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(5 TOPOGRAFIA Di POMPEI
Impcrocclic non era qiioslionc ili uno o più edifizii, ma a parlare solíanlo di Pompei il muro dì cinta
rappresentalo nella tavola I I chiude lo spazio di mlr. qdr. G4G.828, in cui abitavano circa 12000
persone alle miserie delle quali doveva provvedersi.
i ; aspetto della dislmtla città doveva essere desolante ; il lapillo c la cenere avevano coperto lo
caso olire l’ altezza del primo piano , c il resto de’ fabbricati sembrava come ruderi di nave disfalla
miolanli in un mare di color fosco c spaventevole. Ognuno intanto de’superstili poteva riconoscervi il
luogo dove fu la sua casa, perocché se l’atrio c il viridario di ogni abitazione, come le strado, i fori oc.
l'iii'ono colmali, essendo essi scoperti; gli altri locali, come a dire i cubicoli, i lablini, i triclinii, insomma
tulli i luoghi forniti da tolti, rimasero intani e vuoti, finché c pel peso del lapillo e per l’infracidarsi
delle travi crollando i tetti, furono ricolmi. Prima di questo però ognuno potò praticare un foro nel
lapillo c nella cenere per discendere nella propria casa , e por mezzo di fori no’ muri di divisione
camminarla tutta, ed csirarne gli oggetti più notevoli per arte c per valore; ciò non dice però che
spesse fiale costoro, sorpresi (iallo scrollare dc’tclli non fossero miseramente periti , vittime della loro
audacia e del desiderio di riifavare alle sofferte sciagure; c non ò il primo caso in cui li vediamo inlormi
scheletri col gruzzolo di nWnolc o altri oggetti preziosi iva moni.
Dopo questo i lotti a poco a poco cfollafono, la parlo do'mtiti tlol piano siipcrioro a mano a mano
fu abliallnla , il lorrono si oquagliit, o so quelle forino 1' ignaro pasloro mono a pascerò il gregge o
l’ agricoltore vi foutlò la stia casa, semino c ri educò arboroli e vignoU.^ Cosi la ubio.yaono di Pompet
lit sperduta c neppure la Iradisioiic riparo all’obbiio c all’ignoransa do’lompi. E facile cito i supcrsliii
pompciaoi, rimasli son.n pairia, si fossero racoolli por fondare una borgata, denominandola Pompei, la
quale sensa dubbio sarti quella elle si Irora segnala nella To.oi» Pettlii.s.r.ono, eh o de tempi di Teodosio.
So la folta iiclibia do’ tempi c ii poco anioto per lo cose anlicho non fosso siala la vor.a cagiono,
farohbe maraviglia il redero cosi posli in non calo qnosli luoghi, elio nascondcraoo nel loro seno
iinmonsi lesori. Moolre non si può diro elio siano miinealo nolieio, aoguondo lo qnal, arossoro pollilo
rin.cnirsi lo morte eillS. Imporooohè fin dal nono socolo doll'ora volgare nella slona Keilla dal monaco
Martino, si trova che Sic.ardo principe di Beiiovenlo, accampò con la sua armala « m Pompeio campo,
qui a Pompeia urbe Campaniae nuiic deserta tiomen accepil x>; Niccolò Perotto nella sua Corniicopi« i i i S ,
Sannazaro nella sua Arcadia 150Í , Leandro Alberti Descrhionc di tutta 1' Ualia 15C1 , Giulio Cosare
Capaccio ¡Ustoria Neapoletana 1C07, Camillo Pellegrino Apparato alle anlichUà dt Capua ICuO c molli
altri tulli più 0 meno csallamenlo accennano al luogo della distrutta città di Pompci, il quale dagli
ahilaluri do’ dintorni era dello Civita.
Notizie meno incerte di quelle fornite dagli scrittori, sì ebbero nei tempi di Altouso I re di Napoli
1502, quando Muzio Altavilla conte di Sarno volle portare le acquo del fiume Sarno m Torre Annunziala.
L ’illustre architetto Fontana diresse la costruzione del canale, che entrando da oriente di Pompei vicino
l’anfiteatro passa di sotto al tempio d’Iside e costeggiando la collina va a scaricarsi in Torre Annunziala:
certo si dovettero forare molle mura di fondamento e sì avrebbe potuto pensare che appartenevano ad
edifizii di una città distrutta, tanto più che in quella stessa occasione si rinvennero due iscrizioni, una
riguardante un illustre cittadino pompeiano, l’altra la Venere fisica Pompeiana. Le lapidi andarono sperdule
e nessuno ci pensò più che tanto. Ma la notizia più curiosa é quella del 1G89 , quando scavandosi
per caso sul territorio di Pompei, furono trovali gli avanzi di una serratura e altre due lapidi, in ima
delle quali leggevasi pompei, la qual cosa foce pensare che colà doveva esservi stata una villa di Pompeo,
poco curando che quel luogo da’ contadini era appellato la Civita.
