ciascuno pc’fi’Cni il proprio cavallo. L’astro clic brilla sulla lo r fronte è larga pruova per riconoscere
in questi giovani i due gemelli di L eda, e ne ricorda la .suprema concessione di Giove che tocco
dallo scambievole c costante affetto che l’uno p er l’altro nutriva, in due costellazioni m utolli, le quali
non mai insieme compariscono, e quando sorge l’ u n a , l’ altra tram onta. ® Negli anticlii moiuiuicnti
con acuta allusione vennero sem pre perciò queste immagini in opposta direzione situale c co.si
appunto in (pieslo adito che descriviamo cran d ip in te ." Prim a d’ inoltrarci nell’ interno della casa
dall’adilo di cui abbiam fatto pai-ola, noterem o cbe a destra fiancheggia quest’ adito una piccola
stanzetta disadorna, n." 4 , la quale senza alcun dubbio era all’niricnse, o portinaio, destinata cd ove
appariscono ancora le tracce di una scala, n." 5, e quella di un agianicnlo, n," (i.
L’a trio , 0 cortile, della nostra dimora, n.° 7 , all’ adito ora descritto succede. Dodici colonne
intorno al compluvio disposte, form ale di tufo di Noccra rivestite di stucco, nella parte inferiore tinte
di color ro sso , sostenevano i lacunari del cortile istcsso, il ((ualc non è a dubitare cbc appartiene a
quella specie indicala da Viiruvio come corintia, i di cui travi spiccandosi dai m uri clic circondavano
quesla località, riposavano quindi sulle colonne intorno al compluvio distribuite. »2 Del genere dello
dagli aiiticlii Barbarico, simile a quello dell’ingresso, c quivi il pavimento {opus s ig n in um ) ¡11 mezzo
al ([ualc il compluvio, n." 8, oltre a raccogliere le piogge grondanti dai (citi inclinali al suo verso, era
ad un tem po letto ad una fontana nel cui centro da uno zam pilla, 11.“ 9 , scaturivano le acque. Lo
spicco della fontana da 1111 gruppo di foglie aquatiche in m arm o intagliate, con rane, lucertole, od
altri simili animali scolpili, sorgeva, e ne regolava il getto una chiave di bronzo che a piacimento così
or poteva discliiudcrc ora serrare le acque. Nel centro dell’ intcrcolim io di mezzo del compluvio che
descriviamo, e propriam ente quello che sta verso il labìino, una base m arm orea, 11.“ 10, era probabilm ente
qui posta pel cullo degli dei Lari custodì della casa; e quel putcalc segnato col 11.“ M destinato era ad
allingcrc le acque dal compluvio stesso, raccolte nella sottoposta cisterna. Di bianca pietra calcai'ca
questo puloale lia ne’suoi m argini profondi .solcbi che scavarono in esso il lungo attrito delle funi
cìi’ ivi attingevano l’ acqua, come comunemente rinviensi su cosifallc buclic di pozzo in quasi tutte
le case dell’antica Pompei.
Fu in queslo atrio corintio, n.” 7, che si rinvennero quelle casse, 0 scrigni, per le quali nacque
1 ipotesi ch’essere quesla casa potesse quella dei Q uestore pom peiano. Uno più grande c più adorno,
l’ altro m cn grande e mcn ricco, questi scrigni quivi im piantati, erano sopra due zoccoli di fabbrica
incrostali di m arm o, nel sinistro angolo dell’ atrio verso il labliiio, c propriam ente ove veggonsi in
pianta i numeri 12 e 13 segnati. Costruiti in legno, nell’ interno fodci'ati di lamine di ram e, erano
esternam ente, ambedue questi scrigni, fasciali di ferro con m aniglie serrature, c borchie, c chiodi. Il
più am pio c più adorno scorgeasi abbellito di m eandri, dì fogliami, di bassorilievi; l’altro serbava fra
le sue decorazioni un bassorilievo esprim ente un cane nel suo fondo, cd un busto d’ una divinità
(forse una Fortuna come il giornale degli scavi accenna) clic pareva decorarne dovesse internam ente
il coverchio. Tali ornali rolli e guasti dairumido, per 1’ o.ssidarsi del ferro e pel legname delle casse
infradicialo, quasi alla rinfusa su i due pogginoli furono rin v enu ti, con grave danno dell’arte a cui
