nell’area inlerna altri pezzetti di marmo di grandezza maggiore. L’a ltra parte dcl pavimento che rimano
dopo dcl muricciuolo è di semplice lapillo b a ttu to , senza vc ru n o rnamento. Ciò pruova ad evidenza
che questa parlo era riceverla con qualche mobile il quale impediva che se no osservasse il pavimento.
Questa circostanza importantissima p a r che dilucidi quelle parole di V itru v io , che leggonsi nello sue
edizioni ; Imaijines ilem alle ciiin siiis ornamenlis ad laliliidineiii alarum siili coi«ii/n/ae. I codici
han n o ila per ilem , e può sembrare la loro lezione no n me ritar c angiamento. Risu lta r mi sembra
da queste parole di Vitruvio che nelle ali dell’atrio solevano riporsi le imagini degli an tenati co’ loro
o rn am e n ti, cioè, come intende il P c rra iilt, co' loro piedestalli. Viiruvio aveva dapprima raccomandala
la simmetria e la proporzione nel formar gli a t r i i , i inii/iiii o le ali : S i enim (avea d otto) majoribns
it/mmefriis uicmur in minoribiis (nfriis) Jie(/ne /abiinn, JiC(/ne alae tilililalcm polerunt habere: sin aulein
minorum in majoribns ulemiir, vasla el immaitia in his ea erunl membra. P e r questo motivo promette
egli passare a descrivere magmludiiium raliones exquisilas el iilUitali et aspecliti. Tra tali precetti vi è
il gi;i riferito, del quale pa rmi che il senso sia qucslo, dover cioè l’altezza delle imagini co’Ioro ornamenti
essere in proporzione doll'ampiezza delle ali. Questa proporzione indica Vitruvio colla particella
ad, dicendo alto ad Inlitudinem alarum sinl conslitiitae, come dice poco dopo : lalitmliues osliorum ad
altilndiuem perfìcianlur. Questo luogo di Vitruvio inoltre insegnandoci che le imagini co’ioro o rnamenti
mctlevansi nelle ali ad un a determinala altezza proporzionata alla lunghezza delle medesime ali, ci guida
quasi per mano a riconoscer l’uso del già detto mu ric ciu o lo , la tto per rin ch iu d ere c garonlirc sicuramente
il basamento sul quale erano le imagini, e che occupava la parte lasciala rozza dcl pavimento '.
Quando adunque gli an tich i cì pa rlan o delle imagini degli an tenati collocale negli alrii, pare a me
che debba intendersi ciò ch’essi dicono delle ali Je ll’a lrio, in cui convenientemente potevano tali imagini
c o llo ca rsi, mentre il supporle messe in altro q u a lunque sito d e lT a lrio sarebbe cosa inconveniente ed
a ssurda, o sarebbero esse stale d’impedimento al libero o frequento discorrere p e r Tatrio medesimo, c
soggette a mille dan n i ed . oltraggi. Rimarchevole è quel luogo di Plinio - ove cosi scrive; « A liter apud
majores in alriis irn e e ran t, quae spcclarenlur, non signa e.vternorum arliftcum nec aera aut mormora:
expressi cera vuUus singulis disponebanliir armariis , u t essenl imagines quae comitarenlur g enlililia
fuñera : scmperque defuncto aliquo totus oderai familiae ejus, qui unquam fu e ra l, populus. Stemmata
vero. Uneis discurrebanl ad imagines pietas. Ren cita T Ila rJu in o per illu strare queste ultimo parole il
lu o g o di Seneca ' : qui imagines m atrio ej;ponunt el nomina familiae suae longo ordine ac mullis
stemmalum illigata ¡Ic-curis in parlo p rim a aedium collocant eie. E per illustrare le primo lo stesso interpctre
cita que’ versi di Giovenale *.
Tola licei veleros exornenl uiidique cerne
A lr ia , nobilitas sola est alque unica virius.
11 Dalecampio inoltre cita la rimarchevole a utorità di Polibio il quale dice pu re che falli i funerali
i Rom ani tiOìm, ti» e«àvx tot ¡uit«Ucí5«»tsí 6,5 TÓ» Tósov TÌ5 eUias lùiiva vaiJi» xspiTiíávOe?, si<«nno l’ imagine del
d efunto nel luogo- p iù cospicuo della casa, rinchiusa in lempielti d i legno, dando u n a la! denominazione
agli armaria di Plinio Crediamo qu in d i no n andare e rrali riconoscendo in alcu n a dello ali degli atrii,
ed in questo spazio, che difendevasi con u n muricciuolo, il silo appunto ove eran riposti tali armaria
0 wBix colle imagini de’ maggiori.
