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Col medefimo, mi confolo ancora con efsolei, e per non naufearla più lunga-
mente colle tediofe mie dicerie, refto qui convivamente profefsarmi.
Venezia, 2. Luglio 1721*: . . ; «M • - -, - oil. J . >u : >
AH' Illujir. Sig. Antonio Vallimien
L o r e n z o P a t A RO LO .
-]y JO N ho faputo come più efpritnerea V. S. Illuftriflitna, e eomerappre*
" fentarle più alvivo quanto io,rechi a. nfio pregio, ch’ella abbia volu-
to indirizzarmi !la fua nobile.iiftoria,della MpfcaRofilega, fe non col farleco-
nofcere di qual’ ufo , e di qual’ éfempio. ad una fimile applicazione fia per me
ftato l’onore pregiatiftimo, che ne ho riceÿuto. Mi fpiace bensi, che ella,
per la troppa parzialkà fuayerfo dime, abbia collocate le fue grazie con is-
fortuna in chi non ne ha meritq, ed in chi non ha di fuo proprio ne taper,
né talenti per ben valerfene : nientedimenô perb la fua fcorta, ed il generolo
fuo incitamento, come mi.hanno jnvitato ad uno Audio totalmentea pie nuo-
vo, çosl hanno ancora promoflo in me uri’ alto zelo dfcorrisponderle, fe non
coll’abilità, almen colla gratitudine, e col rifpetto,. Nell atto medefimo dun-
que di renderle un pieno ringraziamento, mi fo anche lecito di prelentarle
quefta mia rozza fatica intorno,ad;Una Cantaride ,fifila quale ho. tiftat 1 1 de-
boli miei rifleifi nelle prime occhiate,,'che diedi al vafto numéro degl Inletti,
fopra i quali ha fudato V. S. Uluftrifs. finora con si felice follecitudine di oc-
chio, di mano, di mente, e con si grande vantaggio della buona Filofona ,
che pub ben gloriarli la noftra etàdi eifere, mercèfua, arrivata in quefta materia
a que’ termini, i. quaii non furonomai veduti non folamente dalle più an-
tiche, ma nemmeno da quelle a no.i più vicine . Come dunque la betlaMofca
Rofifega ha meritato prelfo a lei una pa.rticolare ifpezione per la rarità di pin
cofe, che nella organizzazione delle fue parti, e nel modo del fno operare fi
fcorgono; cost mi jè paruto, niente meno di pregio avere la mia Cantaride ,
perla curiofità de’ fenomeni, che in effa ho vedqti accadere . Ed invero. mol-
to ftupifco, che 5 non folamente delle qualità di quefti due diftintifiinii Infec.-
t i , ma nemmeno della fpecie, e dej noroe loro abbiano favellatogli fteffiScritr
tori più efattipreffo a'quail pur fe ne incpntrano nominati e defcritti, cotan-
t i , e di mole molto minori, e di accidenti men oflTervabili .. Di che io credo
la eagion’ efferfi, per non aver deffi ufata tutta quelfappbcazione, che pur
vorrcbbefi intorno all’Êrbe, cd all’altre Piante, fopra: le quali i medefirni In*,
fetti fi pofano; od il non aver mai çreduto, avervene gran parte di quefu*
proprj ciafcheduno di una cotai Pianta, e non mai di unaltra. Pure Ja continua
efperienza dimofira, cib efler veriflimo^ ed io, in offervandolo tutto giorno,
venero fempre pih fidea, grande della Providenza onnipotcnte,. la quale ,
perché ancora in si baffe, e minute cofe tutta la buona armonia fi confcrvi ,
ha divifo in certa guifa anche agfinfetti il loro Mondo, con affegnare ad o-
'gnunp il fuo clima, il, fuo genio, le fue proprietà; e con, limitare, per dir
cosi, a tutti i generi di quefio popolo le lor Provincie. Ma come in ciafche^
dunp di cffi piccoli Animalexti v* ha quaJchç cofa di fingolar , e di proprio. j
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COSÎ nel brieve tempo, che ho fpefo finora in oflervarli, dacchè V.S.'Illultrif-
fima me ne diè ftimolo , non mi fono avvenuto in alcuno, che abbia molTo
la mia curiofità ad una confidcrazione più attenta, quanto la prefente Canta-
rideV la quale io chiamo del Giglio, perché o non holla veduta mai, oalme-
no molto di rado, e, come credo, per puro çafo fopra altre Piante. Di quefta!
