i h - J ]'
■ ■ ì i
a (lubilarnc la l'orma e la sovorcìiia estensione dol]' edificio clic non rispondono a vcran canone
arcliileUonico dei tem pli greci o rom ani, c p iù di tutto la m ancanza della cella, sede della divinità, clii
privazione assoluta di u n 'a ra qualunque o del silo che potesse riceverla. Malgrado adunque la formola
sacra dcdicaril, rodifizio non dcbbc essere considerato come uu tempio, m a piutloslo quale m onumento
della mngniricciiza d’E um acliia, la quale per riverenza verso la famiglia im periale, o per ricordo di
qualche avvcniniciUo della casa dei Cesari, lo dedicò alla Pietà o C oncordia Augusta, a quella guisa clic
il duumviro M. Tullio erigeva un uedein alla Fortuna A ugusta,ed allri più modesti cittadini dedicavano
ad analoghe astrazioni Aiigusle statue cd archi, senza che nò questi uè quelle venissero ad assum ere un
rarallere sacro.
Questo ragionam ento va esteso anclic al dello Panlooii, nel quale si avrà pure a riconoscere un sontuoso
m onuuicnlo consacralo, non si sa so dai privali o dal com une, a quaìchc m orale virtù clic si rillcUessc
dalla casa di A ugusto, p. es., alla G inslriin, alla Fedo od alla Salale Au g u sta , ciò cbc era pienamente
coiisciilanco al scnlinionlo religioso ed alla m oralità del tem po, iu cui l’edillcio si veniva costruendo. In
qualunque caso poi, malgrado il rinvenim ento dello statue di Livia e di Dniso, non sarà m ai un tempio
d’A ugusto, il quale fino ad evidenza fu dimostrato dal eh. Garrucci ‘ essere quello clic chiam ano di
.Mercurio: nò un S crapeo, essendo una ragione assai frivola che qualche som iglianza fra due tem pli,
implichi in essi l’adorazione della stessa divinità; c neppure sarà un tempio di Vesta, perché ove le tracce
rim aste fossero di colonne, queslo avrebbero richiesto mi basamento assai più solido clic in clVollo non
hanno. È m ollo più probabile che fossero altrettanti piedestalli di statue, ciò clic non dice però che queste
dovessero rappresentare i dodici d èi, potendo i sim ulacri di qualunque divinità od eroe venir collocali
per semplice ornamento in un edilizio, senza veriin rapporto alla sua destinazione, come nessun rapporto
liaimo i soggetti mitologici che ne arriccliiscono le pareti.
È bensì vero clic neppure la nuova spiegazione proposta, cioè clic sia un m onumento dedicalo a qualche
virtù m orale d’Auguslo, non è dim ostrabile, ed ba un cavaliere pinlloslo negativo: m a se non allro, è più
cousenlauco alla natura dcH'cdifizio che non è un tempio, alle statue di Livia c Druso in esse rinvenute, le
quali vi trovano posto ragionevole, essendo un’opera dedicala alla m emoria d’Aiigiisto: c risponde, alle idee
religiose c civili deU’cpoca, di cui abbiamo in Pompei stessa analoghi esempi ncll’cdifizio d'Fiiimacliia c
iicH’acdem alla Fortuna Augusta di M. Tullio. Solo questo è certo, voler scendere a più decisa conforma
eolia determ inazione delle molteplici p arti, è pretesa a cui si nega l’assoluta mancanza di doeum cnli.
N ell’esame quindi delle parli diverse dcU’cdifizio, ci asterrem o da qualunque congettura, restringendoci
ad csallam culc descriverli, poiché da ciò solo, cogli studi ulteriori cd i confronti si potrà derivare la loro
rolla denominazione.
Osservalo nel suo insieme {Veggasi la pianta) l’ edilizio a prim o colpo appaga l’occhio per iipa certa
grandiosità; con un esame prolungalo si rilevano poi corti difelli d ie sono incom patibili co’ principi
dell’arte. Nessuna delle quattro entrale d d g f risponde al centro, nessuna si apre precisam ente in medio
pfirieie : la loro ampiezza non armonizza colla spaziosità del compreso: nò in direzione coll’asse di alcuna
di esse trovasi Y arca dodccagonale A. La distanza dei m uri laterali B ' li’ fra loro non è costante
allargandosi ad est c restringendosi ad ovest. Da questo si è tratti a considerare la forma allualc del
piano non come prim itiva, bensì come ima conseguenza delle modilicazioni apportate, quando lo si volle
reuolarizzarc col nuovo assetto clic il foro veniva pigliando. So nonché i m utam enti furono tonti e così
estesi, d ie farci un’idea dello stalo primitivo riesce cosa difficile.
