II numero considerevole degli oggclli di niclallo prezioso l'invomili negli scavi, tenuto pur conto
di (pici molti, clic i iiiggilivi cercarono di |iovrc in sidvo c clic per noi sono perduti, ci autorizza a
credere clic non Ibsscru jioclii gli orali, die lavoravano in Pompei. Si ritenne, senza Ibndanicnlo alenilo,
dio le loro botleglic Ibsscro silo nella strada, die cosleggia l'cdiiiz o di Eumacbia, dotta ora slriiilti lìel-
r Abhuiiiluiiui 0 anteriormente sinuhi ilegli urofin. Da una iscrizione dipinta (L . /. L . IV n. 710), nella
cpudc sono menzionali gli «m'i/ircs Hiiircryi, rileviamo die gli orali romiaxaiio una corjiorazionc (colle-
giiun), al pari dei SHCCorii, dei iìkì/ìoikw c dei /ioinni'ii.
('•lì ori pompcjani non vanno di certo paragonati con gli ori greci , provenienti cosi dalle
necropoli ddl'E lriiria c di Liima, come dallo colonie alfidic della regione dd Ponto Eiissinu : inenlre in questi
la (iiu'zza dol lavoro supera di giaii lunga il pregio del metallo, nella niaggioi- parie di cpiclli invece non
si amiiiira die la massa dell’oro. Esempio noluvoio di mussa d’ oro abbondante è la l'aiiiosa hiccrna
votiva, clic raccolta presso Porla Marini conservasi ora nel Musco di Napoli. Nella nostra opera Cme
0 moiiinnciiii di J'ompci è pubblicata una piccola scelta di oggetti d’oro e d'aigciilo, alla quale rimandiamo
il lettore. Qui ndla tav. VII, se ne liproducono diversi altri apparlcncnti al mondo midiobrc, c che si rinvennero
parte in Pomjiei, jiarle fuori le mura, là dove si siiji]>oue che fosse la stazione del Sarno. .Ma
piuttosto die negli ori , è da ricercare il miglior saggio della orilìcoria pompejana in quattro piccoli
vasi di ai'genlo con ligure cd ornati in rilievo, nei quali l'a ric dell’ oreficeria tocca la ¡irovincia doi
lavori di bronzo. Nel primo di essi (lav. V i l i . ) c rappresentala f apoteosi di Omero, il quale nel
centro del lalo anteriore appare Iraspoi'lato sulle ali di un’ aquila [loderusa, nienfre lo ligure allegoriche
dell’ Iliade con l’elmo, lo scudo c la lancia, a sinistra, e dell'Odissea col berretto da marinaro c il
remo , a dritta , .seggono ai lati sopra graziosi arabeschi, che diiudono la rapprcsciiUiiua dalla parte
|H)sleiiure. Un lesione, girante intorno all'orlo del vaso, surmoiila la lapprescnUuiza, c due cigni ( l ’uno
tnlaliiieiitc dislrutlo ) , F uccello di Apollo , si elevano col poeta alle celesti rcgiuni dell’ Olimpo. Più
.semplice è la rappresentanza, clic adorna il secondo e il ferzo vasetto (v. NTccolim , Case e mo». di
Pompei, Siipplcmciilo lav. I.\ ) quasi simili tra loro; vi si vedono un Coiilaiiio cd una Ceiitaiirossa ,
die, accovacciati .sulle zampo posteriori e con le anteriori in alto quasi di rimettersi in piedi, portano
sul dorso cpial cavaliere un piccolo Amorino ; motivo qucslo , cbc trovasi ripetuto anche in altre
i'a|ipresentanze allini. Noli uno però ii Uenlaiiro, reggendo sulla spalla sinislra im rohnslc tirso c con
la destra il cantaro dionisiaco , si volge indietro a giiaidaro il suo piccolo cavaliere, clic gli protende,
le braccia quasi per essere ajulato a ii alitare, mentre F allro Amorino ha già preso posto sul dorso
delia Uenlauressa, che |iuiUmdo un grosso Laslone pasturale (peiliim) sulla spalla destra c con la sinistra
grappoli d'uva in una piega della pelle di tigie, che dalla spalla sinislra le ricado, sul braccio dritto,
volge aneli’ essa lo sguardo al jiiccolo cavaliere. Dietro al Contauro si scorge nello sfondo uu cdifizio
a guisa di portico, sul (jiialc sono poggiati cinque vasi ; c dietro alla Ceiilaincssa lo sfondo c formalo
da nn albero annoso a sinistra e da un allo basamento a drilla, sormontalo dalla sUiliia di Dioniso.
Nell’ altro vasetto l’.Vmorino comodamcnle seduto sul dorso del Centauro tiene una cetra, c il Centauro
una siringa, oltre a un laiio di pino, menlro la Cciitanrcssa là scorrere da un corno potorio il
vino in una patera. In ambi i vasetti le figure sono niarav'gliosaincnlc modellate, l'ìnalmcnle il <iuario
vasetto (lav. V i l i . ) è ornalo di solo fogliame in rilievo, cioè di grappoli c foglie di vite da un lato,
c di liglic di cdeia sul lalo onosfo. Tulli n qiiallio, insinn-.o con allri dieci di minor pregio artistico,
furono raccolti nell’ala sinistia c'ella ta;a n. 20 e 21 doll’ Is. 7.", Reg. V I , dotta perciò lìcll’avgmleria,
e descritti dal Quai-aiila (.Dm. citi. XXL Ì5).