non fu dato perciò ritrarre un disegno di questi scrigni che ci avesse serbalo e la forma, c la m aniera
con cui erano costruiti. Ad ogni modo è da notare come appunto in quello più ricco fu trovato un
resto del num erario ch’ ivi racchiudcvasi in 43 m onete di o ro , che il giornale degli scavi assai
vagam ente descrive come im periali, cd altre cinque di argento sulle quali perà nessuna particolarità
aggiunge il citalo giornale. Abbiamo dello essere state qucsle m onete un resto del num erario in
queste ca.sse coiiLenulo pcrocelic, senza alcun dubbio, il di più fu dagli antichi stessi sottratto mercè
un buco fatto nel m uro della stanza n." 22, clic separa tale stanza dall’atrio,c nella quale p er mezzo
di uno scavo discesero.'^ Un’ala segnala col n." 14 è la sola posta nel nostro atrio; situala propriam ente
fra le due preziose ca.ssc scorgesi circondala da un piccolo rialto di m uro, 11.“ 15, il quale a sostenere
ligllo tìi
moríale; coma »erlScossi ili Caslorc
volendo sopravvivere olla perdila del germano, cbc icneramcau amava, prego
Giove cbc lo rcodesse alla v jia, o clic loglicsse a tal medesimo la immortalila,
ed alito non Ollennc ebe alicrnailvameoic di sci mesi in sei mesi vivessero c
morissero. Commosso In One del cosíanle e searablevole alleilo li Toiisnle li
Irasporlò fra gli astri dove sollo oome di Cemclll formano duo cosiellozionl clic
non compariscono mil Insieme, dpoiiodorc LIb. 3. cap. 21.
scala del Campidoglio, ed nlirl ebe sjiesso s’iaconirano su bassorilievi, moLglIc,
su I vasi Iialo-grcci, usile plelre Incise cc.
VI Vedi la dona lllusiratlone di t|uesU alfresclii pompel.vni puldillcain dal
Beclii, relaalono eli. ^
13 11 Ueelil nella d ia la rclasioac a proposiio (Il riucsio scavo soggiunge -
Ouiilonvixnns forse prrM cdoro eoi eri noto gueelo eerigno, ed il denaro die
conieneii, errarono nel rleallare il lemno di pochi palmi, c ereilenda di penetrare
eopra la eaeea dalla porle deWalrlo si trcvarom eetere giunii nella noma
eetroenda il denaro guelfa porslono laeeiarono per la dieagenoleesa del cercare
uii sedile era stalo quivi disposto, per d ar riposo certamente a coloro che entrali dal contiguo cortile
giornalmente avcano a trafficare, pei loro scambi commerciali, col num erario ripo.slo, o da riporsi, nei
liniitrolì scrigni. Nell’angolo opposto dell’atrio, al n .” 25, sta un {litro sedile di fabbrica, se pure non
vuoisi stimare un plinto destinalo a sostenere qualcosa che gli scavi pci'ò non lian dato m ateria a
potere indicare.
Quest’atrio con bell’aggiustamento arcbitcllonico disposto, ancor più vago dovca presentarsi ne’giorni
del suo splendore ai d ienti dell’opulento pompeiano clic Io possedeva. Dipinto alla grottesca con
bellissime fantasie sopra compartimenti ora gialli ora ro ssi, era nel suo zoccolo adorno c di uccelli
beccanti svariali frutti, c di molliplici fiori, c di rettili in cento modi ritratti. Stupende figure dipinte
scorgcansi nell’ alto di lali adornamenti, fra !c quali un Giove sul suo trono seduto e coronalo dalla
Vittoria, una FoiTuiia rol timone sul mondo appoggialo, un Bacco coronalo di ellera cd al suo fianco
un fanciullo che sulla punta dc’piedi si allunga per potere arrivare a sorbire alcune gocce che da un
cratere distillano, e clic quel dio nella destra rovesciato tiene, m entre a modo di cane una pantera
lo lira pel lembo della clamide. Nè meno stupendo era quivi uu Marte con ciTalidc c spada ad
armacollo cd un ramo di palma in una m ano, una V ittoria volante sostenente una corona ed uno
scudo, ove iipparivan cliiaro lo lettere S c C, cd in fine un vago fram mento fu p ur qui rinvenuto che
accenna ad un Mercurio bellissimo ai di cui piedi scorgesi un gallo graziosamente dipinto. Di queste
rappresentanze può il lettore vedere riprodotta nella lav. Il, quella del Giove coronalo clie fra le altre è
