li
un pollastroDc, c sono ciglia inarcato, poche rughe
neila fronte, cd i eapolli lagiiali a corona. (Lib. IV,
segm- 14G). Nel veceliio poi si ravvisano quelli, con
che r ¡stesso autore dipinge il servo che era guida
al padrone, cioò la barba, la faccia schiacciata ed i
cnpelli tagliati a corona. Questo servo detto egemone,
e elio soleva condurrò l’ intrigo del dramma lui in
mano i! lagobolo, ossia il bastone curvo, proprio dei
comici istrioni.
11 secondo quadrello della nosii a tavola riproduce
una Scena l ’ragica. Luciano clolinisce la figura tragica
come una persona la quale sì pi oeuri con alte
scarpe una lunghezza sproporzieuata, ed il volto si
cuopra con maschera cho soi'ga e s’ innalzi sulla testa.
Donde si trae cho ad una tragedia a|)parteiiga
la scena che in questa tai-ola rappresentano una ]>a-
drona cil una vecchia fantesca, mascherato aincnduc.
La prima oltre alia tunica colle imuiiche ò avvolta
in un gi'an manto, porta in cesta un oi nato, detto
superfìcies, da cui nascono i capelli parte scinti sul
[»etto, parto sullo spallo. Ha i coturni ai piedi, o colla
sinistra sostiene un bambino in lasco, o colla destra
elevata par che sgi-idi aci'cmonte la serva. Qnosta
muova la destra iu atto di chi si scusa, o stringo
nell'altra mano un vaso. Ha puro i coturni, c ia
tunica collo maniclic, stretta con larga zona, ed al
di sopra un manto.
Nel basso tlella tavola sono riprodotte quattro maschere
di marmo ohe furono rinvenute in diversi scavi
di Pompei.
Il primo marmo rappi csonta una maseliera tragica,
come paro clic V indichi l'alta prominenza della testa,
la gran eapellatiua, o quel volto serio e fiero.
Èsprinic il socondo marmo il volto con parte del
collo d’iin uomo barbato con raiistaccbì, c bocca spalancata,
La sua chioma ò disposta in quattordici ricci
calamistrati, dicci dei quali 1’ adornano la fronte c
10 tempia, ed allri quattro più lunghi gli pendono
due a dritta e duo a sinistra : questa barbara pettinatura
resta assestata sulla fronte da una lunga
benda, che incurvandosi al davanti va ad annodarsi
dall' nn lato e dall' altro della testa, c si distende con
le sue ostreinitù fra lo due cioeclie de’ pendenti inanellati
capelli.
11 terzo rappresenta nna maschera bachica, con
bocca moito aperta, c cnpcllaiura tutta calamistrata,
cinta da una ghirlanda di edera con corimbi, c da
una benda annodata ai lali del capo, le cui estrcmitil
restano pendenti di qua c (li lii sopra ari'ieeiati capelli.
Il quarto finalinento ci mostra una maschera con
occhi e bocca estremamente spalancati, e con una
bizzarra acconciatura di capelli che bipartiti sulla
fronte, serpeggiando passano per sopra agli orecchi,
per dietro dei quali ricadono in diversi ricci accomodati.
TAV. XXXVII.
PmURA MURALE.—Nel primo dei quattro quadrelli
cho illustriamo rappresentasi una vaga donna adorna
11 capo di un’aurea sfendono, la quale siedo sullo
spalle di un bel giovano alato, intantochò la. mano
destra mollomento aj)|)oggia su lo penne di lui, che
coronato il capo e coperto il domo da una clamido
oscura che gli scende davanti per l’omero manco.