Nelle citale (av. Vii o \'1II abbiamo cicdulo oppcrlunn di pubblicare anche una serie di piccoli idolclti
di argento, cioè un Ciovc scdulo, una beila testina diademata di Ciunoiie, una Forlima col limone c
il cornucopia, un’altra Fortmia (?) sedente con la patera e )ij iva dol braccio sinistro, mi Arjiocratc col
lime di loto in lesta cd nn Lare col coirin |:otoiio eia |iateia. Notevolissimo è jioi il piccolo scbelciro
cimano d’ argeiilo (lav. \ IL ) , il quale ricliiama alla mente la larva argenlea, clic Trimaiehionc mostrò
ai suoi convitati per eccitarli alla gozzoviglia (Petrov. Sai. c. XXXIV).
X III.
Anche la menzione degli agricoltori (agrimlae) ricorre in nn programma elettorale (C. I. L . IV
n. DIO), nel quale essi propugnano la candidatura di M. Cascllio Marcello all’ edilità. In una regione
cosi Icitile, chiamata feli.c dagli anlichi appunto jicl suo cielo e jicr ia sua uheriosilà, ragricoltiira non
poteva non prospm.rvi, e la classe degli agricoltori dovca esservi predominante. A ciò si aggiunga la
tendenza assai spiccata degl'italici, c soprattutto dei Romani, per l’agricoltura, clic fu il saldo fondamonlo
!
1 MESTIERI E L E INDUSTRIE DEI POMPEIANI H
di una grandezza, clic non più ci è dato di raggiungere , e ci spicgliei-eino anche F import m/a che
presso gli antichi avea il ceto degli agricoltori. Fra i numerosi oggclli rinvenuti in Pompei, cl.c rappresentano
lo sviluppo dell’attività intellettuale c materiale dell’individuo, non sono certamente pocln ciucili
relativi alla lavorazione dei campi; accette, aratri, bidenti, falci, rasIcUi, ronclic, zappe, zappclli e sauiglic
Ibrrnano una ricca collezione, di cui una parte appena si vede esposta nel Musco Nazionale di Nkipoli.
Nell’annessa tav. IX. sono pubblicati i tipi di questi islromcnti, c ad essa rimanditmio il lettore. Nella
classe dci-l’istromeiili agricoli rientrano anche le macelline, clic sono di tre sorti; da snocciolilo (Irapela),
premere (lovcularia) c macinare Oiisfrin«;. Poiché di queste ultime ci siamo già occupali nel paragraio
dei pislores, faremo qui cenno dei Irapela c dei lorealaria. Dei Irapela s. conoscono fimira (oltre a
crucilo di Stallia) due cscmpj in Pompei; l’ uno ucl ludo gludialorio (caserma dei gladiatori), c 1 altro
nella cas'i ii 0 Is IU lleg. VI, e sono di quella forma appunto, clic Catone (c, XX, XXI c XXIl)
niiimtanicntc'dcscrivc. Sono di pietra assai forte e ruvida, corrispondente al duro el asprro lapide, di
cui Yarroiio (1, 55) prescrive cl.c sic.io fatte le molae oleariac; c consistono di una conca fmoriccn.mQ
ili forma di cono tronco capovolto, nella .¡ualc girano intorno ad un pernio due robuste ruote (ori»;*)
di pietra Servivano a schiacciare le ulive iicr trarne l'uoii i noccioli , coiiosccndn gli anlicbi clic , tacendosi
dei noccioli e dello polpe schiacciati una pasta sola, il succo del nocciolo l'a molto perdere di
grazia al sapore dclFolio. Ai lorealaria o strettoi appariengono alcune grosse pietre .[uadraic di li'avcrtiiio,
siiianalc nella faccia superiore, con un canaletto incavato che gira intorno a fondo, e poi sgorga in mi
becco rilevalo nel mezzo di uno dei lati: ceriamcnte esso non sono che il suolo ovvero d piano udcr.orc
degli strctioj, collocandosi sopra di esso dentro alle gabbie di vimini o di assicelle le uve o e u i\e
già peste, per essere premute da ima leva (prehmi) o da ima o duo viti (malO adattate in un n.huslo
telnjo di legno.
Spesso rieen-c nello ¡icriiioni Jipiiilc e gramo di l'o.npei la mcniioiio .lei sali»!««.», « ó degli opeeaj
addetti alle vicine saline. Queste cran dette Ilerctdeae, e sono ricordato da GoUiraclia (X. Ido). (.eiUimcntc
tale denominazione venne ad esse dalla PeIra Ileretdis, oggi scoglio di Rcvigliano, dove si trovavano.
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