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del sacro edificio, destinale vcrosiiiiilmcntc, innanzi che fosse quivi fabbricalo quel tempio, ad altri usi.
Dirigeva allora gli scavi il Colonnello Francesco la V cga, la cui diligenza fu eguale all’importanza
del moiuiincnto clic veniva discoprendo.
Ecco in breve la storia della sua sco perta, come dagli stessi originali diarii delle pompcjanc
scavazioni si raccoglie.
Sullo scorcio dell’anno 17C4, essendo già intieram ente sco])orlo il gran teatro, g
quasi naluralm entc direni alle fabbricbc adjacciili, quelle m edesim e clic, come dici
ivi furon
vennero
aggregate agli usi del tempio, procedendo verso il lato m eridionale del porticato. 11 vago fregio dipinto
nella sua parte superiore c gli altri dipinli che di mano in mano rivcdcvaii la luce dopo tanti secoli,
valsero a spingere l’opera più alaerem enlc in nan zi, molto più quando addossata al m uro del portico fu
trovala im ’crina col nome di C. Norbano S oricc, e quasi dappresso una statua di Venere aiimluomcue;
cosi elio nei mesi di fcbbrajo e marzo del 1705 cominciò a m ostrarsi anche il colonnato del lalo opposto
del porticato, onde fu aperta la via a riuscire nella piazza scoperta nel cui mezzo sorgeva la colla.
Iu aprile si pervenne al m uro occidentale del portico m edesim o, c sulla fine di agosto ii’erano già
scoperti tutti i dipinti.
Fu in questo stesso m ese che trovossi la porla dell'edificio la quale mellc sulla strada eliclo
costeggia da setten trio ne, c su di ossa fu letta la prim a volta T epigrafe di N. Popidio C elsino, che
appagando le bram e dei dolli, i quali sapevano orm ai, non più p er coiijctlura, il vero uomo dell’edificio,
aprì il campo a m ille dispute che insorsero per la sua vera inlelligcuza. Dell’uscio non si riiivcnnoro
che alquanti logori b ra n i, donde per altro fu chiaro che era stato di castagno, ed insiem e alcuni
fram menti di bronzo cbc nc formavano la ferratura. Avca nondimeno lasciala la sua im pronta sulla
sottoposta cenere consolidala, ed il direttore non mancò di farlo scrupolosam ente disegnare. N cll’otlobvc
seguente continuossi la scoperta del lalo scltcnlrionalc, m a i dipinti nc furoii Irovali g uasti, fincliè ai
principii di marzo dol nuovo anno 176C fu sgombralo lullo il recinto che cliiudc in mezzo la piazza
scoperta; m a prima l'n trovala la statua d’isidc , quasi al punto opposto, dove 1’ anno innanzi crasi
rinveiuila l’erma di C. Norbano Sorice.
Sgombravasi conlcinporancam enlc la stessa piazza della cella (V edi Tav. I .) Im perocché nel mese
di marzo del 1005 apparvero i pilastri esterni di essa cella coi loro ornam enti di stucco, e poco appresso
anche la porla. 11 rim anente venne fuori nel giugno 1705, quando vi si potè osservare anche il musaico
del pavim ento; tiiicbc nel febbrajo del 1700 si giunse alla faccia posteriore del m uro occidentale che
guarda di fronte il porticato, dove venne fuori una niccliìa, ornala di stuc chi, cd in essa una statua di
Racco con l'iscrizione:
N • POPIDIES - AMPLIATUS
P.\TE R P - S.
Mentre si lavorava a d islc rrar la cella, fu scovcrta pure quella specie di edicola al lato sinistro o
m eridionale del rettangolo ipclro coi suoi ornati di stucco così ben conservali, come so fossero quasi
recenti, e la sua p orla, di cui si rinvenne anclie il giiarnimenlo di bronzo, e fin quella interna salclla
che incile ad un sollcrranco. Questa nondim eno escluse ogni ric erca, perchè dal suo fondo venivano
micidiali esalazioni. Due piccole are di pietra furon trovale innanzi a questa p orla, e innanzi a questo
una più g ran de , su cui appariva ancora la cenere con i residui di alcune ossa delle brugiatc vittime.