Ben va por alia stringendo uella destra una spenta
face, e nella sinistra una specie di calice. Difficile è
la spiegazione di tale dipinto, pure nella donna ei
paro per buoni lugomcnti riconoscere una Giniionc;
poiché la sfendoiic d’oro di che la sua tosta ò fregiata,
o che ITassitelo a lei diede invece della corona
su eni danzavano lo Grazie e le Ore, che portava
in mimo nella statua di l’olicloto, abbiamo
ancora altri segni da poterla credere la moglie e
sorella del Tonante. Tali sono, per esempio, i! boi-
r ovale della faccia, tale la tunica aperta d’ ondo
escono le bianche braccia, lali i capelli bipartiti
sulla fronte, c quelli che in ben ordinate fila lo
scendono sopra i’cbiirnco spallo, la qual mimiera
di aggiustarsi la chioma fu proprio di quella Diva.
Nel leggiadro giovino clic sostiene la Dea ò <ia riconoscersi
il sonno-
Somigliantissimo al primo è il secondo gruppo rappresentato
in questa tavola o che vedesi limpotto al
primo nella stessa stanza pompcjana.
In esso ancora ci si niostra una donna seduta sulle
spalle di altra donna cbe dispiegate grandi ale, son
va per aria, intanto che stringe nulla sinistra mano
il pedo pastorale, o colla testa rivolta alla prima Io
accenna colla destra qualche cosa, quasi aspettandone
il comando. Dcvesi ritenere questo quadro per allegorico
od in esso vedesi figurata l’agricoltura che si
lascia regolalo dalla Luna.
Nel terzo gruppo della tavola 37“ il Genio doH’ar-
nioiiia vien figuralo iu mia bcUìssima donna alata, di
alloro coronata che con una cetra in mano sostiene
sulle ali aperto ima donna pure coronata, che ascondo
in positura bolla e riposata a partecipare degli onori
divini. Non siamo iungi dal credei'e in questa pittura
effigiata l'Apoteosi o deificazione di qualche rinomato
Citarista, clic dal Gonio dell’armonia fino agli
Dei fc sublimata. E siccome t latini cliìilmarono Genio
quella ispirazione nelle arti belle cho quasi dagli Dei
derivante, produceva no’ lavori quell’incantesimo o
quel sublimo elio sorprendeva, riteneva ed allettava
gli animi; cosi è naturale, o tanti osompii no abbiamo,
che queste arti fossero in belli e giocondi Gcnj rap-
presL'iitatc.
Sopra una tunica bianca ha questo Gonio dell’armonia
uua vesto verde svolazzante, e mossa dalla vc-
locitù del suo volo. Tiene la cetra ad armacollo, o
con la dcsira stringo il plettro sostenendo con ia sinistra
la cetra. l.a donna sulle ali dell’iu-monia adagiata
ii vestita di cilcstro, ed lui un cinto di oro gom-
Compagua alla precedente o di bellezza o di situazione
e di misura ò la belissima dipintura che ai
lettol i proscutiumo nel quarto quadretto della nostra
tavola. In esso ò rappresentato altro Genio sostenente
una donna, sullo ali adagiata. Vodesi questa bella
pittura offigiiitn snl fondo ro.sso di una dello pareti
dell'atrio Toscano della casa del Naviglio. Mnostrevol-
mentc composto il questo bollissimo gruppo di una
cseciizioiio meravigliosa. Il Gonio ii figurato in tin
giot'iiiio, il cui volto 0 coi'iio risplondo nella più bella
e florida giovinezza, tutto nudo, so non che una zona
verde svolazzagli intorno il corpo agitata dal moto
dol volare. Tìeno un corno di abbondanza nello mani,
ha coronati i biondi capelli, e sulle ali spante e volanti
s< sticno una donna vestita di celeste e sccttrata
con mi diadema gommato che le cingo la fronte. Cbe
questo Genio sollevante all’etra questa donna sìa
qui dipinto a rappresentare un'Apoteosi non sembra
da dubitare, tanto più che ne abbiamo un esempio
in quel liassorilievo mirabilmente dal Visconti illustralo,
che decorava l’Arco di Marco Aurelio, in cui
È scolpita Faustina minoro sollevata al Ciclo da un
Genio , come si vedo in questa pittura. E che
quel Genio sia qui rappresentato come il nume tutelare
della donna cho solleva, co io dimostra il corno
di abbondanza cho tiene nelle mani, essendo con
questo simbolo significati i buoni Geiij elio avovan
cura degli uomini,
TAV. XXXVIII.
