m armi è fram misto, appunto come solevano i greci operare in così fatti lavori, ciò che all’opposto
non c «lato rinvenire nei mosaici eli rom ana fattura. Quel festone di frutta c di fiori, che sostiene
due maschere tragiche, c due cerchi di tim pani, quasi lungo p er palmi undici, c pel disegno, c pel
colore, c jìcI m inuto magistero della sua esecuzione un rarissimo monum ento Io caratterizza fi-a i
mosaici finora conosciuti. Tolto dal luogo ove fu ritrovato, al presente questo insigne mosaico si ammira
nelle sale terrene del Musco Reale Borbonico, e fu felice di certo il pensiero di sottrarlo alle ingiurie
delle intemperie, pei-occhè ad onta di qualsiasi custodia, i m onum enti di (¡uesto genere, come vcggiaino
ogni giorno in Pompei, p ur troppo fatalmente in breve tempo periscono.
Dall’orfiio, segnalo al n .” 9 della pianta, che formava l’ingresso, polca l’occhio percorrere intera
la casa senza ostacolo da un cajio all’altro, per la lunghezza di oltre a ti-eccnto palmi attraversando
i vasti suoi a tri, e i sontuosi suoi peristili. Certamente la scena d’ incanto che svelar do\'eva l’interno
di questa dimora, appena varcala la soglia, è facile comprendere anclie dagli avanzi che tu tt’ora
ammiriamo. Ma la pi'ofusione di ogni m aniera di m arm i, di b ronzi, di mosaici, e di mille allre
squisite opere d’arte ch’ivi a ribocco ovunque erano sparse, non può davvero farci pienamente
comprcndei-c che mai esser dovesse una casa della superba Roma, se una dim ora della modesta Pompei
cosi preziose reliquie ora ci sforza am m irare. E questa sopra le altre è da porsi, perocché un solo dei
suoi mosaici, quello del suo triclin io , che più sotto descriverem o e che destò la meraviglia dell’Europa
il giorno della sua scoperta, basta ad illustrare un musco.
Succede all’adito uno spazioso atrio toscano, n .' 10, in cui (dice il chiarissimo Bechi descrivendo
questo luogo) la luce che dall’alto della bocca del compluvio in piccola quantità penetrava, produceva
una massa di mezza tinta che serviva di contrasto al lume aperto e sfacciato dei due peristili d ie gli
stan dirim petto.
Quest’atrio è ornato di bugne stuccale e lavorate a varie tinte, che im itando svariati marmi
offrono lince bellissimo di architettonici aggiustam enti. Vi è nel mezzo il compluvio, n.° -12 di veri
m arm i ricoperto, in cui il vci-dc, il rosso ed il nero erano graziosamente in vari rom bi disposti. Le
due bocdic fatto p er l’emissario delle acque di questo compluvio disegnate col n .” 11 e col piccolo
quadralo clic gli sta rimpcUo, erano ingegnosamente disposte p er modo da polere con agio, ad ogni
bisogno, rinctlarc tale emissario senza che fosse duopo sfabbricarlo ogni volta. Un piccolo plinto di
m arm o foralo per un acqucdoccio sta nel centro del compluvio, c conduceva le acque a scaturire
da uno zampillo. Furono rinvenuti nello scavo gli avanzi del condotto di piombo che tali acque
incanalava, e che nello sgorgare rallegrare dovevano lutto l’insieme di questo architettonico atrio.
Ajipunto presso tal fonte, su di uno de’lali del compluvio rinvenncsi la preziosa statuetta del Fauno
della quale più sopra abbiamo fallo parola, e che esposta ad arte con tanta evidenza in questo luogo
della casa ben m ostra in quanto pregio tenuta fosse dagli stessi antichi suoi possessori.
Due a li, pure adorne di bugne variopinte, fiancheggiano quest’atrio toscano ai numeri -13 c 14.