Di lalo poi fu scoverlo sul pavimonlo un cavo, ripieno di nera cenere con frulli b rugiati, unilam enlc ad
un idolo egiziano ridotto in pezzi o senza gambe, ornalo dalla cintura in giù di m olli geroglifici, cd oltre
a ciò un frammento dalla coscia in giù colla sua piccola base, lutto di m arm o, di un altro idolo.
Delle diverse stanze cbe lianno comunicazione col porticato, prim e a com parire furon quelle, come
notam m o, cbe sono fra il teatro cd il porticato m edesim o, nella parte supcriore del lalo m eridionale.
Esse nondim eno, toccale appena furono abbandonate per disgom brare il porticato medesimo. Jla nel
settem bre dell’anno seguente 17G5, quelle della parte inferiore dello stesso lalo m eridionale erano già
vuotale, tra le quali una venne riconosciuta come cucina. Proseguendosi il lavoro, si scopri la grande
slanza alla sinistra del lalo occidentale coi suoi dipinti c la contigua, nella quale fu scoperta una nicciiia
coll’imposta capovolta di m arm o, dove era scritto ;
M - LECRETIUS RUFUS
LlèGAVlT
rm o presso la quale giaceva lo scheletro di un uomo con alcune ossa di pollo; c nel
i con pielruzze bianche i seguenti nom i:
N • PO riD I AMPLIATI
N POPIDI CELSINl
CORIXLA GELSA
una m ensa di m
pavimento segni
In tal modo fu messo allo scoperto liittoredificìo, lecu i tavole noi verremo di mano in manocsai nando.
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Ma conviene riandar brcveinonie quello che gli anliehi pensassero di Iside c su quali idee ne
stabilissero il culto. Prendendo a scorta P lutarco, ci sem bra che prim itivam ente quesla dcilà fosse la
personificazione della .scieii:«’, ma delcrniinala ad indagare ia natura degli D ei, che vale della verità
m edesim a. Quindi Tifone era suo perpetuo avversario, cioè il fasto e la siiporliia*, perchè ninna cosa
lanlo accicca rin le llc llo , quanto la presunzione che previene il giudizio, e il fumo dell’orgoglio clic
im pedisce che la luce del vero ferisca rintellcllo. Ma poiché l’orgoglio che è ostacolo alla scienza, nasco
dall’igiioranz.a, fu giudicalo clic lutto ciò che può esser cagione d'ignoranza o di addonnontaro pigram ente
l’anim a, togliendole il desiderio di conoscere il vero , fosse cguahiicnle da elim inare, per giungere ad
Iside, cioè alla scienza. Di qui l’obbligo della castità imposto ai m inistri di questa divinità, pcreliò i
piaceri sensuali m aterializzano lo spirito; di qui il loro vestir di bianco lino, per sigiiilicarc che fuggivano
10 tenebre dell’errore, aspiram lo alla luce della verità. E perchè, come dice Platone, chi è puro non deve
impure cose toccare, cd im pure eran Iciiiilc tulle le superflue escrescenze del corpo, come i capelli, i peli,
tc unghie, essi radevano la lesta c lutti i peli in ogni parto del corpo, nò mai lasciavan crescer le unghie,
né usavano vesti di lana, perchè la lana sono i peli della pecora. P er ragione poi della castità, non solo
da molle specie di legumi si astenevano c dallo, carni pecorili c porcili, i quali cibi producono molle
fecce ventrali, ma anche dal sale in certe date occasioni, come quello clic sluzzicaiulo il palato, fa che
si beva c si m angi più copiosamente. E in generale avcan cura di non ingrassare, acciocché la parte
più nobile dell’uom o, cioè l’an im a, non fosse oppressa c travagliata dal corpo. Si astenevano del pari
da ogni sorte di pesci, sì percliò il pesce non essendo necessario alla v ila, può riguardarsi come im
cibo di lusso, sì perche il m are era da essi tenuto come corrollo cd im puro. Ma con luUc queste precauzioni
erano eglino certi di arrivare alla scienza? Senza dulibio che no. P er il che imianzi ai tempii collocavano
la Sfinge, per dinotare che la scienza delle cose sacre è uu enigm a elio l’uomo mai non può esser sicuro
di aver dicifcralo.