A ogni modo il cominciamonlo degli scavi si deve riportare al 2 aprile 1748. Alcuni agricoltori,
scavando un fosso per piantarvi uii albero, s’imballcrono nello mura di un edilizio c in una statua di
bronzo. La recente scoperta di Ercolano e gl’ immensi tesori di arte, che alla giornata vi si irncvano,
avevano destato nel Governo di Carlo I I I il più grande interesse per lo coso antiche , onde informalo
della fortuita scoperta di oggetti antichi e ammalo dalla speranza di trovare nuovi tesori di arte e di
scienza, inviò subilo lavoratori, i quali, come diceva, intrapresero a scavare il 2 aprilo 1748.
In qual modo siano proceduti gli scavi da quel tempo sino a’ nostri giorni sarà trattato in altra
occasione, volendo per ora far vedere quale fu la forma di governo con cui si ressero i Pompeiani c
quali furono le relazioni di Pompei con la Capitalo del mondo romano.
GOVERNO E VITA PUBBLICA E PRIVATA DI POMPEI.
La questione intorno all’ origine di Pompei è stala trattata nel fascicolo antecedente o sia che i
primi abitatori fossero stali Osci sia Greci, è sempre impossibile tentare di conoscere con qual forma
di governo Pompei si reggeva ne’ primi momenti di sua esistenza , essendo privi afi'allo di qualsiasi
scai-so indizio su tal proposito. Non mancò intanto chi avendo scorto tra le iscrizioni pompeiane in
lingua osca alcune parole non ancora ben definite, volle vedervi il nome delle tribù, con cui gli Osci
a somiglianza dei Greci regolavano la loro repubblica. Noi non volendo entrare in minute discussioni
cndico Pi. 13. II Droton Pmpcia dicrilc el dcuinée, 1800, pi[. IO
per non siancaiu la paziuui» u t. , v. ..„-.„...u..— - .............. ,
tralasceremo volentieri di parlare del periodo primitivo cd entreremo subito a parlare del periodo
sannitico del quale ci avanzano non pochi monumenti e tali da poter chiaramente conoscere qual
forma di ’governo dominò in quel tempo , cioè sino a che Pompei non cadde sotto la dominazione
romana.
e considerando il posto
Tutti coloro che studiano i falli della storia antica si „ , . . -
che occupa la schiatta sannilica nella storia degl’italici avvenimenti. Le terribili guerre dc’Sannili coni
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i Romani, le nobili c mollissimo prove di valore o l’eroico orgoglio mostralo più volte anche di fronte
a’ patti infranti da’Romani, il coraggio, l’abnegazione e i sacrifizii per difendere la famiglia c la città,
mostrano che dopo la latina , la stirpe sannilica fu la più forte, e forse avrebbe ottenuto il primato
d’ Italia e avrebbe dominalo il mondo, se tra le diverso ciltà non fosse mancala T unità politica , la
quale 6 la pietra fondamentale su cui posa la grandezza c la forza delle nazioni. Infatti considerando
l’estensione dello genti sanniliche, le molteplici diramazioni c le suddivisioni in tante piccolo tribù, le
conquiste nella Campania, nclTApulia, nel centro c nel sud d’Italia, la forza intima e la riccliczza di
questo popolo, si resta stupefatto poi nel vederlo vinto da’P.omani, inferiori senza dubbio c in ricchezze
e in estensioni di conquiste. Studiando poi addentro la vita intima di queste duo stirpi italiche, non
si stenta a trovare la cagione della loro impari potenza. Imperocché le conquiste di Roma accrescevano
scmpreppiù la potenza della grande citlà , cui alBuivano tulle le singole forze c rirchczze , lo città
conquistalo non rimanevano slegale dal centro , una volta venute sotto la dominazione di Roma mai
|iiù non si potevano dividere, e coslantcmenlo dovevano contribuire a farla più grande. Sappiamo in
qual modo i Romani usarono delle città a loro soggette por rendersi sempre più polenti, come ancora
non ignoriamo quanti villani abusi essi commiscro quando divenuti dominatori del mondo, obbliarono
il sangue che gl’italici sparsero per la grandezza di Roma. Invece nel Sannio mancò sempre una comune
dirigente e o per le condizioni topografiche,, le quali costringevano ogni città all’isolamento, o perché
non mai entrò nell’ animo del popolo sannitico la cosciciiz.i di questa unione, le città di origine san-
nitica in ogni tempo si governarono da sé; e quelle divenute posteriormente sanniliche avevano vita a
parte, essendo ciascuna governata da’ conquistatori. Un legame restò sempre tra il popolo primitivo e
le tribù uscite da lui, ma non fu còsi stretto da formare, direi cosi, un sol corpo compatto e sempre
pronto alla comune difesa. La qual cosa ci spiega la condotta delle tribù sanniliche nel tempo delle
guerre coi Romani, alcune delle quali rimangono fredde spettatrici dell’ esito di quella lolla cruenta e
colossale, menlro altre combattono sino al!'ullimo sangue e vi soccombono.