PITTURA MURALE—Vieu riprodotta in questa tavola
ima parete a fondo nero, dal quale si distacca una
decorazione soi'cra cd ologantc insieme-1 piccoli rettangoli
di stucco rilevati 0 dipinti ricordano la maniera
della più antica decorazione di l’ompei, a
divi da quella doU’ultima epoca cho si suole chia-
lejuna.
TAV, XXXIXDRONZO
-- La statua equestre, cho qui si riproduce,
decorava l'arco, che è a capo della via detta di Slcr-
curio. Volgarmente si ritiene cho essa rappresenti
mi Nerone; ma con più verisimiglinnza ò da riconoscervi
un Gajo Cesare, ossia Caligola. Boncliò sia
una statua iifi'alto (iucoraliva, oi>però non paragonabile
ai cai>oiavori di Inonzo di Ereolano o della stessa
l’ompei (tanto che di essa non si ò credulo di far
parola noi eapitoio doll'ririe in i'onyjci), pure ò non
))oeo importante per essere una statua equestre, la
sola che finora abbiano dato quegli scavi.
TAV. XL.
VEDUTA — È una veduta di Pompei dall’ alto, con
le gajo dipinture dc'snoi udifizj, con lo suo vie diritte
, col formidabile monte , il cui altissimo pino
dondola la cima nell’azziiiTO, e col suo bel sole, eterna
lampada alla morta città.
TAV. XLI.
BRONZO.—La vasta colleziono degli utensili di bronzo
del Museo Nazionaie di Napoli, cospicua in ogni sua
branca, venne nel volgere dell’anno 1836 arricchita
in quella dello lucerne c di candelabri di un liiccr-
iiierc pensilo di singoiar forma o bellezza, rinvenuto
nella splendida casa di Marco Lucrezio in l’ompei.
Questa lucerna cho abbiamo riprodotta nella nostra
tavola ci ra|)prcsenta Amore a cavaicioni ad un
delfino, clic rizzalo il corpo o spiegata l’ampia coda
in varie punto frastagliata, si slancia ad imboccare
un polipo posalo sul guscio di una grande eonclii-
glia, esca ordinaria di questo vorace mollusco. Al
subitaneo iminilso del delfino Amore S|)iega ic ali
per tenersi formo sul cetaceo, cti nllonito alza la
deslra in atto di stupore mirando gli sforzi inutili
dol polipo, espressi con un'aria di vita nelle molteplici
contorsioni dc’snoi cirri verso la bocca che lo
preme del suo formidabile nemico. Una caleuuzza
raccomandata per mozzo di im anello alla coda dol
delfino serviva nelle occorrenze por sospenderlo.
Qui non parleremo della poesia che ci offro la
composizione di questo olcganlissinio lucerniere, ma
diremo soltanto dell’mdustrc lavoro dello antico artefice
prodigato su questo importante utensile, o dei
diversi usi ni quali egli lo volle accomodato. È dapprima
ò ainmircvolo 'il partito ch'eì trasse dal mezze
guscio della conchiglia per fornire di base il iuoor-
niero, o dalla idea di dare sostegno al cetaceo erotto
facondo sorgere dalla sua dorsale un tronco di pianta
acquatica terminante come in un flore a guisa di
eolica, col suo pistello in centro da servirò al doppio
uso di sostenere una lucerna, o di nclattaro sul pistillo
Altro oggetto. Cbe questo mezzo guscio abbia
servito di base al nostro bronzo si raecoglio chia-
raincnto dall’ osservarsene gli orli cho poggiavano
su qualclic piano molto logorati c divenuti lisci o
molto levigati dal consumo.