Se intanto si fa ragione, che la pagana religione non era che un puro nalnraUsmo, la pomposa
scienza della divinità non finiva da ullimo clie alla scienza della natura. Né per cerio noi c’inganniamo,
dopo che Plutarco ci ba lascialo, cbo iu froiilc al (empio di Miiiwtia, in Sai, credula la slcssa che M ie ,
era questa iscrizione : Io sono lidio iptcìlo che fu , che è e che sarà ; e niuno dei morta/i ha ria halo (Inora
11 mio tic/o*. Le quali parole accennano cvitlcnlcmenle al Panteismo Cosmologico. Di qui è clic i popoli
ilcll’Egillo, che fu la più aulica culla dei Numi, donde passaron poi nella Grecia c nelle regioni adiacenti*,
chiam arono Iside ora .Vidli, cioè Madre, ora Alìiir c Meihicr, cioè Casa mondana d i Oro, o. Platone Sede
della generazione c Ricelinco/o®. 1Ü poiclic Oro presso gli Egiziani fu il Soln°, o piuttosto il suo raggio
fecondatore, personificato ncll’»yi5 c;iííro5 doU’inno di Orfeo’, cin quell’Arpocrnleo/iVniseol'npxijxof) a cui tanta
sapienza si allrihiiiva’, queste appellazioni loriiano ad una sola c m edesim a cosa, cioè alla T e rra,
riguardata come m adre universale della n a lu ra, degli uom ini c degli stessi D ei”; al qnal modo fu poi
pcrsonilieala anche dai Greci nella Madre Magna o Gi6e/c e flemeiern, c dai Fcnicii nella loro Midli, o
Miint 0 Ma'". Ma sarebbe difficile tener dietro allo svolgimento di questo pensiero presso i diversi popoli
e notare via via i nomi cbc, pei molteplici rispetti onde fu considerala, variam ente ottenne, clic da ultimo
riuscirono acl altrettante divinità. Cosi la Dea T erra fu detta anche Ithea (d a ps« ¡In o ), come quella cbe
dal suo seno apre le sorgenti. E poiché l’acqua e la terra sono insieme indispensabili alla vcgolaz.ioiie,
venne denom inala Teli (tyiWs) da Om ero”, cioè m elma, o terreno inzuppalo dall’acqua. Cosi a Comana
nella Cappadocia la Dea cliiamata altrove o che sappiamo essere stala la stessa egiziana Isid c , per
l’aulorilà di S lrabone, era chiam ala Enio c si iciioa Dea della g uerra” , come la Bellona dei R om ani, e
(iguravasi adorna di ima corona di raggi cd arm ala di clava c di scudo. Pertanto ad Ifigenia, secondo lo
stesso Slraboiio, fu allribiiilo il cullo medesim o della Dea di Comana, cd Ifigenia, come dice Esichio, fu
la slessa che Ariemide o Diniiu”, e , come cantò E siodo, Ifigenia non m ori, ma per volere ili Artemide
divonlù Ecale o la L u n a . Cosi Tolommeo dice clic i popoli della B ilinia, della Lidia, della F rigia c dolle
regioni confinami adoravano Venere, madre dei N um i, la quale da allrì popoli con allri nomi veniva
appellata, come dai F en icii, di .Islronoe c Astroarche"; m entre da Plutarco è spiegata por Giunone o l;i
N a lu ra , o più veram ente per quella causa che eoli’ umidità a tutte le cose dà i principii c i sem i, o L
principii di Uiltc le cose dimostra agli uomini'*, figurata ora come iViiierrn, ora come Cerere, ora corno
Cilie/e. Gasi la Dea T e rra, Bea, è accoppiala a Bacco, perché Bacco era ìl mimo datore della benefica
im iidilà'“
Quesla uoiulimono c
ò . 11. 15C. Diod. Sic. l
1 la credenza popolai
iniorno ad Isido cd Osiride, secondo P liilarco, almeno
V .A d iaii, iiittid r à n u .X , M .P Iu l.
’ riul. /, c. XXX. Son-, ad ion. Vili, C9C : Isi lingua AiOTl.or»«. « 1
“ Corda, Di UBO ativa ilaluclla egizia iKvirtain Pozzuoli. Nap. 1806.
'■lliad.s,2 0 l.
Strab. X II. pag. 535. Vedi pure Hirl. De Mie Alex. CO.
■■ licsycli. V. T,
■' Ptol. Telrahibl. c - Forus. IdiC p. 105.