Le m u ra so n dipinte con zoccolo e gran d i scompartimenti di diversi colori con piccoli ornati.
L’ ala a sio istra è meno ampia cd ornala di quesla destra. Le m u ra nc sono u g u a lm en te dipinte
con zoccolo c scompartimenti di diversi colori. ¡Nel mu ro a destra di d i i en tra in quesTala si rinviene
u n incavo a forma d i cuneo fatto espressamente nella fabbrica por intro d u rsi in esso u n mattono anche
cuneiforme , nella faccia esterna dcl quale comspondenle a quella JeiT antico intonico vedcsi formata
u n a cavità semisferica. Pare che questo mattone dovea averne a se corrispondente a ltro simile nel mu ro
rimpc lto, e che nelle cavità di en trambi forse s’ introducessero lo p u n te d i q u alche canna o bastone
iraverso deslinato a tener sospesi abili o allri oggelli per uso domeslico.
TARLINO. — Passando dall’ atrio a l tabiino osserveremo che du e p ilastrini di fabbrica lievemente
sporgenti dal m u ro , con intonico stria lo , ne fiancheggiano l’ingresso. Una semplice striscia di marmo
no distingue il suolo da quello delT atrio. Sub ito dopo d i quesla striscia comincia u n musaico, che in
u n a fascia di pietruzze bianche e nere rappresenta u n serto di edera (V. Tav. I lig. 1 0 ). Questa fascia
vedesi tagliala in q u a ttro luoghi p e r siluarvisi altrettan ti tasselli di marmo, u no dc’q uali è perduto. Il
tassello laterale mostra nei mezzo u n incavo solo, ma p iù g ran d e : nc’ d u e d i mezzo g l’ incavi son più
piccoli.
P a r che si ritragga da queste tracce che originariamente questo lablino no n avea v e runa ch iu su ra
da p arie delTalrio, e ch e posteriormente volendosi chiudere si misero i tasselli già d e tti, rompendosi il
musaico. Non pare però che questi tasselli an n u nciano l’esistenza di partite mobili, come le altre soglie
poiché in essi gl’incavi la terali no n essendo circolari p a r che non possano essere stati destinali a ricevere
il solilo cardine, ma u n o scapo. È quindi probabile che tra gli scapi siensi messe semplici corline o
veli (ceiìtoim ‘).
Dopo il serio di edera il musaico del pavimento moslra u n campo di bianclic pietruzzc cinto da
doppia cornice di nere, e nei mezzo del campo vedesi I' ornalo in pietruzzc bianche e nere dcl quale
diamo il disegno nella tav. 1 , Itg. VI. Dalla parte che riguarda il peristilio non può dubitarsi che lin
dalla costruzione il tablino ebbe la sua ampia soglia corrispondente a tu tta la sua a p ertu ra, c che annuncia
l’esistenza di una porla a quiillro parlile che si spiegavano verso il peristilio medesimo. La soglia m oslra
colla massimo evidenza i sogni degli antepagmcnta di legno, de’diie c ardini, e p e r fino i qu a ttro pessuli,
ognuno de’quali era destinalo a tener ferma un a delle partile. Il molivo per cui quesla porla spicgavasi
verso il peristilio, dovea esser quello di non in g ombrare il tabiino, e precisamente di no n impedire le
piccole communicazionì laterali Ira il tabiino e ic stanze che gli stanno si a destra che a sinistra.