NÈ qui si arrestò rindustria dcll'artefìec inventore,
il quale per dare tutti i mozzi di ntilizzarlo, sia per
sospenderlo, sia per trasportarlo eomodamonto da un
sito aU’altro,lo forni di quella catemizzaraccomandata
alla coda dol delfino per mezzo di un auollotto; e por
maggioro comodità adattò allo stesse anello altre duo
ealenuzzo terminanti iu altri due anclleiti per sostegno
forse (lolle mollette , e dell’ ago per ravvivare
il moribondo lume, o per sostenere altro accessorio
non rispcllato dal tempo; di modo che se di
notte voleva sospendersi ad un appiccagnolo qualunque,
restava sempre in bilico illuminando mirabilmente
quel determinato sito, o so voleva posami
su di una credenza, trovava adattatissima la sua
base nel mozzo guscio di conchiglia facondo rtilTìcio
di im candeliere; so di giorno, formava imo de’ più
begli oggetti decorativi di una stanza, otVrcudo nel
sue insieme l’ argomento di mi poema da ìntorossnre
chiunque avesse lo spirito coltivato allo scienze o
allo belle ani. E qui ci sia permesso osservare che
tanto questo prezioso bronzo quanto gli altri due,
coito di non minoi-o importanza, pubblicati nella
presento tavola, sono argomenti a potere misurare
il grado d’ inciviliiiionto a cui in questo ramo eraii
salili i nostri l’onipcjani al tempo dell’ impero.
Un’ altra t'ariclà di lucerniero (ler quanto semplice
e nuovo, altrettanto gajo cd elegante, ò espresso nel
Siienu tulio mulo nella persona, so no eeeelttii la
mcià dello gambo rivestite di comico socco. Tutto
conleuto nel viso e quasi barcollando sostionc sotto
del sinistro braccio un’otre {podeon) dalla quale ha
versato il vino nel nappo stretto nella destra, che
Sembra di aver già vuotalo, tanta ò la compiacenza
che rat’visasi nello insicmo di tutta la figura, ispirala
Certamente dal sorbito liquore. I lineamenti del
suo volto schiacciato, il naso simo, la prolissa barba,
1’ ederaeea gliirlaiida elio gli cingo la chioma, l’appalesano
i>er 1’ educatore di Bacco.
If idea di attaccalo all’olio la coppa da sostenere
il lumo ò affatto nuova, c la sua conformazione
impegna a divinare se soslenesso una ìucerua, oppure
se in essa dcbbasi ravvisare la lucerna o altro
recipiente ila eontcìiure l’olio col corrispondontc luminello,
ovvero altra composizione a noi ignota per
rimpiazzare un lumo ad olio.
Abbiamo associato alla figura del luoernicre una
ligura uguale esprimente Ercole obrio, dello stesso
canilterc, deilo stesso stile, della stessa dimensione,
e ritrovata insieme col Sileno nella stoss.a escavaente
che s
. ^ D dell’allro a far
parto docovalìva di qiuilcbo stanza, seppure non fosso
staio adoperato anche per apposito sostegno di
un lume. Che clic sia della sua destiuazionc , qui
Ercole si presenta aneiic soprall'atto dal vino, pure
muto nolla persona con iseinta cuffia in testa, in
alto di barcollare come so danzasse, poggiando la
clava rivolta sull’omero tlesiro, e stringendo il nappo
nella sinistra, dal quale avendo interamente tra-
eamiato il vino, di già il suo volto si mostra tou-
dento a quella stupida o deridente fatuità die siiolsi
appalesare negli ebbri. E qui sembra cho V antico
ai'tefieo abbia voluto rappruseiuarei la forza doma
dal vino, il quale esercita la sua potenza non solo
in un eorpo attempato come il Sileno , ma sivvcro
in uu corpo giovane e nerboruto come quello di Ercole,
vedendosi spai-so nello muscolose sue membra
quell’ abbandono di forze cho la potenza di quel
Bacchico umore esercita no’ più foni clic si lasciano
dominare dalla intemperanza.