In quella segnata col n." 14 vedesi una gran finestra che schiudcsi all’altezza di circa quattro palmi
dal suolo, e che nel contiguo cortile n .“ 58 risponde. Il mosaico disegnato nella nostra lav. II al n.° 4
tu ll’ora ricuopre il pavimento dell’a ia posta al n .” 13. Quelle due colombe che traggono da una
cassettina un fìl di perle a dire il vero non possonsi per nulla, come lavorio, porre al paragone degli
altri mosaici bellissimi che questa casa adornavano. Ed è anzi a questo proposito da osservarsi, come
iu m ille altre congiunture, quanto gli antichi poco curanti fossero nella scelta e nel collocamento delle
varie loro opere d’arti. Bene spesso nelle parti più nobili d’un cdifizio, ed accanto a peregrine bellezze,
rozze c povere cose scorgiamo, che in vero non ci è dato com prendere come a (¡uel modo, da uomini
così colli c gentili fossero collocate. All’opposto di bellissima fattura c il mosaico clic il pavimento
dcH’allra ala n." 14 cuopriva, disegnato nella stessa tav. 11 al n.° 6 c che adesso nelle sale terrene
del Musco Reale Borbonico è conservalo. Cosi vivace e sentila è la espressione di quel gatto che sulla
preda legata si avventa, c così vivaci i colori di quei pesci e di quegli ac(juatici uccelli da non potersi
ridire. T anta c si diversa fattura è tra questo e l’altro mosaico or ora citalo , d a indurci a credere
in verità cbe questo delle colombe così rozzo ed im perfetto fosse p er avventura diciam cosi ¡icr poco
ancor quivi serbato anzi che tollerato per negligenza di scelta. Come con altri argom enti esporremo
¡)iù sotto noi crediamo che in restauro Irovavasi questa casa nel momento della vesuviana catastrofe.
Molle decorazioni pertanto quivi destinate erano a m igliorare, talché è da credere che pure il mosaico
delle colombe così poco in armonia con gli altri bellissimi di questo sontuoso edilizio anch’csso
dovesse essere da più accui-ata opera surrogato
■ Iniorno s aaesll due moraid vedi li doiu llluslrijlonc del Coinmeo. QiiarinUi iJuU ilIau al tol. XIV dol ilool J/ureo Borioni« Uv. XIV.
La stanza che ha Tiiigrcsso sull’atrio segnala col n .“ 15, ha il pavimento commesso di piccoli
quadrelli di m arm o a svariati colori, cd è rialzalo iu due lali. P ar clic quivi dorm isse l’atriensc o
custode dell’atrio. Nel centro oravi un musaico rappresentante uu fauno cd una ninfa, il (¡naie non
appena dissepolto fu nel Real Museo trasportato. La porta di questa stanza, larga appena palmi 5, ha
però meglio che 15 palmi di altezza. Questa notevole sproporzione bene accenna che tale stanza prender
luce doveva dalla sommità della p o rla , ad una certa altezza dimezzala, come è comune esempio nelle
varie località che circondano gli atri ed i peristili delle case pom peiane, o come spesso vcggiamo
dim ostralo in molte pompeiane pitture. Sulla parete posta rimpetto alla porta è dipinta un’arcliilcltiira
sul fare dei frescanti che noi ora chiamiamo barocchi. In vero tale esempio poco si accorda con lo
stile puram ente greco e severo che ovun(¡ue amm irasi in ogni particolare di quesla classica casa. Ma
è questa una novella pruova della ninna scelta, direm cosi, clic gli am ichi serbavano nelle loro opere
d’arti mescolando bene spesso m aniere c stili diversi purché rcffcllo ai sensi rispondesse gradito.
Segna il n.® 16 un procorion. E ra queslo il passaggio fra i due atri ii.® 10 e n.® 38. Bianchi i
suoi m u ri, elegantemente ornati a varie riquadrature, erano cinti da una doppia cornice di stucco.
