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EDIFIZIO VOLGARMENTE DETTO PANTEON 10
che si scoperse in «na rasa pompeiana nn allro dipinto, di idcnlica composizione, essa fu rivocala la
prim a volta in dubbio dallo Schulz ( lìn ll. deU'insl. 1841, p. 124). li quale notando due piccole cornette
accennate sulla fronte della donzella, interpretó il soggetto per Io custodita da Argo Panople, giusta il
confronto di un’altra piltura pompeiana quasi identica (Mus. Borb. tm . ix , tv. 50; Mon. doli’fusi. tm. ii,
tv. 59, 10; Helbig, Waiidgem., n. 132). Allora si osservò ancora, che l'espressione Ui tutta la faccia della
donzella, e gli occhi spccialracnlc, avevano qualche cosa di bovino, carattere cho bene si conveniva al
personaggio d’ lo.
Queste osservazioni hanno trovato il loro appoggio in una piltura scopertasi ultimamente a Roma sul
Palatino, che riproduce gli stessi personaggi, con molivi uguali, e per soprappiù apposti ai p ersouagd
i propri nomi, i quali non lasciano più dubbio sul soggetto. Aucbc in essa si vedo in un luogo a lp e s tri
e seduta presso una roccia Io (lil) la quale appoggia il braccio sinistro sul sasso ove siedo, e portasi la
mano destra al seno, lascialo in parlo scoperto dalla veste discinta. Essa come esaltala c comm ossa, m ira
Argo, il quale sta alla sua sinistra. Egli è un giovane nudo, di carnagione bruna, c di forti m embra. Gettata
attraverso l’avambraccio sinistro porla una pelle clic sem bra cervina, c nella mano impugna il parazonio,
tenendo anche una lunga asta serrata al petto. Appoggiando la gamba desira sovra un rialzo, o la mano
ad una roccia, m ira fisso lo. Più da lontano, e pure da dietro una roccia si avanza Mercurio (IlERME),
nudo, con pctaso alato, una piccola clamide gettala al collo, e tenendo con tulle due le mani i! caduceo.
Egli s’avvicina m irando Argo. Presso il sasso ove siede lo crgesi una colonna, al sommo della quale
poggia un simulacro di Giunone. La Dea sem bra partecipare all’azione clic succede al basso, poiché
inchina il capo verso te r ra , a cui anche è rivolto il suo braccio destro, che sem bra diretto a Mercurio,
m entre nella mano sinistra stringe un lungo scettro. Anche sopra un vaso di Sicilia pubblicato
tieirArc/weo%isc/ie ZeiUmg del 1870 è figurata lo con piccole cornette b ianche, e custodita da Argo. 11
quale qui è rappresentato presso una roccia, ma non con la spada in m ano, bensì con una clava che
appoggia sul sasso. In ogni caso però quest’atlribiilo, come la spada, è una espressione simbolica dol
suo c.ira(lere violento con cui si m ostra in quest’azione.
Poiché non vi ha dubbio che sulla pittura dol Palatino, corno nel vaso, si rappresenti lo custodita da
Argo, il quale viene in seguito ucciso da Mercurio; la somiglianza che la composizione offre col dipinto
pompeiano autorizza a riconoscere anche in questo il medesimo soggetto. Se nella coppa di bronzo poi
ritorna la stessa composizione con relazione all’abbandono di E tra, questo si dovrà iinicamotite attribuire
al metodo tenuto dagli antichi artisti, di adoperare gli stessi molivi e le stesse composizioni per sosffctli
difforeiili.