Lo altro piccolo Incorile riprodotte nella tavola
meritano d’ essere osservalo po' loro maniclii.
11 primo rappresenta la testa di un cane, il secondo
un bucranio o il terzo la testa di un leone.
TAV. XLll.
PITTURA MURALE.—Ai (lue lati di questa tavola sono
riprodotti due porzioni di nna parete, dallo quali
riunite ben potrebbe risultare ima maestosa veduta.
Innanzi a ciascuna si osserva im toìo sostenuto da
due colonne jonielio, di cui una sola può dal! occhio
seoprii-si. AI di sopra vi ò rareUitrave, il fregio, il
cornicione,0 ben vi si distinguono lo niccope.i trigiifi,
od i mutoli. Duo grifi no adornano le estremità leggiadramente.
S’ apre poi in amendue i dipinti, nel
sito appunto che corrispondo al mezzo della soffitta,
una porta ma non interamente. Dc’duc vasi clic
si veggono vicino allo colonne, mio ò a due niaiii-
chi, 0 somiglia perfuttnmontc allo nostro pentole, c
contiene nna pianta a foglie oblunghe; l’altro ha la
figura di un calalo con ontrovi un fiore liliáceo, il
quale ò attaccato ad una ciiLenotta che sembra fermata
alla sua sponda. E questa particolarità, unita
alla sovurcliia sottigliezza de’manichi dell’ altro, ci
persuade che non si debbono prcndorc per vasi di
creta, ma bensì di metallo.
Difficilissimo ò V investigare, cho sorta di odiflzio
siasi voluto qui rappresentare; ma i grifi situati sul
cornicione oleAmazoni cho sembrano stare a guardia
tli questo stanze, ci rendono probabile, che qui
sia.si dipinta una di quello regie abitato dalle Pen-
tesileo e dallo Talcstri. Sorgono noi Iati del quadro
line pozzi sopra altrettante basi, no’ cui fregi si osservano
delfini, ippocampi, un grifo iiscouto in coda
di delfino, 0 un centauro armalo di pedo , ma fornito
(li sole due zampe cavalline e delfino il resto.
Su questi poggi seggono lo guerriere del nostro dipinto
in aria miuacciosa anzi ohe no, anbe coperte
la testa di un frigio berretto, ed il corpo di uua tunica
ricamata: mozzo no sono lo maniche sotto le
quali ne compariscono due altre intere di stoffa diversa,
Ambe questo donno tengono la pella lunata
colla sini.stra, ambe stringono la sagaci nella destra;
se non che quest’ armo nolla prima ò a doppio fondente,
nella seconda ad imo. Tutto due puro hanno
i ciilzoni slrctli di pelle; ma una, sopra i calzoni,
do. quali aleim poco .si scopro, porta una specie di
calzari anche di pelle, che rimano scoperte lo solo
dila dol piede, ncH’altra il piede no viene coperto interamente.
Somma ò poi ia maestria con clic l’artista
dovendo piiigore due figure simili o por arme, c per
vestimento, e per posiziono, io abbia atteggiato in
modo, da darle colle più menomo varietà, molto dl
leggiadria; facondo che le armi, e i volti, e le gambo,
e lo inani fussoro in una simmetrica opposizione,
o i>.'esontassoro quella discordanlo concordia tanto
a,gli occhi gradita. Non ei tratterremo a sviluppare
il mito di questo amicho Clorinde, diremo solamente
che gli aiitiehi ue conobbero di Africane, Asiatiche
e Sarmaliche. Le Africane conquistarono l'isola Esperia,
e quivi stabilirono la capitalo de'loro doralnii;
Mirinn, ohe no fu la regina, vinse gli Ateniesi e Io
Gorgoni, od alleatasi cou Ore re di Egitto soggiogò
l’Arabia, la Siria o l’Asia lino al Caico, e fondò Mirilla,
l’ricile, Militonc e Losbo. Le Asiatiche inoltre
erano mogli di alcuni Sciti, che armatesi dopo la