Presso la porta che m ena nell’ atrio tclrastilo vi è un’ apertura clic a guisa d 'u n a feritoia destinala
era a tram andare la luce. In lal feritoia, di cui abbiam disegnato l’ esempio nella nostra lav. YH,
fu rinvenuto m uralo un vetro clic la chiudeva, della spessezza di (¡nasi im quarto di oncia. Non è
questo il solo esempio di siinil natura rinvenuto in Pompei. Ha intorno a questo esempio suii belle
le indagini già pubblicale dal B echi, il quale osservava che esam inando questo avanzo è da notare
che gli antichi non sollìavano i vetri che m ettevano alle loro rincslre, come facciamo noi m oderni,
m a invece gli colavano sopra un piano Ui metallo o di pietra come noi facciamo gli specchi, c cosi
co lali, senza spianarli gli m uravano in quelle aperture a cui volevano adattarli, o sivvero ve li
situavano in lelarì di metallo. Di tutti questi modi molti esem pi vi sono in Pom pei, c scgnalam cnlc
quelli delle term e in cui si son trovali avanti alle finestre lastre molto grosse di un terzo di oncia
di doppiezza c grandissim e cosi situale '.
Prendevano luce cd aria dall’atrio le due stanze n.® 17 c 18 m a non pertanto erano pur m unite
di due piccole finestre sporgenti ognuna sulla strada contigua. Un panneggio paonazzo sospeso a varie
colonnette, ad eguale distanza disposte, circondava vagamente il zoccolo dipinto delle pareli della stanza
n.® 1 7 ; e quella n.® 1 8 , tutta di stucco c b ag n ala, non può idearsi più s<piisita e gentile nei profili
delle sue m odcnalure di greco stile bellissim e.
Succede all’atrio n.® 10 il tabiino della casa segnata col n.® 19. Aperto in lutti c quallro i suoi
m uri per una spaziosa finestra clic sporge sul peristilio , c per altre quallro che rispondono nelle
(lue grandi stanze clic lo fiancheggiano, non clic per la vasta porla dcH’ atrio toscano, un ciTclto
bellissimo doveva questo lahlino offrire, quando adorno di cortine c di siippcllcUili più assai cbc ora
non si m ostra, era da am m irarsi di certo. Come quelli dell’atrio sono di stucco i suoi m u ri, cil una
bella greca in m usaico, disegnata al n.® 7 della nostra tavola l i , chiudeva un pavimento commosso
lutto a scacchiera di vari m arm i, c di vari colori operalo. Nella stanza n.® 20 clic fiancheggia a manca
questo lablino due porle menano una verso f atrio, verso il peristilio f altra , sul quale pure risponde
una spaziosa finestra. Il musaico da noi riportato nella lav. II ai n.® 3 rinvcnnesi nel mezzo di questa
stan za, c di così finito artifizio c questo m usaico clic piuttosto che commesso di pietre lo diresti
squisitam ente dipinto, tanta è la varietà con cui quei pesci, quella locusta, quel polpo, cinti come
da una cornice di svariali fiori, sono al naturale ritratti.
Fianclicggia il destro lalo del lablino V allra stanza n.® 21 in cui il Bechi ravvisa un triclinio
adorno di stucchi del medesimo fare dcH’atrio c delie cam ere contigue*. Noi centro di questa stanza
stava il prezioso musaico riprodolto fedelmente da noi nella tav. Ili ed ora trasportalo nel Musco Reale
Borbonico. F u questo insigne musaico argomento di una egregia scrittura pubblicala dal Cav. Q uaranta ".
Questi ravvisò noi ritratto fanciullo Aeralo (c h e vuol dire vin p u ro ) quivi rappresentalo leggiadro
per l’ atteggiam ento, grazioso per le form e, bellissim o per la espressione. Con eleganti e non mcn
dotte parole il chiarissim o scrillovc, dopo aver comballiUo le idee del Zoega e del Visconti inforno a
([uesla d eità, c dopo m olti argom enti in difesa delia sua opinione così bellam ente descrive lo stupendo
m usaico; « Alalo c nudo il fanciullo porta i biondi c ricciuli capelli cinti d’ edera a gialli corim bi
B ed allorno alla destra gamba un’ aurea pcrìscclidc. E già ebbe forza d’ im brigliare con argenteo
9 freno la tigre sulla (¡naie cavalca gettatavi sul dorso, a guisa di solla, una clam idctla di latteo colore,
B perchè l’asprezza del pelo non offenda le tondeggianti m em bra alabastrine. La bionda fiera va fcsliva
« BorliMÙct. Relazione icsK Scavi dd voi. Vili. :ar. Qeataola nc
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