(jiiale il (empio è sialo riiivcimlo; ma vedremo più imiaiizi se debba ritcucrsi che iie sia siala la sola
cd unica causa.
Già sin dal 1781 l’iibbalc di Saiiil-Non (S'oyiige pitloresijuc oii Dcscnpiion des roipiumes de Naplcs
p,l de Sieilo 1 |il. 82) aveva additalo più clic brcvenieiilc descritto il nostro tempio c rilevala la sua
aiialogin eon i|uelli di Pesto, li la (piasi coraplefa rovina di esso ingenerò tale scoramento nciraiiinio
di William Geli, die ([uosii (Pom/ieìniw, thè lopographìi, cdi/iccs fimi oriìiiiiieiiis of Puinpoi, Loiuion
1821 p. 2i2) non dubilò di alícrmarc die « il lempio intiero è talmente devastato die non 6 )iiii
a possibile di dire quanlc colonne esso avesse così di rroiile come sui lali »! L'u più giusto apprezzamento
dello stalo di conservazione del tempio diede rardiilctlo Gau, quando scrisse (mazois, Les lìiihies de
J ’owpéi voi IV p. 18): « il est assez dilTicile de lecoimaitre d'uno manière ccrtainc Ies détails de la
a eonstruclion de ce teuqilc, vii le mauvais élat de eonscrvalion des pailics qui subsistont. II l'ut
a ruiné longfcmps avaiil la deslruction complete de Pompei ct priiicipalcnicnt ]Kir le grand tremblcmeiit
a de tciro qui precèda de dix ('sic) aiis 1’ éruplioii ». E il Gau appunto l'u il primo ad istituire un
serio studio arcbilcUonico intorno al iioslru toiipio, con la scorta degli ajipuiiti c dei rilievi del grande
.Mazois, Di tale studio accurato alcuni risiillaiuenli oggi ancora restano saldi, come si vedrà dal seguito
della presoulo Irallaziuiie. Dallepoca del Gau sino ai nostri giorni il tempio greco di Pompoi non fu
più studialo da! |iuiilo di visla arcìiileltoiiico o tecnico, ma fu oggetto di cougettiire più o meno
erudite relative alla diviiiilà, clic vi dovette essere adorata. II Gau slesso (o|i. cit. p. 20) non mancò
di toccare tale questione, riliutando gìuslameiite la ii])iiiionc del Romanelli (Viaggio <i Pompei I , 18Ü),
elio il tempio fiisse dedicalo ad Ercole, e propoiiciido invece clic fosse da reputarsi sacro a Nettuno.
Il Romanelli , clic fondava la sua allribuzionc sur un nolo luogo di Vitruvio ( I , 7), non ora però
più lontano dal vero che il Gau, pel quale la siliia'.ion elevée et lìoiiiiiumt la mei', le commerce mnrifimc
aiiipiel s'atloniuiieiil les habilaiils de Pompei, remìeiil celle coìijecliire |del tempio di NelluuoJ t’,rir(''memciii
probable. Come ognim vede, io ragioni addotte dairarcbitetlo francese sono di gran lunga meno valido
di quella clic il Roiuaiielli. sulla scorta di àiiruvio, mise in campo, ponendo in relazione il tempio
dorico col teatro clic gli sorge accanto; di tal che IWi-émemen* probable aiiiniosso dal Gau va accolto
con grandissima riserva. A laQ'iizarc ropiiiioiie dol Roinaiielli sorse il Fiorelli (CU senai di Pompoi
dal ISIil al idl'2, Napoli 1873 p. 14 dcH’appendicc), il cui ragionamento è bene qui rileriro: « Il
4 Roiiiaiielli, clic non dava altra importanza alla sua altribiizione, se non il ricordo di un luogo di
5 Vitruvio (I, 7), non avvcdevasi clic questo leniiiio ed il teatro dio gli sta accanto, sono di epoche
s si diverse, da essere per lo meno inicrccduti cinque secoli tra la loro edificazione ; e che però a
a iinlla giovando quella coincidenza lopogralica, occorreva rintracciare altrove un più valido argomento
a ¡11 sostegno della sua ipotesi. La quale a me sembra giustificala dalla mancanza di qualunque altro
« tempio di Ercole dell’ età più vetusta lungo tutto il seno di mare , che dall’ acropoli di Cuma si
a stendeva sino al capo Alhcnaeiim, quando sappiamo clic quella s|ùaggia , c segnatamente la parte
1 sottoposta alle radici del Vesuvio, era sacra al nume, cui le tradizioni locali attribuivano la fondazione
« di Ercolano c la pompa dei bovi di Gerione. Eppcrò se una ragione vi è per credere adorato in
« Pompei nei tempi priniitivi questo dio arcliegcle di una colonia straniera, l’età c lo stile del nioiimiiento