L' altro dipinto assai interessante è quello che trovasi nella parete scltcnlrionalc, c raffigura Penelope
ed Ulisse (Mus. Borb. Irn. i, tv. d ’iigg. B; G ell, Pompeiana ii, p. 70; hGHm.vni, Guìl. Omer. iii, 127: IIrluig,
Wandg-, n. 1332). In un compreso sorretto da una colonna, e sovra un masso cilindrico siede Ulisse con
argenteo pilco in capo, vestilo di un bianco chitone, con sopra un bianco m antello. Su! sasso ove siede
appoggia il braccio sinistro avviluppato dal m anto, e porla nella destra un piccolo nodoso báculo. La
sua testa è rialzata, ed il suo sguardo c fisso sopra Penelope, cbe sta d ritta a lui dinanzi. Essa ha i capelli
legali da un nastro, c la tesla coperta di mi leggiero velo. È vestita di un oscuro chitone, c di un mantello
clic cadendole dalle spalle fino ai ginocchi le nasconde il braccio sinistro, di cui la mano stringe i fusi,
simbolo della ritiratezza domestica. Il braccio destro è nudo, e portasi il dito indice della mano ai m ento’
come volesse raccogliere i pensieri c risovvenirsi di qualche cosa. In fondo da una finestra appare la
prominc di un’ancella con oscuro berretto in capo, c guarda la scena clic succede fra Ulisse c Penelope.
F u pure il signor Bechi, il quale illustrando per la prinm volta questo dipinto suppose, che l’artista
avesse attinto l’ispirazione dal canto XIX dell’O dissea, quando Penelope viene a colloquio con Ulisse
senza conoscerlo. La sua spiegazione fu accollala senz’altro p er molto tempo dai dotti ( G e ll , Pon
li, 15,p. 70;Inghir.\mi, Gal. Om .iii,127; Zahn, Diesekonsi. Uni. i,82 : Overbeck, G a/.3 3 ,1 9 ,p. 808: W elckeh,
Arch. Zeit. p. 110, All. Denicm. v, p. 230). Solamente essa venne rifiiilala da! eli. H elbig, quando nel
pubblicare una teca di specchio relativa ad Ulisse e P enelope, ritornò a nic-^iio esam inare il diiiinio
pompeiano (Ami. dell’ Insl. 18C7, p. 328, ss.: 3/oimm. Ined. tm, vm, (v. xlvii). E glfcioè osservò clic l’artista
attinse l’iiispirazionc non al canto XIX dell’ O dissea, bensì al canto XXIII. Nel prim o, egli d ice, Ulisse
trasformato m m endicante, dim ora noi suo palazzo sconosciuto a lu lli, tranne al suo figlio. Penelope,
avendo sentilo l'arriv o d’iin m endicante d ie ha mollo g iralo , risolve di ¡larlaro con esso. U lisse, dopò
aver fatto un racconto bugiardo della sua origine, dice di aver veduto Ulisse, quando questi andando
a Troia toccava Creta, cd alla line assicura Penelope aver scrilito da’ Tcsproti, d ie Ulisse già sia vicino,
e tornerà presto. Penelope già tante volte ingannata da rum ori lu singhieri, all’iidirc lali discorsi, noò
se nc consola p un to, anzi nc diviene più tristo, ed alla fine esprime la disperazione di non poter mai
rivedere il m arito. « Ora, aggiunge egli in seg uito , questa iiilcrprelazionc non rogge all’analisi aceiirala
delle figure di quel dipinto. Poidiò Penelope apparisce assai commossa cd addolorala, c tale dovrebbe
essere anche la sua espressione in un dipinto riferibile a questo soggetto. Noi dipinto pompeiano
all’inconlro l’espressione di Penelope è scria si, ma lontana dalla dolorosa m elanconia, che lo dovrebbe
essere propria se l’artista avesse voluto rapprcscnlarc la scena d d canto dccimonoiio. Anzi ra nim u di
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sopp. Ulisse che le siede
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L*p:r'pr::r.Y;ddnZnrr 77,!::n;::";o r‘, .r:nS£,fxir:x^ '» b»«" Il primo ' .■approsenla Hodoa, cho vestila di cseuro chitone Senna m aniche, e coperta di ,m giallo
man ella, o h. ie s. avvelge tn tcrn . ai lianchi . le copre anche ii hracei. sinistrò, lln .\„ a s i a l ! Sm m