Nell’ampia slanza cho suole in quasi tu tte le case pompejane trovarsi media tra l’atrio ed il peristilio,
è chiarissima cosa doversi riconoscere ¡1 lablinum di Viiruvio, e lode si deve al Galiani che lin da’suoi
tempi ne capì la posizione sulle solo parole dì Viiruvio. Nel noslro edifizio si verifica anche l’ampiezza
stessa del tabliniim secondo la regola v itiuviana, essendo essa la metà di quella delTalrio, come appunto
Vitruvio insegna doversi fare quando la larghezza dclT atrio è Ira’ trenta cd i q u aranta piedi ; his, qui
communiori swit fortuna, non necessaria magnifica vestibuta, nec lablina, nequc alria, quod his aliis officia
praeslanl ambiendo, quae ab aliis ambiuntur è manifesto che il tabiino, c om e il vestíbulo e gli alrii
erano tra quelle parti degli ediiìzii che Viiruvio avea chiamalo communi an che agli estranei. È ciò è
confermalo anche dal vedere aperti p e r lo più i lablini delle case pompejane , come originariamente
lo fu anche il noslro; nè si pensò a chiuderlo, per farlo servire agli usi dclTabilazione, che in tempo
p osteriore, tagliandosi il musaico p e r inserirvi i tasselli destinali alle porte. Il Galiani lo prova anche
coi seguente luogo di Apulejo floridor. lib. ull. da cui si rilov.n che i medici p e r visitar gli ammalali
traversavano il tabiino: Medici cum inlraverint a d aegrum u li visoni, nomo eorum quod perpulcra tablina
in aedibus visoni, et lacunaria auro oblila. Dell’ uso a cui il tablino era più p a rticolarm ente destinato
nulla dice Vitruvio di preciso, e quindi convien contentarsi di ciò che ne leggiamo principalmente in
Plmio ed in Pesto. 11 primo dice * Tablina codicibus im pIcbanUir, et monumentis rerum in magislratu
Queste parole fanno dubitare che già quest’ uso , più proprio de’ temp i repubblicani che
dell impero, era cessalo a ’ tempi di Piinio, E lalc congettura potrebbe pure illu strarsi colla circostanza
che il tablmum di questa casa pompeiana vedesi posteriormente cliiuso, quasi che inutile si fosse fen d u ta
ia sua primitiva deslin.izione, e si fosse quindi addetto ad uso domestico. In q u an to a Festo ci d à egli
anche l’ etimologia della voce scrivendo; T a b lin im proximo a trium locus d ic ilu r , publicarum ralionum
caussa faclus: quod antiqui magislralus in suo imperio tabulas ralionum ibi habcbanl. Non so quanto
sia da se p jirc T opinione dello Schneider ' che intende del la b lin um , e non di u n q u adro dipinto, lo
parole tabula capax usale da Giovenale * ;
Qui frucliis generis tabula jactare capaci
Fumosos equitum cum diclalore magistros f
Più degne d i allenzione so n o le parole dì Varrone riportale da Nonio '; A d focum hieme ac friaoribus
cocmtabanl, acslivo tempore in propalulo, rare in corte, in urbe in tabulino, quod maonianum possumus
intelligcre tabuìis fahricalum. Se queste ullim
3 parole son veramente di Varrei
J a tsse cho la voce toWhmm „ „ alleo aignilicalo lu llo diverso, cd c<,iiiv.aieva puro a m m i io «™ '
_ , —O----------- --..a, „i.,..ov, UU tlJUK.UOVil UUlU U Ì/UICÌIIU/IUTH.
Del resto pare a me poco probabile che quelle parole sicno di V.irrone. Forse questo dottissimo uomo
aveva bisogno di spiegare un a cosa che dovea esser a tu lli nota? Credo dun q u e che si debbano ritener
come una chiosa o di Nomo , o di qualche aman u en se cho no n intendendo la voce di la b lim m la
spiego raalamcDlc per maenianum Ciò clie dice Varrone d’altronde corrisponde benissimo al vero tabìinum,
ove cenandosi, ben polea direi che si cenasse in propnln/o, essendo i tabiini aperti dalla p arte delTatrio
c quindi esposi, alle » ¡ la d, eh , enlrava n e ll'a ln o . Ed ovo si espollano le parole da noi crodolo un a
I n l T c o Z f r ’ ""■‘»lill-h ^M in a li ad a llro uso , a ll'u o p o s'.m b an d is .e ro
sia ^ »»«liral«.. - Dal labiino si l.a l'ingrosso in duo
Slamo a dosira , ed m una sola a smislra. La prima di qualle a desina lia bno a iinalhv, a p erlo re
mumlc u no <1. soglie d, Iraverlmo. Quella verso il lahiino ebbe anlieamenlo sovrapposlo noi .n o mosso
wonsTe di f r™ ° i 1° ' T ' ° “ " 'SU’” “ s '“ ■1"
d s fm o n , , ’ “ « 'I » '“ »"« «aa traoeo so n o il la sso ll. ohe è in g r a i p a n e
a Ila n n . S mo slran o L o ro
é : ; V.truvio per le fa u c es. essendo queste nostre minori della metà del tabiino , mentre secondo Vitruvio
ì !' ' fii