« debbono farla riconosccic nella cosíante abitudine dei primi navigatori di porre solto la sua tutela
a i siti |iiù importanli dei loro traQici. .Ma vi è di |iiù. Alcune località circoslanli a questo tempio,
a come le saline e lo scoglio che vcdcsi poco discosto nei mare, appcllaroiisi pure da Ercole , c le
« prime furon dette Uerciilcoe, il secondo llcrciilis peira; onde non si può rifiulare la jn obabililà della
« vicinanza di qualche ujiv, dedicato al nume protettore del luogo, che più tardi riccvctle in Pompei
a un culto sì diffuso, da emulare quello della Venere stessa , con cui sovente si accompagna. Or
a quale poteva essere il sanluario sì antico e si veneralo di Ercole, se non questo, collocato in cima
« ad un colle, c circondato da un bosco'.’ ». Veramente gli argomenti, clic il Fiorelli adduce in favore
della ipotesi del Romanelli, non sono cosi persuasivi, come sembrano aH’autorc; iiuiauzi tutto la ragiona
principale, quale è la inaneaii:a di fiuiihinque altro tempio di Ercole lungo lulto il seno di mare, che
lìairacropoli di Clima si stendeva sino al capo Alhenacum, è affatto negativa, c di argoineiili di tal natura
bisogna usare con discrezione. Ma Napoli , il centro greco più iinporlaiile dopo Cuma , non avevi
forse il suo lom|iio di Ercole? Nè poi la coincidenza lopogiulica notata dal Romanelli è argoniciito de
nessun valore, come è parso al Fiorelli, il quale erra alla sua volta, affermando clic questo tempio
cil il teatro che gli sta aeciinlo, .sono </i epoche s'i dicerse., da essere por lo meno interceduti cinque secoli
tra la loro eilifnacione. Oggi è dimostrato clic anclie la costruzione del teatro risale ad un tempo ben
più antico di quello , cui lo vorrebbe attribuito il Fiorelli ; sicché , se pur si voglia far ¡lan.la di
cinque secoli d’intervallo, bisogna contare non dalla cdilicazioiic, ma dalla ricostruzione del teatro, die
ebbe luogo appunlo al (cmpo di xViiguslo. .Miglior servigio reso alla scienza il Fiorelli, quamlo altribui
alla decorazione arclùtetlonica del nostro tempio un prezioso i'iaiiiiiicnlo di grmidaja di terracotta, da
Im (rovaio nei magazzini di deposito, die nel 1801 esistevano ancora iu Pompei: le indagini posteriori
liaiinn pienaniciitc confermata la divinazione del dolio napoletano.
Il |irof. Nisseii (Pompejanìsclie Sliidien p. 330), ripigliando una ipotesi da lui precodcnlciiiciito
manifestata (Das Templiim p. 204), crede di dimostrare die la divinità adorala in questo tempio non
„ossa essere dio la Venus PompeUina-, c ragiona così: la città greca si c sviluiipata dall acropoli o
citladdla. La citlà c pensata l'cmniinilc, c di qui nasce la regola generale, die l’acropoli stia sotto la
iirotczioiie c rimiiero di ima divinità fctuminlic. L’e|)ìlclu di ¿« ’w o ¿r?!» non si trova dalo che ad Era
(Giunone), ad Alena (Minerva), ad AlVodile (Venere), ad Arleiiiide (Diana), a Tydic (fortuna); Ira gli
dèi il solo Zeus (Giove) c cbiamalo non già però come signore della cilladcUa , ma come
dominatore delle altezze. La città italica è sorta con la colonizzazione; for.r forma il suo centro pohlico
0 religioso. Gùii.c el’llalici apiirescro dagli Ellcni rnrdiilctiura dd tempio, cosi h seguirono audio mi
dedicare lo loro arces o citladollc a divinità lemmiuili, a Giunone sopraltullo. Gli imlidii concepivano
la loro città come ima grande casa; la dlladclia quindi nc racdiiudeva il .saerario, cioè il locolarc, e in
(iiiesfo la matrona trovava il suo posto naturale. S’ inleiulc clic iiui è paiola dei ¡mà antidii c pm
seniiilici rai.purti; in processo di tempo possono sorgere ed associarsi aldi lenipj. Ma dn sostiene die '«r-. Ji l'oteltei * siete Js,teste sci ,,«s »issclnls, «
il confronto di casi simili in alire citt.'i; c trovata pure la eccezione, milita pur sempre la più gia.idc
vu, miiglnnz, ... inoic dcll’applicazio.ie della regola. I . W I.u per la dllà -nmportanza un tiu. c
„cligiosa insieme. L’importanza militare di essa, dopo la conquista della sicurezza del pac e c sol o .