Mancando adunque un governo comune, ogni città aveva un governo proprio: alcune si reggevano
a libera repubblica con costituzione democratica, altre con costituzione oligarchica. In Pompoi pare che
ci sia stala questa seconda forma di governo, imperocché troviamo in due iscrizioni in dialetto osco la
parola kumbennich , cui gli epigrafisti concordi danno il signilioato di seiialiis, coiicì/ùim eie., ma in
nessuna iscrizione si 6 trovalo indizio che a lato del senalus ci fosse l’ adunanza del popolo sovrano ,
almeno per quanto si può giudicare da’monumenli sinora scoperti; cliò se nuovi monumenti verranno
a farci luce su questo argomento così oscuro c a contraddirci nella nostra opinione , noi saremo lieti
di poterla modificare. Il suprenmiii «mpertum era nelle mani del meddix tuticus , il potere de! quale
nel comune equivaleva a quello del palerfamilias nella famiglia, poiché la comune non era che un
ampliamento della famiglia, c la vita pubblica si basava su la vita privata. Dunque i più alti interessi
della repubblica, politici, militari e religiosi si rannodavano nelle mani di un solo , e per quanto gli
archeologi abbiano cercato, non m.iì si è potuto comprovare se questo supremo potere fosse stalo mai
contrahilancialo da un secondo magistrato, che avendo lo stesso potere, avesse limitalo quello del primo,
come nella costituzione della repubblica romana avvcviva tra’ consoli. Si sa certo però che la parola
meddix andava sempre .accompagnata da un’altra, che maggiormente ne determinava il significalo, cosi
nelle iscrizioni sì trova spesso meiWir lulicus, degelasius, sverrune, ovvero uno di questi nomi soltanto
rimanendo sottinteso il meddb. Oltre a queste si trovano menzionale nelle iscrizioni di Pompei altre
due magistrature T .^idilis e la KvxisTua, i quali magistrali occupavano certamente un posto distinto
nelle faccende dello stato c corrispondevano agli uflici di edile odi questore nella posteriore costituzione
municipale : però pare che avessero esercitalo il loro ufficio con maggiore indipendenza , imperocché
so nella costituzione romana essi non facevano che eseguire quel che dal senato era stalo decretalo ,
qui in Pompoi essi stessi approvavano la cosa, di cui diventavano esecutori.
In breve questo è lo schema di costituzione cui era informato il governo de Pompeiani sino
all’anno 313 av. C., quando la ciltà cadde in potere dc’Romani. Allora, come si è dello nel fascicolo
antecedente, essa ottenne il foedus acquwn-, imperocché delle ciltà italiche legate a Roma, alcune, ed
erano quelle che avevano ben meritalo della repubblica, godevano T aequissimum foedus, allrc, cui si
concedeva T esercizio della propria libertà, pur non cessando di essere sottomesse, godevano [' aeqaum
foedus, c finalmente quelle, su cui pesava tulio il rigore della severità romana, erano legale col foedus
iniquiim.
Di Pompei certo non può dirsi che avesse goduto dell’ aequissimum foedus, perchè non ci è
memoria di alcun fatto speciale per cui si avesse potuto aggraziare T animo de’ romani, come fu di
Napoli, do’ CameiTini e di Eraclea; come neppure resta ricordo di alcun fatto, per cui possa asserirsi
che fu ridotta, come i Bruzii e tulli i peregrini dediticii, a! peggiore stato di alleanza, se pure alleanza