermedie lisce, molto
suddivise, le quali si accumulano le une sopra le altre e non lasciano che piccolissimi
intervalli riempiti di glandule mucose; la porzione superiore del muso vestita di piastruccole
dure più piccole, che s’ intersecano fra loro simili per la forma aile altre,
ma del tutto raggiate, e irregolari. Le due piastre parietali, quelle cioè che occupano
il centro del capo e che toccano lateralraente le mastoidee, sono le più grandi ed insie-
me le più lungbe, Gli occhi grandi, uguali, I centri degli scudi che ricuoprono le cla-
vicole meno lontani di quelli degli scudi ffontali anteriori. Grandi gli scudi del ventre.
La cute cuopresi quà e là di squame varie ma non mai frammiste a più grandi che
assumano la forma di stellette, siccome accade in altri moltissinü Acipenseri. La parte
inferiore del muso (eccettuato il tramezzo corneo), la regione degli occhi e quella delle
narici, gli spazi fra gli spiragli e le aperture branchiali, e quelli che corrono fra gli