dunque ho prefo 'a comunicare a V. S. Illuftrilfima quanto ha faputo la mia
debolezza raccor finora, ed intendere; non mai perché io mi lufinghi di pre-
fentarle un’ opera compiuta in quefta materia, o di trame lode dalla medefi-
ma, com’ ebbe a dir già il Poeta^ ’
Irittnui labor, at tenuis non gloria ; ( Virg. Géorgie, lib. 4.)
ma folo a fine di prefentarle un’abbozzo delle mie prime olfervazioni, ed una
pura, e nuda teftimonianza della ftima, che le profeflb. , . ..
II. Suol vederfi quefta noftra Cantaride fui gambo, e fulle foglie de’Giglt ,
si di que’volgati col fior Candida, e di quegli ancora colla foglia ftriata , ma
di queglialtrii, chedamoltivengonodettiMartagoni, dalBavino (Pin.Theat.
Bot. 78. ) perb, ed ultithamente dal celebre Tburnefott ( Inftit. Rei Herb. cl.9.
Se£i. Gen. 3. ) tutti comprefi dentro ad un genere folo di Gigli. Ben fi ved
cgli percib, anche dalla fimpatia di quefii Animali con tutte le Piante accen-
nate, eflfer’effe del medefimo genere, edin confeguenza.averlei fuddetti Auto-
ri a ragione collo ftelfo nome chiamate. Imperciocchè , come il riftrignere 1
generi delle Piante egli è un’ alfai confondere quelle,^ cbe per avventura niente
hanno fra loro di fomigliante; cosi il moltiplicargli porta un foyerchio tedio,
ed una inutile diftinzione a chi cerca di ftabilirfi quell idea propria, e quel li-
mitato e facile metodo, di cui nulla v’ha né di più giovevole, nè dî più ne-
celfario in quefta forta di ftudio. Debbonft percio tlîtçc le Jodi al mentovato
Scrittore Francefe, il quale,‘lafciate akrove le vie piu lunge, e men ficure
di tanti altri, prefe con non ordinaria bravura un cammino totalmente diver-
fo; con cui giunfe ad ifeoprire un cosi fodo , e fondato fiftema nella Botani-
ca, che,-a mio; giudicio, poco, o nulla refta più che augurarfi per bene ac-
quiftarla. ■ - . u-,,. r y ,v,. '
III. Ma per tornare a noi, veggonfi le noftre Cantaridi anche fopralaCorona
Impériale, e fopia il T u ra i, o fia Lilium Perftcum del Clufio, ( Rar.
Plant. Hift. ) fpecie anch’eflo della Corona fuddetta, giufto.il nuovo accenna-
to fiftema . Puofti dunque da cib comprendere, ch’ effe altre Piante non ama-
no, se non, fra le moke, le quaii nella Clafle delle Liliacee fono comprefe ,
quelle che hanno una foglia carnofa, e molto piena di fugo, ma teneta infie-
me, e dilicata, qual ft è appunto quella de’ Gigli, e delle Corone Imperiali ,
Piante tutte, ehe nella qualitk deila foglia ft eonvengono onninamente. Efeb-
bene, fra le moite dell’una e dell’altra forta ora dette , nel mio Orto moite ne
tengo anche del Lilio-Asfodelo del Parkinzoni, framifehiate allé ftefle ; pure
fopra di quefte non fo mai di avere oflervato né una Cantaride, nè alcun de
fuoi Bruchi. Onde fto quafi per dire, che la Natura, gran madré , e gran
tnaeftra degli Animali, abbia inftillato a quefti Infetti un più retto difeerni-
mento delle Piante; mentre l’accennata, e daiBavin's amendue, e dal Mori-
zoni,' ( Plant. Hift. Untv. Oxon. Part. 2. ) e da altri chiamafi col nome di Giglio,
e la noftra Cantaride pure per Giglio non fa rieonofcerla: ond’ è che la
ltelfa, per le note proprie, che la eontralfegnano, meritava di effer pofta in
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