lior:va Lmerni,cL apTert7i srornor irivvo7lti "ai‘ “di ue figli, d ie con la massima ingenuità eiocano agli astra■ c“ali“ u“no» >i’ni
piedi appoggialo allo scanno, e l’ altro sedutovi sopra. Dietro a loro appare nello sfondo la fiòura del
vecchio pedagogo . lotto coperto d. „ „ bigio mantello, e lenendo fra le due mani un leggero bastone
811 CUI s appoggia , menli-c il suo sguardo è pur rivolto ai bambini giuocanti. La posa di Medea è
ynrnam o nle calma:_ ma si vede ohe n d l’intcrno è agitata dai più forti c contrarii affetti, l’am or materno
la vendei a, laiche mentre essa guarda i bambini di cui ba decretato la m orte, c comincia a sentirsi
u T S iliz Ìo •’«pidùrncntc al parazonio per trafiggerli - In fondo compaiono le colonne di
Il sig. Dilthey discorrendo negli Ami«/i dcll'InslUuto d i Corrispondenza archeologico, anno 181)9 dei
sarcolagi rclaliv, a Medea, prende occasione per esaminare, fra gli altri m onumenti, anche il cpiadro
siddoscutfo , (pag. 49) e gli altri dipinti pompeiani ed crcolanesi affini, clic egli considera come
ahrellante copie modificale della celebre Medea dì Timomaco. Da nn esame di tutte le rappresentazioni
del mito d. Mcdca figl.cida, conchmde (pag. 62), che nell’originale di Timomaco doveva sorprendere
Icspressione degli occhi di Medea , perchè di essa fanno menzione quasi liitli gli epigrammi relativi
a quel quadro , e che m liille le copie conscm tc 1' influenza di Timomaco si riconosce anche nel
panneggiamento. Quantunque gli epigram m i, clic si riferiscono al quadro di Timomaco, non facciano
menzione di lanciuili, il sig. Dilthey nondimeno inclina a credere, che essi dovettero pure far parte di
quella composizione. Imperciocché i poeti di quegli epigrammi, die eg li, « n o n verseggiarono per chi
e non conoscesse lo 0)icre cui riforisconsi, ma bensì per quelli cbe no videro gli nriainali o copie e ne
« portarono m mente l’ im magine: non fu loro inleiidimenlo destare un’ esatta idea di certa statua o
« pittura, ma piuttosto brillar vollero con qualelin molto di concetto artistico sia orimnario sia accattato
« Orni e che nel presente argomento, tulli prendendo di mira la lotta dei sentimenti cóntrarii, visibile
'< in iilcdea, concetto tanto commodo per un epigramma dozzinale, non incontrarono opportunità a far
« motto (lei bambini, elio per essi più non erano che acccssorii.
Riguardo poi alla celebre pittura Ercolancse, = in cui Modca compare senza i figliuoli, lo stesso autore
opina, che quel quadro altro non sia che nn pezzo taglialo fuori da più grande composizione ove senza
meno vedcvansi a destra di Medea i lanciiiìli. Perché anclic lo strettissimo campo, da cui atlualmentò
viene circoscritta Medea, mostra tre gradini di scala dietro ili ossa, e su di questi, a desira dcH’osservalore
una porta che sta a travereo, ed a sinistra una parete più bassa. Il sig, Donner poi congellura, clic i)
quadro abbia ricevuto l’odierna sua forma in Ercolano dopo il ritrovamento, ove sarebbe uscito mutilalo
11 secondo dipinto * rappresenta Teli clic porge ad Achille le armi.
Vedesi nn giovane di forme, sviluppale, inleramentc nudo, .ad eccezione della rossa clamide eroica ,
il quale è ritto ni piedi, c tiene nella sinistra un’ asta. Rill.a dì fronte a lui sta una figura femminile
Teli. Il terzo dipinto ‘ rappre.scnia Frisso clic approda all’ isola di Colelùde. Frisso figuralo come
un molle c delicato giovane è inlcramenlc nudo. Solo una leggiera clamide gli cade al di dietro del
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.37, lAiw, Armsl. Lisi. Í8Q7, h
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