nimorli di civiltà sviluppali, resta, per così di.-c, nello sfondo; ma m l’onq.ci noi. c allallu cos poco
appa.'cutc, come pii. volte si è alVcmata. 11 posto forma un l.'iangolo, la ru,ie scende rip.da J °
verso mezzogiorno c la vista noi. è impedita da nessun muro. Li, ...uro a sca.'pa serve d. sostegno mi lato
cs(crno.Los(essosiripetcinA!e.,c,Uo..,imuollc lue ci p! . m cv ^ c l i ■ I ‘‘ ^ ' i l ,
appunto con;c in Atene, che dove averne offerto il proloUiio. Io (e sempre il Nissen clic pad,i) l o dd lo
Cerere corno dea della regione, Venere Pompejanu come dea della c.lta: ' ¡ ’
„..„ci.. |., ..nvmri niirili- Venere si auiioEgia ad un liaiiinc:un cliiaro acccimo alla sua id.izione cut .‘U rm,* i» «. »«i- « —*• «
Giunone lacinia sul golfo di Taranto, Alhena sul promcufor.o bumon ° Y )
danteschi una grande distesa di mare. Ma più temibili dd vento e de la tempesta
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a »l'iiorlo, col boo loto lungo, olio g.ionlo il gollo, c Innico, '■“ 1"”
,00 iiOBimoiic loiiogrolito oiiiiniito iiiiIubbo ,„1 m del iiiaiiiioj;
del luogo iialio, iatlaccamcnlo alla duniia c ai. figli | ,op,.¡u
¡1 „olili; „coBiooo, clic il . » „ io t o t e c L t e i r o i i™
t«i « bò““di j” '»“O P““'" '' ”” Nell' epistilio la seguente iscrizione osca:
ni. (reliiis. Ir. med. iiiw-
aamanalfed.
Cioè- Numcrius Trehiiis Trebii fdius mcddlv tutkus (supremo magistrato) fieri inssit. E il sacrano di
Vesta, come Ovidio (Pasti VI vs. 291 sgg.) lo descrive;
iiec tu aliad Vcsiam quam aiwiiii iniellege pammam:
nalaqiie de flammii corpora nulla ndcs.
■vs 29u. esse din slulhis Vosine si.»«/«na iud«»!-
IIIO.C liidi'-i e'U'i''o .miicsse Iholo.
io,lis iiieriindus tempio celalur iu ìlio,
effigicm niillam Vesta «ec iijms habel.
1 I ,bln di Vesta in Roma corrispondono ccccDcnfcmciite. Si
Le monete con la rappvoso.iUuiza ibi n,p.o^<^ _
capisce ■'''''’''N -I i‘ ''te.- ,3 3om la accenna alla conligurazionc della terra o dclhntero
(Gcìlius, Aod. dd- 0>J'' I „„„Ivn l'i nostra spicmiziouc si possa addurre il fallo, elio
Kosmos. io (continua il prof. Nisscn) du i q ,ii leggieri clic un focolare della comunità in
¡1 collo di Vestii iili|»rte«8»»>l'“ '“ ‘' » ™ " „overo dolio or¡EÍiiorio o gcnotali
Ite,.,poi noi, sin nioi ..«mml» | Vosto „ 01, pob »«itor.i in Pompoi, corno
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