Se però si m isura, aslracndo dalle celle la distanza tra il m uro sud B’ cd il corrispondente lalo d d l’area
m edia w x , trovasi uno spazio di m. 8,55. Lo stesso spazio non si verifica al lato nord clic per un tratto
verso est in F , il restante d d m uro B" essendo più slrelio , per uno ricnlram enlo clic venne operalo in
questo punto s. Si può concbiiidcrc da ciò che l’originaria largliczza d d p iano , fosse quale al lato est
è consci-vnta ancora oggi, e clic quindi anche l’area m edia rellangoiarc t i i v x che con tale laliludiiic era
in corrispondenza, prim ordialm ente puro esistesse; ciò che vicn poi anche provalo dal vetusto zoccolo
di tufo, onde i fianchi erano già circoscritti. Più dillicilo a determ inarsi è la distanza longitudinale
primilivn di cui non rim ane più traccia, quantunque sia fuor di dubbio clic aneli’essa abbia subito
inulam enli, c che i due ingressi contigui d d al lalo ovest non esistessero in origine, ma si praticassero
quando aircilifizio si volle dare un adito dalla parte d d foro. Ma senza entrare in arrischiale congetture,
ci lim itiamo a constatarne i fatti: dopo ciò diviene più chiara la descrizione d d moiuimeiUo quale esiste
al presente.
Nc decorava la fronte principale prospiciente il foro, un grandioso porticato sorretto da 15 colonne
m arm oree c sennnalale « a: diciro ad esse erano addossali allrcltanti piedestalli, sn cui poggiavano stallie
di m armo. L’interno del portico poi, animalo da scllcbottcgliciiii, con i fianchi decorati di altri piedestalli,
costituiva una seconda serie di statue in corrispondenza colla prim a, onde il portico riusciva d 'una l’icdiezza
nobiltà non com une. Non essendo redifizio in una linea perpendicolare col foro si ovviò all' irregolariià
con rid u rre ad una profondità ineguale le dette boUeglic, cbe come osservasi nella pianta vanno man
mano restringendosi verso sud.
' ÇutilfOR
Siccome un numero stragrande di monete cioè 1128, di cui buona parte entro casscltini di legno, si
riiivciiiicro in queste botlcglie ‘ , così si credette d ie ivi fossero le iafienioc argenlariae : una congettura
clic può venir anche appoggiala da un passo dcH’Asiiinrin di Plauto, da cui si conosce essere le lahernao.
argentarine situale nel foro*. In mezzo ad esse poi schiudcvaiisi le due porle d’ en tra ta , ed anche qui in
quel breve inlcrvallo che le sep ara, elevasi una nicchia elegante C , sostenuta da colonne scanalate di
marm o e destinata a ricevere essa pure una statua di grandezza più che naturale.
Il piano d eir edilìzio forma un grande rettangolo di m, 27,10 in larghezza e 37,00 in lunghezza che
racchiude dentro se un’area più stretta, che è inferiore in livello di m. 0,30. Questa, m entre al basso serba
incastrato un canale per lo scorrim ento delle acque, è poi fortifícala da mia fascia di tufo, che gli antichi
nel rifarla, venivano sostituendo con altra di IravciTino, e di ampiezza m aggiore, affinchè nello slesso
tempo servisse anche di basamento alle colonne da collocarsi in seguito. Im perciocché lasciando l’astnisa
quistione, se già primitivam ente intorno a quest’area aiilic:i esistessero le colonne, è indubitato che
nella nuova rifazioiie, voleasi arricchir l’edifizio di un grandioso porticato con 12 colonne ai lali m aggiori
cd 8 ai m inori. 11 lavoro era di poco avanzato, quando la città fu sepolta, ma al fianco nord B" cd in parte
anche ad ovest li’ si ora già sostituito lo slilobato di tra vertino , segnali i punti ove situarsi le colonne,
c praticati i canalelti per l’infnsionc di piombo, che dovca fissarle. E qui si può scorgere l’andamento
|)rogressivo del lavoro, che era sovercliiamcnle parziale, in qiianlochè, tolto l’antico pezzo di tufo, noti
se ne spostava un secondo, se prim a con allro di travertino non venisse quello sostituito. Ma se quallro
file regolari di ben ordinate colonne, venivano a form are Tiiilerno del portico, cioè i lati che prospettano
l’are a , negli allri corrispondonli che chiudono l ' cdifizio avrebbe varialo il lavoro secondo la natura
dei muri di circoscrizione.