di certo la più grandiosa. Il Tonante quivi è seduto sul suo trono reale da un ampio drappo cadente
ricovciTo. Spira nel volto quella suprem a m aestà che con un volger del ciglio o con lo scuotere della
chioma facca trem are il crealo c l’Olimpo. Dal mezzo in giù ricoperto col pallio, stringe nella desira il
fulmine, nella .sinistra lo scettro in allo levato. Ai piedi, poggianti in grave aUcggiamcnlo sopra aurato
sgabello, sta l'aquila al suo signore rivolta come aspettandone un cenno, c con le ali quasi trem anti è
pronta a .spiegare le ardite penne e prendere il volo mcssaggicra tem uta. Dall’opposto lato un globo
giacente sopra una quadra base simboleggia l’oniiipolentc impero del gran figlio di Saturno su! mondo,
m entre la Vittoria in aria sulle ali librala, quanto il nume maestosa, il num e stesso corona. Il chiaro
Commendatore Q uaranta ncll’illuslrarc queslo dipinto vagheggia il pensiero che quivi il Tonante mostrasi
dei suo pallio ricoperto solo dal mezzo in giù per significare il mondo nudo al di sopra c nella terra
gucrnilo di fiori c d’ e rb e ; o pcrcliè la virtù vivifica delle cose sia apparente nello regioni celesti ed
intellettuali c occulta agli uomini sollopo.sli al cielo, o perche rappresentandosi nella persona di Giove
non solamente il puro etere m a c l’aria dei vapori m escolala, conveniva p er questo il farlo nudo al di
sopra, siccome il si doveva rappresentare sedente per indicare cbc ferm a è quella insolita forza da cui
tutta la natura è regolata. Soggiungendo, il chiaro scrittore, a queste sue parole che abbiam riportale,
cbc per toccare della Vittoria, cbc incorona il Tonante cd lia bianche le ali, acccnnavasi con si fatto
candore alla felicità di che era ella apportatrice, simiiolcggiando clic al num e nessuna forza resistere
poteva Se queste parole dei dotto arclicologo, riprodotte da noi onde non defraudare il lettore
di quanto vcmic detto prima di ora intorno a così fatto argom ento, se tali parole sulle p arli mezzo
nude c mezzo vestile dei nostro Giove, c sulla sua irresistibile forza simboleggiata nel bianco delle
ali della volante Vittoria ci venissero dalla critica appuntate, non vorrem m o noi di certo qui tanta
lite comporre. In verità non fa al caso nostro sapere se quei pallio di Giove, c Io sue parti spogliale
rappresentavano il nudo del di sopra dell’universo, cd i fiori clic nc guarnivano per gli antichi il di
sotto. Oggi che la mitologia più non regge co’ suoi simboli a soddisfare le bram e delle nostre odierne
tendenze, nei fatti cbc trattano di questo nostro m ondo, ci è grato ram m entare con compiacenza
piutloslo, intorno a tale argom ento, come queslo maestoso dipinto pompeiano sia stalo oggi tradotto
in un plastico gruppo per opera di un augusto principe nostro che civilmente cerca, sulle vie delle
discipline del bello, un eco generoso a generose ispirazioni , su tali vie rendendo più nobile co si,
l’arte col suo nome, cd il suo nome con l’arte.
Ncli’illuslrare il gruppo di cui facciamo parola bene scriveva il Mincrvini, collcgando il pensiero
dell’antico col moderno Giove coronato, che nelle arti sorelle della pittura c della scultura vi sono
ulcum soggetti i quali meglio convengono nel m armo c nel bronzo che nelle effigiale tele o nelle
dipinte pareti. Fra questi sta pel Minervini, c p ar non s’ inganni, rargom ento cosi trattalo di queslo
Giove il quale nella Campana Pompei sem bra in vero dipinta sotto la rimem branza di qualelic scultura
dell anlicliila, per modo che ora l’odierno artista pare abbia fallo rivivere un antico gruppo, tornando
alla esistenza un’ opera di scalpello da lunga pezza perduta ” ,
fieni Uoeeo Borùomeo Vo). XI. la i . XXXIX. 15 d ì alcmeopere di eeuUura ecolpile da S.d.n. il Conledi SIracaea.Vae.15.