! due lati ovest c nord non prosenlaiio nessuna parlicolarilà, essendo i loro m uri sem plicissim i, e decorali
solamente di affreschi graziosi, che verranno in seguilo descritti. P iù considerazione m erita il lalo sud B'
per una serie di undici compresi che ne occupano tutta la lunghezza: dico undici perche lalo è il numero
d ie ne resta, quantunque dodici essi fossero in origine, l'ultimo però /’venne demolito, e ridotto ad uso
di en trata, quando si volle dare all’ cdifizio un accesso anche da questa parte.
Senza ripetere i dissonanti p areri e le vane congcltui’c che furono pronunziate intorno la destinazione
di qucsle undici celle, o com presi, noterò alcune parlicolarilà a cui finora si è fatto poco alleiizione.
Nessuiia di queste celle è m unita di soglie o stipiti per i cardini delle porte. Si argom enta da ciò che le
celle non fossero ch iuse, ma destinate ad un pubblico uso come il restante dcH’cdifizio. È indubitato
poi che fossero coperte, conservandosi ancor oggi i fori della traheatio, cd il pavimento essendo costruito
a m attono battuto. Intanto come si spiegherà il fallo, che in ciascuno di questi undici compresi esiste un
tubo laterizio fabbricato nel m uro, in contiguità de! pavimento e sboccante nel vicolo adiacente, verso cui
è inclinato? Essi tubi sono fatti por via di due tegole concave, sovrapposte l’ima all’allrii, ma colle facce
riverse. Se la loro collocazione in queslo punto del m uro era destinata, come sem bra naturale, a dare
sfogo allo acque, si polrcbbc dom andare come mai le acque potessero venir raccolte in queste celle che
da letto erano difese? È quindi assai più probabile, che essi tubi esistessero prim a della costruzione
delle celle; il che diventa ancora più verosim ile se si osserva, clic gli stessi tubi ricorrono incastrati
anche in quelle p arti de! m uro, clic non dipendono dalle celle, cioè nel m uro m eridionale della sala E
che trovasi in fondo dell’ cdifizio. Esam inando queslo m uro dal vicolo adiacente, si vedono anche in esso
collocali due tubi, ed alla iiiedcsima altezza dal suolo clic nel rim anente del m uro. Gli stillicidi superstiti
non lasciano nessun dubbio clic fossero destinati allo scolo dello acque. La loro esistenza intanto anche
in questo punto è un solido argom ento por d ire, clic iu origine l’intiero cdifizio fosse scoperto, c che i
m uri non servissero che di recinto, nitoniaiido ancora agli undici com presi, iu quello che fu ridollo ad
uso d’ingresso per via di cinque gradini, osservasi a sinistra di chi entra, una piccola nicchia per i lari,
fiancheggiala da duo grossi serpenti che vi sono iu vicinanza dipinli. Gli allri nulla presentano di notevole
quanto la decorazione, che è identica per tulli : le loro pareli sono dipinte a color rosso e d istribuite in
due fasce rellaiigolari iu mezzo a cui elevasi uno svelto cd elogaiilc candelabro. Ma più ricclii d’ornati
sono i pilastri esterni clic separano le celle l’ima dall’altra: orano albi sommità fregiali di una cornice
di stucco, di cui può porgere u n'id ea un frammento che sul terzo pilastro ancora si conserva.
Il lalo osi B è quello che presenta più v a rie tà , ricchezza c finezza di decorazione. Resta diviso in tre
coinpartim cnli E 1) E , la cui destinazione ha loriiienlato l’ingegno degli archeologi senza ottenere im
positivo risultalo. Solamente il comparlimenlo di mezzo 1) si può dire con m olla probabilità che fosse
sacro ad .\iigtislo- Esso è anche quello clic m ostra più ricercatezza d’esecuzione, c che in certo modo si
cercò di collocare in ima direzione con le due entrate del l’oro; sta pure nel punto più alto c più notevole;
sembra insomma clic in esso abbia voluto l’ archilello fissare il motivo principale dcH'cdifizio.
Vi currispondo la situazione in uu piano elevalo più di un m etro sopra il livello delle altre parti. Vi
danno accesso cinque gradini l'ormali a ¡lezzetti di marmo di vario colore, od accrescono grandiosità due
■ li”
' fíapporli i/ A jhcosb; Pomp. Ajiliq. Iiiil. l'jn. iii
Pompi,, I, p. ...... Pompi,.,.
93 aitiiicif. <• ticgo che questo fossero botteghe Ji cajiibiainonelc.